Poesie inserite da Elisabetta

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Scritta da: Elisabetta

Er farmacista

'Na vorta quanno c'era er vecchio farmacista,
ad ogni dolor de pancia, de testa o de la vista.
Entravi ner sù laboratorio tutto colorato,
te dava'na porverina e subito eri sanato.

Se comprava la purga pe la nuova stagione,
er sale inglese o quella ar gusto der lampone.
Aveva la granne maestrìa ner confezionare,
ogni rimedio che alla salute potesse giovare.

Per la gotta estratto de erba cipollina,
pè la pressione aglio a digiuno la matina.
Pè la tosse buon sciroppo espettorante,
e le pasticche de menta da emolliente.

Oggi tutto è cambiato è un gran casino,
n'antro po ce vennono financo er vino.
La porverina mannata via dalla pastiglia,
che a quanto costa te rovina la famiglia.

Nun c'è gnente da fa è la pillola vincente,
autorizzata a pescà ner conto corrente.
Te fanno er gran salasso salutare,
e er ministero felice stà a guardare.
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    Scritta da: Elisabetta

    Ninna nanna

    Ninna nanna pija sonno,
    che se dormi nun vedrai
    tante infamie e tanti guai
    che sucedeno ner monno.
    Fra le spade e li fucili
    de li popoli civili.

    Ninna nanna, tu non senti
    li sospiri e li lamenti
    de la gente che se scanna
    per un matto che comanna,
    che comanna e che s'ammazza
    a vantaggio de la razza.

    O a vantaggio de una fede,
    per un Dio che nun se vede,
    ma che serve da riparo
    ar sovrano macellaro;
    che quer covo d'asassini
    che c'insanguina la tera
    sa benone che la guera
    è un gran giro de quatrini
    che prepara le risorse
    per li ladri de le borse.

    Fa la ninna, cocco bello,
    finché dura sto macello,
    fa la ninna che domani
    rivedremo li sovrani
    che se scambieno la stima,
    boni amici come prima;
    sò cuggini e fra parenti
    nun se fanno complimenti!

    Torneranno più cordiali
    li rapporti personali
    e, riuniti infra de loro,
    senza l'ombra de un rimorso,
    ce farano un ber discorso
    su la pace e sur lavoro
    pè quer popolo cojone
    risparmiato dal cannone.
    Composta nel 1914
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      Scritta da: Elisabetta

      L'eternità

      È ritrovata.
      Che cosa? L'Eternità.
      E il mare andato via
      Col sole.

      Anima sentinella,
      Mormoriamo la confessione
      Della notte così nulla
      E del giorno di fuoco.

      Dagli umani suffragi,
      Dai comuni slanci
      lì tu ti liberi
      E voli a seconda.

      Poiché soltanto da voi,
      Braci di raso,
      Il Dovere si esala
      Senza dire: finalmente.

      Là nessuna speranza,
      Nessun orietur.
      Scienza con pazienza,
      Il supplizio Ë certo.

      È ritrovata.
      Che cosa? - l'Eternità
      E il mare andato via
      Col sole.

      Maggio 1872.
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        Scritta da: Elisabetta

        Oh, se potessi!

        Oh, se potessi,
        Gesù Bambino,
        farti dormire
        nel mio lettino!
        Da questa grotta
        portarti via
        là nel calduccio
        di casa mia.
        Io di dormire
        sarei contento
        sopra una sedia
        sul pavimento,
        purché sapessi
        che tu, mio Re,
        dormi e riposi
        meglio di me.
        Ma la maestra
        mi ha detto a scuola
        che tu domandi una cosa sola:
        non la mia casa,
        non il mio letto,
        ma solo un cuore pieno d'affetto.
        Se questo chiedi,
        questo ti dono:
        con lo promessa di essere buono.
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          Scritta da: Elisabetta

          Natale de guerra

          Ammalappena che s'è fatto giorno
          la prima luce è entrata ne la stalla
          e er Bambinello s'è guardato intorno.
          - Che freddo, mamma mia! Chi m'aripara?
          Che freddo, mamma mia! Chi m'ariscalla?

          - Fijo, la legna è diventata rara
          e costa troppo cara pè compralla...
          - E l'asinello mio dov'è finito?
          - Trasporta la mitraja
          sur campo de battaja: è requisito.
          - Er bove? - Pure quello...
          fu mannato ar macello.

          - Ma li Re Maggi arriveno? - È impossibbile
          perché nun c'è la stella che li guida;
          la stella nun vò uscì: poco se fida
          pè paura de quarche diriggibbile... -

          Er Bambinello ha chiesto: - Indove stanno
          tutti li campagnoli che l'antr'anno
          portaveno la robba ne la grotta?
          Nun c'è neppuro un sacco de polenta,
          nemmanco una frocella de ricotta...

          - Fijo, li campagnoli stanno in guerra,
          tutti ar campo e combatteno. La mano
          che seminava er grano
          e che serviva pè vangà la terra
          adesso viè addoprata unicamente per ammazzà la gente...
          Guarda, laggiù, li lampi
          de li bombardamenti!
          Li senti, Dio ce scampi,
          li quattrocentoventi
          che spaccheno li campi? -

          Ner dì così la Madre der Signore
          s'è stretta er Fijo ar core
          e s'è asciugata l'occhi cò le fasce.
          Una lagrima amara pè chi nasce,
          una lagrima dòrce pè chi more.
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            Scritta da: Elisabetta

            Odio le prediche

            Odio
            Le prediche domenicali.
            Amore,
            fratellanza,
            solidarietà!
            Parole
            che attraversano
            il salone della cattedrale,
            pervaso da incensi
            e odor di ceri accesi,
            e s'infrangono
            in un rito inutile
            di mani che si uniscono
            inneggianti alla pace.

            Guardo
            i visi dei fedeli,
            intristiti
            ma con i pensieri
            che corrono
            agli invitati in arrivo
            ed al pranzo domenicale,
            o che osservano con invidia
            una vicina impellicciata.

            E la predica finisce
            proprio lì.

            Fuori riprende la danza
            dei rancori tra vicini,
            delle invettive
            contro gli immigrati invadenti,
            o dell'odio verso un parente,
            che morendo
            non ti ha lasciato niente!
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              Scritta da: Elisabetta

              Primo ottobre

              Quant'acqua è già passata sotto i ponti,
              quanta neve è caduta sopra i monti?

              Quante rondini son volate verso il mare,
              quante lacrime di bimbi e di scolare?

              Primo ottobre: il tempo come vola!
              Iniziava in questo dì la scuola

              una volta; e col pensiero stanco
              risento il primo pianto su quel banco

              ed il maestro, con quei suoi occhialetti
              che sulla guancia mi dava dei buffetti

              sussurrando parole per me strane
              che non ricordo tanto son lontane.

              Or mi rivedo ancora in un bambino
              che mi passa piangendo da vicino,

              col grembiulino nero e la cartella,
              tirato a peso da una sua sorella

              pestando i piedi come un disperato
              come se stesse andando carcerato.

              Lo guardo triste con il cuore in gola,
              come quel primo mio giorno di scuola.
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