Scritto da: Andrea Bidin
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...ero ancora abbastanza tranquillo e forte d'animo per poter affrontare l'ennesimo scontro con mio figlio, oltretutto in quell'ambiente triste e deprimente che è il carcere. Quando mi diressi da lui, era passato ormai quasi un mese da quel giorno in tribunale. Il tempo era uggioso, ed essendo uscito senza ombrello i vestiti mi si inzupparono rapidamente d'acqua piovana.
Entrai nel carcere con lo sguardo inebetito di chi vorrebbe essere da qualunque altra parte in quel momento. Ma cercai di farmi forza e mi diressi nel reparto c del primo piano.
Osservai Marco dentro la sua cella senza dire nulla, senza distogliere lo sguardo da lui.
Riposava.
"Come si potrà mai riposare in un posto del genere" mi chiesi stupidamente.
D'altronde non c'è fatica più grossa di quella legata ad una situazione emotiva insostenibile.
Come la mia situazione, in quel momento.
Restai li alcuni minuti anche se mi sembrarono ore, fino a quando non compresi che era meglio uscire da quel posto, per mantenere quel barlume di lucidità che ancora mi rendeva fiero di me stesso.
Mi decisi d'osservar la cella un'ultima volta pur sentendomi ferito, arrabbiato ed ormai quasi esasperato da quel contesto.
Guardai di nuovo mio figlio mentre dormiva ... [segue »]

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    Scritto da: Andrea Bidin

    Commenti

    2
    postato da , il
    ti ringrazio, il tuo consiglio verrà preso in seria considerazione :)
    1
    postato da , il
    Il racconto è scritto molto bene anche se nella parte iniziale narra in fretta quasi tutto ma, facendo parte dei "racconti brevi", posso capirlo.
    Dal mio punto di vista ci sono tutti i requisiti necessari affinché, sviluppandolo, ne possa uscire un romanzo.
    Bella la parte "introspettiva" del personaggio paterno.
    I miei complimenti con 5 stelle *****

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