Poesie d'Autore


in Poesie (Poesie d'Autore)

Che allegria, vivere!

Che allegria, vivere
e sentirsi vissuto.
Arrendersi
alla grande certezza, oscuramente,
che un altro essere, fuori di me, molto lontano
mi sta vivendo.
Che quando gli specchi, le spie,
mercurio, anime brevi, confermano
che sono qui, io, immobile,
serrati gli occhi e le labbra,
chiuso dall'amore
della luce, del fiore e dei nomi,
la verità transvisibile è che cammino
senza i miei passi, con altri,
là lontano, e lì
sto baciando fiori, luci, parlo.
Che esiste un altro essere con cui io guardo il mondo
perché sta amandomi con i suoi occhi.
Che esiste un'altra voce con cui io dico cose
non sospettate dal mio gran silenzio;
ed è che anche mi ama con la sua voce.
La via – che slancio ora! -, ignoranza
degli atti miei, che lei compie,
in cui lei vive, duplice, sua e mia.
E quando lei mi parlerà
di un cielo scuro, di un paesaggio bianco,
ricorderò
stelle che non ho visto, che lei guardava,
e neve che nevicava nel suo cielo.
Con la strana delizia di ricordare
di aver toccato ciò che non toccai
se non con quelle mani
che non raggiungo con le mie, tanto distanti.
E spogliato di sé potrà il mio corpo
riposare, tranquillo, morto ormai. Morire
nella certezza alta
che questo viver mio non era solo
il mio vivere: era il nostro. E che mi vive
un altro essere di là della non morte.
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    in Poesie (Poesie d'Autore)

    Sì, tutto è eccesso

    Sì, tutto con eccesso:
    la luce, la vita, il mare!
    Plurale tutto, plurale,
    luci, vite e mari.
    Che salgano, che ascendano
    da dozzine a centinaia,
    da centinaia a migliaia,
    in un'esultante
    ripetizione infinita,
    del tuo amore, unità.
    Tavole, penne e macchine,
    tutto corra a moltiplicare,
    carezza per carezza,
    abbraccio per vulcano.
    Bisogna stancare i numeri.
    Che contino senza posa,
    si ubriachino contando,
    e che non sappiano più
    l'ultimo quale sarà:
    che vita senza termine!
    Una gran torma di zeri
    investa, nel passare,
    le nostre agili felicità,
    e le conduca alla vetta.
    Si spezzino le cifre,
    senza riuscire al calcolo
    né del tempo né dei baci.
    E ormai al di là
    di computi, di fati,
    abbandonarci alla cieca
    – quale penultimo eccesso! –
    al grande abisso del caso
    che irresistibilmente
    sta
    cantandoci con grida
    fulgide di futuro:
    "e questo non è niente.
    Cercate bene, c'è dell'altro".
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      Che giorno incontaminato!

      Che giorno incontaminato!
      La spuma, di ora in ora,
      instancabilmente,
      bianca, bianca, bianca.
      Innocenti materie,
      i corpi e le rocce
      – dallo zenit totale
      mezzogiorno assoluto –
      stavano
      vivendo della luce,
      per la luce, nella luce.
      Ancora sconosciute
      la coscienza e l'ombra.
      Si tendeva una mano
      a cogliere una pietra,
      una nube, un fiore,
      un'ala.
      E si raggiungeva tutto,
      perché era prima
      delle distanze.
      Non sospettava il tempo
      di essere il tempo.
      Ci veniva accanto
      sottomesso ed elastico.
      Per vivere lentamente,
      in fretta, gli dicevamo:
      "fermati" o "mettiti a correre".
      Per vivere, vivere
      soltanto, tu gli dicevi:
      "vattene".
      E allora ci lasciava
      eterei a galleggiare
      nel puro vivere
      senza successione,
      salvati da motivi,
      da origini, da albe.
      Né volgere la testa
      né guardare lontano
      abbiamo saputo quel giorno
      tu ed io. Non ne avevamo
      bisogno. Baciarci, sì.
      Ma con labbra così remote
      dalla loro causa,
      che inauguravano tutto,
      bacio, amore, baciandosi,
      senza dover chiedere perdono
      a nessuno, a nulla.
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        Sperdutamente

