I pezzi che scompongono il mio corpo sono vetri aguzzi, tolti con la pazienza e l'inganno di mani esperte, che lanciano pensieri tutt'intorno, come immagini fatiscenti e accecanti nel buio delle anime in viaggi sfocati. La stanza racchiude il tuo lavoro e la noia fragrante della vita. Sei solo, ondeggi, il collo piegato dalle troppe parole impaurite, dai giorni sempre uguali ad accompagnare l'essenza di te. Invano chiamo la tua anima, già mia e così distante da noi. Le mie urla silenti sono il tuo orgoglio di aguzzino e benevolente giovane uomo, i miei disegni si trasformano in elettriche, calde e umide storie che non conosci: t'immergo in una casa ancora disabitata, in sogni eterei di carnalità voraci, ti trasporto come un avventuriera verso orizzonti di strada, per condurre ogni sensazione a vibrare di sé. Se questo è soltanto un viaggio, una carezza alla mortale prudenza, io me ne sono appena innamorata e senza lanciare sfide cammino a passi leggeri o pesanti, cammino fino a scomparire in me stessa, dove il traguardo è stare in piedi fino alla fine, nuda e travestita, ricoperta di pelle che amo, con la forza immensa e disperata di ritrovarla appoggiata alla tua.
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