Poesie inserite da Elisabetta

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Scritta da: Elisabetta

Il barbone

Sai, fratello, t'ho visto l'altra sera!
T'ho visto, appena giunto alla stazione,
con un trancio di pizza e qualche pera,
con le tue cianfrusaglie e col cartone.

Ti ho osservato aggirarti lentamente
in cerca d'un posto un po' al riparo
dal gelo, un po' nascosto dalla gente,
per mandar giù qualche boccone amaro.

T'ho guardato in silenzio, con pietà,
ed ho provato a entrare nei tuoi panni,
cercando intorno un po' di umanità
qualcuno che mi strappasse dagli affanni.

Ho trovato l'indifferenza più assoluta
di tanta gente, che non volea capire,
gente che al mio patir restava muta,
quasi annoiata, senza intervenire.

Solo la strada avevo a fianco a me:
la strada che talvolta è più accogliente
e non ti lascia solo, anche perché
abbraccia nel suo grembo tanta gente

d'ogni razza e d'ogni condizione,
non chiede mai a nessuno il passaporto
non guarda il ceto sociale o la nazione,
non ride se sei brutto o se sei corto.

Forse domani ti troveran stecchito,
disteso su una panca o sotto un ponte,
oggi per te nessuno ha mosso un dito,
e pur 'io che t'ho avuto di fronte

seduto a terra, là nella stazione,
non t'ho allungato neppure mille lire
e son passato anch'io con distrazione,
fingendo di non vedere e non sentire.
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    Scritta da: Elisabetta

    Il passero ferito

    Era d'agosto. Un povero uccelletto
    ferito dalla fionda di un maschietto
    andò, per riposare l'ala offesa
    sulla finestra aperta di una chiesa.

    Dalle tendine del confessionale
    il parroco intravide l'animale
    ma, pressato da molti peccatori
    che pentirsi dovean dei loro errori
    rinchiuse le tendine immantinente
    e si rimise a confessar la gente.

    Mentre in ginocchio oppur stando a sedere
    diceva ogni fedele le preghiere,
    una donna, notato l'uccelletto,
    lo prese, e al caldo se lo mise in petto.

    Ad un tratto improvviso un cinguettio
    ruppe il silenzio: cìo, cìo, cìo, cìo.

    Rise qualcuno, e il prete, a quel rumore
    il ruolo abbandonò di confessore;
    scuro nel volto, peggio della pece
    s'arrampicò sul pulpito, poi fece:
    "Fratelli, chi ha l'uccello, per favore
    vada fuori dal tempio del Signore".

    I maschi, un po' stupiti a tali parole,
    lesti s'accinsero ad alzar le suole,
    ma il prete a quell'errore madornale,
    "Fermi, gridò, mi sono espresso male!
    Rientrate tutti e statemi a sentire:
    sol chi ha preso l'uccello deve uscire!"

    A testa bassa, la corona in mano,
    cento donne s'alzarono piangendo.
    Ma, mentre se n'andavano di fuora
    il prete rigridò: "Sbagliato ho ancora;
    rientrate tutte quante, figlie amate,
    che io non volevo dir quel che pensate!"

    Poi riprese; "Già dissi e torno a dire
    che chi ha preso l'uccello deve uscire.
    Ma mi rivolgo, a voce chiara e tesa,
    soltato a chi l'uccello ha preso in chiesa!"

    A tali detti, nello stesso istante,
    le monache s'alzaron tutte quante;
    quindi col viso pieno di rossore
    lasciarono la casa del Signore.

    "Oh Santa Vergine! - esclamò il buon prete -
    Sorelle orsù rientrate e state quiete,
    poiché voglio concludere, o signori,
    la serie degli equivoci ed errori;
    perciò, senza rumori, piano piano,
    esca soltato chi ha l'uccello in mano".

    Una fanciulla con il fidanzato,
    ch'eran nascosti in un angolo appartato
    dentro una cappelletta laterale,
    poco mancò che si sentisser male.
    Quindi lei sussurrò col viso smorto
    "che ti dicevo, hai visto? Se n'è
    accorto!"
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      Scritta da: Elisabetta

      Ai monomaniaci

      Basta appena un fugace pretesto
      per sprofondarli nel loro delirio particolare nella loro ossesione devastante,
      le sue parole scatenanti
      sono giustizia e giudici
      a sentirle la sua trasformazione è immediata
      il sorriso gli si muta in un ghigno
      dalla faccia gli cade la maschera variopinta
      e sotto appare una tavola di Cesare Lombroso.
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        Scritta da: Elisabetta
        Si prendano subito le impronte digitali dei bambini rom, ordina un paio di baffi sul nulla,
        e i baffi giurano che non è razzismo ma solo umana pietà verso i bimbi costretti a mendicare...
        che cuore che generosità...
        e mi tornano a mente i versi di un grandissimo
        sei così ipocrita
        che quando l'ipocrisia ti avrà ucciso sarai all'inferno
        ma ti dirai in paradiso!
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          Scritta da: Elisabetta

          La Romanella

          Mì nonna, benedetta indò riposa,
          se comportava come 'na formica
          e puro si avanzava 'na mollica
          l'utilizzava per un'antra cosa.

          Perciò er dovere primo d'ogni sposa,
          pure che costa un'oncia de fatica,
          è d'esse sempre, a la maniera antica,
          risparmiatrice, pratica e ingegnosa.

          Si avanza un po' de pasta, mai buttalla:
          se sarta cò un po' d'acqua solamente,
          pè falla abbruscolì senz'abbrucialla.

          E la riuscita de 'sta Romanella
          che fa faville e che nun costa gnente
          dipenne da 'na semplice padella.

          II

          Mò l'urtima invenzione è 'na padella,
          che quello che se còce poi se stacca,
          mastice, colla, pece e ceralacca,
          se rivorteno come 'na frittella.

          'Sta novità sarà 'na cosa bella,
          ma dato che la Pasta nun attacca
          in pratica sarebbe 'na patacca
          perché dev'esse mezz'abbruscatella.

          Vedete, er gusto nun dipenne mica
          dar fatto che diventa più odorosa,
          ma dar sapore de padella antica.

          E detto questo, porca la miseria,
          fò a meno de la chiusa spiritosa,
          perché 'sto piatto qui è 'na cosa seria!
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            Scritta da: Elisabetta

            La parabola della vita

            A 5 anni: mio papà sa tutto;

            a 10 anni: mio papà sa quasi tutto;

            a 15 anni: ci sono molte cose che mio padre non sa;

            a 20 anni: mio padre non capisce niente;

            a 30 anni: è inutile parlare con mio padre, non c'è dialogo;

            a 40 anni: chiederò consiglio a mio padre;

            a 60 anni: ah, se avessi ancora mio padre!
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