        Sperdutamente amanti, per il mondo, amare! Che confusione senza pari! Quanti errori! Baciare volti invece di maschere amate. Universo in equivoci: minerali in fiore, che vogano nel cielo, sirene e coralli sulle nevi perenni, e nel fondo del mare, costellazioni ormai stanche, transfughe dalla gran notte orfana dove muoiono i palombari. Noi due. Che smarrimento! Questa strada, l'altra, quella? Le carte, false, scombussolando le rotte, giocano a farci smarrire, fra rischi senza faro. I giorni ed i baci sono in errore: non hanno termine dove dicono. Ma per amare dobbiamo imbarcarci su tutti i progetti che passano, senza chiedere nulla, pieni, pieni di fede nell'errore di ieri, di oggi, di domani, che non può mancare. Dell'allegria purissima di sbagliare e trovarci sulle soglie, sui margini tremuli di vittoria, senza voglia di vincere. Con il giubilo unico di vivere una vita innocente tra errori, e che non vuole altro che essere, amare, amarsi nell'immensa altezza di un amore che si ama ormai con tanto distacco da tutto ciò che non è lui, che si muove ormai al di sopra di trionfi o di sconfitte, ebbro nella pura gloria della sua certezza.
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          Amore, amore, catastrofe

          Amore, amore, catastrofe.
          Che inabissarsi del mondo!
          Un grande orrore di tetti
          schianta colonne, tempi;
          li cambia con cieli
          atemporali. Ci muoviamo
          tra le rovine
          di estati e di inverni
          travolti. Si estinguono
          i pesi e le norme.
          Tutta volta al indietro la vita
          si sta togliendo secoli,
          frenetica, di dosso;
          disfa, veloce, la trama
          del suo corso, lento prima;
          muore dall'ansia
          di cancellare la sua storia,
          di non essere altro che il puro
          desiderio di iniziarsi
          di nuovo. Il futuro
          si chiama ieri. Ieri
          occulto, segretissimo,
          che abbiamo scordato
          e che si deve riconquistare
          con l'anima e col sangue,
          dietro quegli altri
          ieri conosciuti.
          Indietro e sempre indietro!
          Ripiegare, smarriti,
          al interno, verso il domani!
          Che crolli tutto! Ormai
          lo sento appena.
          A forza di baciare stiamo
          inventando le rovine
          del mondo, per mano
          tu ed io
          nel grande crollo
          del fiore e dell'ordine.
          E fra contatti, fra abbracci,
          sento già la tua pelle
          che mi offre il ritorno
          al palpito iniziale,
          senza luce, prima del mondo,
          totale, senza forma, caos.
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            in Poesie (Poesie d'Autore)
            Paura. Di te. Amarti
            è il rischio più alto.
            Molteplici, la tua vita e tu.
            Ti ho, quella di oggi;
            ormai ti conosco, penetro
            in labirinti, facili
            grazie a te, alla tua mano.
            E i miei ora, sì.
            Però tu sei
            il tuo stesso più oltre,
            come la luce e il mondo:
            giorni, notti, estati,
            inverni che si succedono.
            Fatalmente, ti trasformi,
            e sei sempre tu,
            nel tuo stesso mutamento,
            con la fedeltà
            costante del mutare.

            Dimmi, potrò io vivere
            in quegli altri climi,
            o futuri, o luci
            che stai elaborando,
            come il frutto il suo succo,
            per un domani tuo?
            O sarò appena qualcosa
            nata per un giorno
            tuo il mio giorno eterno,
            per una primavera
            in me fiorita sempre,
            e non potrò più vivere
            quando giungeranno
            successive in te,
            inevitabilmente,
            le forze e i venti
            nuovi, le altre luci,
            che attendono già il momento
            di essere, in te, la tua vita?
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              in Poesie (Poesie d'Autore)

              È stato, accadde, è vero

              È stato, accadde, è vero.
              Fu in un giorno, fu una data
              che segna il tempo al tempo.
              Fu in luogo che io vedo.
              I suoi piedi toccavano il suolo
              questo stesso che tutti tocchiamo.
              Il suo vestito
              era simile ad altri
              che indossano altre donne.
              Il suo orologio
              sfogliava calendari,
              senza scordare un'ora:
              come contano gli altri.
              E quello che lei mi disse
              fu in una lingua del mondo,
              con grammatica e storia.
              Così vero
              che sembrava menzogna.

