Cammini in superficie aggirandoti guardingo in quel bosco dalle mille caverne, rassicuranti e impenetrabili e ingannevoli tana del buio, del silenzio rifugio degli sconfitti degli ultimi orfani dell'anima. Debolezze e vuoto vestiti d'onnipotenza di sorrisi feroci e occhi impassibili. Un tempo raccontai così... Oltre le parole e i gesti non andasti mai mai scavalcasti l'apparenza di un menzognero quotidiano, di movenze statiche immutate nel tempo senza emozione ne vita. Giudizi come gocce mortali costanti negli istanti di ogni giorno a spegnere una vita ingombrante che attira a se la luce, la stima, l'amore. Mai incrociasti il mio sguardo che immobile non fu nemmeno per un istante ne mai smise di parlare di me. Il cammino mi portò ad una riva solitaria lambita dallo scorrere lento dell'acqua senza tempo e, stremata, adagiai la fatica. Una lacrima sgorgò dagli occhi che avevano dimenticato anche il pianto, scelse una via del volto e scese calda; arrivò alle labbra, sconosciuta. Non chiusi più gli occhi per tanti anni nel timore che quell'emozione diventasse subito memoria. Le lacrime mi riportarono alla vita su quella riva che da me si congedò solo quando mi restituì un involucro che, a fatica, trascinava dietro di se le miserie di tutta la sua vita.
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