La testa ed il cuore, non hanno controllo, tu sei unico desiderio, unico sogno, che manca alle mie mani alle mie carezze, alla mia bocca, alla mia vita. Chi seì M'ami quando vuoi, senza promesse, senza certezze, scaldi la mia pelle e poi vai via, lasciando a metà le mie parole, e l'amore, che non finisco mai di dire, di fare ma tu non vuoi sentire, chi sei? Che prometti e non mantieni, ed io quì ad aspettare i tuoi tempi non concessi. Forse avrò modo per dirtelo, ma quando? E gli anni passeranno, aspettandoti.
Noi che sentiamo il sordo e il muto, noi che vediamo ad occhi chiusi, dove gli altri non hanno mai creduto. Le favole d'amore e le bugie, noi raccontiamo con le nostre poesie consigliamo altre strade da seguire la penna ci aiuta ad inseguire un sogno, comunque vada a finire.
Nel giardino, ormai inverno alle porte, è tornata a fiorire un'ultima rosa, il bocciolo l'aveva riposto per mia meraviglia. Com'è triste ormai l'albero spoglio e senza colori ed il verde del prato, già spento da un rigido cielo, che plumbeo, ormai pioggia minaccia. Il mio sguardo si posa di nuovo sul fiore vermiglio, che timido aprirsi vorrebbe, ma il gelo pungente lo fa poi piegare, e muore ancor pria di sbocciare.
Solo il chiarore delle stelle dietro la finestra basta una fiammella ed un foglio bianco che s'illumina e riflette ache a cilia strette e la mia penna sente e scrive quel che penso quello che io sogno a volte senza senso. Fisso quei momenti ed incido la mia vita in questo mondo incerto io mi illumino come un cielo aperto. Con tutta la speranza che ho chiuso in questa stanza dove non ci sono che io la penna, un foglio, la mia vita ed è abbastanza.
Svolazzando un ape appena nata, il primo giorno, già si era allontanata, voleva in fretta conoscere la vita, fuori dell'arnia da dove era partita. E volò con un ardimentoso volo, su un prato tutto verde con un fiore solo, delusa si riposò e continuò a volare, sperando cibo da succhiare. Un prato di papaveri, meraviglioso! Non conosceva quanto potesse essere pericoloso, si avvicinò alla prima corolla, succhiò il nettare e un po' brilla si riposò. Sognò fiori strani, inverosimili, poi si risvegliò. Riprese il volo su corolle vermiglie, ce ne erano mille e mille... s'inebriò di tutta quella droga e poi morì. La trovarono felice nel suo sogno, aveva messo fine a quel suo volo, vissuto solo un giorno, non ritornò più lì da dove era partita, ma meglio che una vita scolorita.
So annata sulla spiaggia pe parlà cor mare, jò detto: viemme dietro che c'avemo un lavoro da fà. L'ho pregato nun nego ma poi sentite le ragioni, m'ha seguito. Dovemo fa sparì parecchie cose tu me poi dà na mano. Ben poco rimarrebbe sulla tera "pronta risposta" forse quarche fiore quà e là, na casetta piena de bontà, co l'acqua vorrei lavà tutte le cose nere, butta via le parole che ce fanno impiccià. Le guere, la fame, le malattie tutte co l'acqua devono da annà. Bisogna affogà morte persone lassà solo quelle bone. Troppo dovrebbe da copri sto mare, forse che l'acqua nun basta, e se quarcosa resta, lassamo er core, la fiducia, la speranza la gioia della vita, la costanza. Pe vede quer che è rimasto, che nun è stato scerto, né pagato, né tantomeno raccomandato, rimarrebbe er mejo lassa fà.
Non si spegne una candela (ai bimbi che non hanno voce)
La fiamma di una candela è come un bimbo che non ha voce. Viene spenta da un semplice soffio, o con le dita, essa è simbolo di vita luce eterna, che si accende con l'amore ad illuminar le tenebre. Cresce piano piano e dà valore a cose che non puoi vedere. È la paura di essere coinvolto, che qualcosa ti venga tolto, ma basta veder crescere la fiamma, sentire il suo calore, guardare i suoi mutevoli colori, consumarsi la cera e prender forma e forza, quella forza è già dentro di te, ma non la vuoi ascoltare. Prova a far splendere una sola fiamma, dai voce ad un bimbo e tanto coraggio ad ogni mamma.
Gabbiani che seguono la scia di un peschereccio spuma bianca che viene verso riva il sole comincia appena a colorare è l'alba sopra il mare. L'aria fresca del mattino torna un pensiero triste a tormentare e lo sguardo perso a ritrovare.... Ma il mormorio dell'onde presto a consolare il cielo s'illumina e prende tutto il colore per restituirlo tutto al mare si calma il vento e l'acqua in un momento e quel gabbiano in volo, torna a riposare l'orizzonte quasi più non si distingue ed il silenzio ormai rotto da grida di bambini ogni incanto e tutti i miei tormenti tornano come barche qui nel porto.
Cosa farai dopo che hai provato coi pugni chiusi hai continuato per non darmi tregua non volevi ammettere il tuo sbaglio.
Il tuo orgoglio ti ha rovinato. Chiedere scusa per te non è normale e adesso ti fa male ma continui a sbagliare.
Ho paura che quando vorrai tornare non mi troverai.
Non sarò più disposta ad accettare. Troppo ho sofferto e ancora dentro il cuore ho uno strappo ed una croce che mi pesa quando mi sarò arresa forse avrò la pace che mi spetta potrò pensare al resto e alla mia vita che ancora ho trascurato in nome dell'amore.
Purtroppo questo dolore resta e sordo nell'anima scava e chi ne fa le spese è la mia vita quella che mi resta non vedo più luce quando avevo il sole.
Tutto s'adombra, e le corde son tese vorrei trovare un varco tra le tenebre capisco che non ha più senso ma più passa il tempo e più ti penso.