              No.
              Devo viverlo dentro,
              me lo devo sognare.
              Togliere il colore, il numero,
              il respiro tutto fuoco,
              con cui mi bruciò nel dirmelo.
              Mutare tutto in forse,
              in mero caso, sognandolo.
              Così, quando vorrà smentire
              ciò che mi disse allora,
              non mi morderà il dolore
              d'una felicità perduta
              che io tenni fra le braccia,
              come si tiene un corpo.
              Crederò di aver sognato.
              Che tutte quelle cose, così vere,
              non ebbero corpo, né nome.
              Che perdo
              un'ombra, un sogno ancora.
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                in Poesie (Poesie d'Autore)

                Quello che sei

                Quello che sei
                mi distrae da quello che dici.
                Lanci parole veloci,
                pavesate di risa,
                invitandomi
                ad andare dove mi porteranno.
                Non ti presto attenzione, non le seguo:
                sto guardando
                le labbra da cui sono nate.
                Intanto guardi lontano.
                Fissi lo sguardo laggiù,
                non so in cosa, e già si precipita
                a cercarlo la tua anima
                affilata, come saetta.
                Io non guardo dove guardi:
                io ti vedo guardare.
                E quando desideri qualcosa
                non penso a quello che vuoi
                né lo invidio: è il meno.
                Ciò che ami oggi, lo desideri;
                domani lo dimenticherai per un nuovo amore.
                No.
                Ti aspetto oltre qualsiasi fine o termine
                in ciò che non deve succedere.
                Io resto nel puro atto del tuo desiderio,
                amandoti.
                E non voglio altro
                che vederti amare.
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                  in Poesie (Poesie d'Autore)

                  Io di più non posso darti

                  Io di più non posso darti.
                  Non sono che quello che sono.
                  Ah, come vorrei essere
                  sabbia, sole, in estate!
                  Che tu ti distendessi
                  riposata a riposare.
                  Che andando via tu mi lasciassi
                  il tuo corpo, impronta tenera,
                  tiepida, indimenticabile.
                  E che con te se ne andasse
                  sopra di te, il mio bacio lento:
                  colore,
                  dalla nuca al tallone,
                  bruno.
                  Ah, come vorrei essere
                  vetro, tessuto, legno,
                  che conserva il suo colore
                  qui, il suo profumo qui,
                  ed è nato tremila chilometri lontano!
                  Essere
                  la materia che ti piace,
                  che tocchi tutti i giorni,
                  che vedi ormai senza guardare
                  intorno a te, le cose
                  - collana, profumi, seta antica -
                  di cui se senti la mancanza
                  domandi: ah, ma dov'è?.
                  ah, come vorrei essere
                  un'allegria fra tutte,
                  una sola,
                  l'allegria della tua allegria!
                  Un amore, un solo amore:
                  l'amore di cui tu ti innamorassi.
                  Ma
                  non sono che quello che sono.
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                    Scritta da: Alessandro
                    in Poesie (Poesie d'Autore)

                    Come un fulmine

                    \Con la sua partenza
                    quella fiamma che ardeva
                    dentro di noi
                    come un fulmine
                    al ciel sereno
                    si è spenta,
                    si è spenta, lasciando
                    in noi la speranza
                    di riaccenderla,
                    nel suo silenzio lei,
                    nostalgica sarà
                    e una piccola lacrima
                    il suo dolce viso bagnerà,
                    ma con la gioia
                    di un sorriso ci lascerà
                    e con questi fiori
                    tra le braccia se ne andrà.
                    Composta giovedì 13 giugno 2019
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