Poesie preferite da Sergio Pugliese

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Scritta da: Silvana Stremiz

Ode alla Vita

Lentamente muore
chi diventa schiavo dell'abitudine,
ripetendo ogni giorno gli stessi percorsi,
chi non cambia la marcia,
chi non rischia e cambia colore dei vestiti,
chi non parla a chi non conosce.

Muore lentamente chi evita una passione,
chi preferisce il nero su bianco
e i puntini sulle "i"
piuttosto che un insieme di emozioni,
proprio quelle che fanno brillare gli occhi,
quelle che fanno di uno sbadiglio un sorriso,
quelle che fanno battere il cuore
davanti all'errore e ai sentimenti.

Lentamente muore
chi non capovolge il tavolo,
chi è infelice sul lavoro,
chi non rischia la certezza per l'incertezza per inseguire un sogno,
chi non si permette almeno una volta nella vita, di fuggire ai consigli sensati.

Lentamente muore chi non viaggia,
chi non legge,
chi non ascolta musica,
chi non trova grazia in se stesso.

Muore lentamente chi distrugge l'amor proprio,
chi non si lascia aiutare
chi passa i giorni a lamentarsi
della propria sfortuna o della pioggia incessante.

Lentamente muore
chi abbandona un progetto prima di iniziarlo,
chi non fa domande sugli argomenti che non conosce,
chi non risponde quando gli chiedono qualcosa che conosce.

Evitiamo la morte a piccole dosi,
ricordando sempre che essere vivo
richiede uno sforzo di gran lunga maggiore del semplice fatto di respirare.

Soltanto l'ardente pazienza
porterà al raggiungimento
di una splendida felicità.
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    Scritta da: Silvana Stremiz

    Il corvo

    Era una cupa mezzanotte e mentre stanco meditavo

    Su bizzarri volumi di un sapere remoto,

    Mentre, il capo reclino, mi ero quasi assopito,

    D'improvviso udii bussare leggermente alla porta.

    "C'è qualcuno" mi dissi " che bussa alla mia porta

    Solo questo e nulla più. "

    Ah, ricordo chiaramente quel dicembre desolato,

    Dalle braci morenti scorgevo i fantasmi al suolo.

    Bramavo il giorno e invano domandavo ai miei libri

    Un sollievo al dolore per la perduta Lenore,

    La rara radiosa fanciulla che gli angeli chiamano Lenore

    E che nessuno, qui, chiamerà mai più.

    E al serico, triste, incerto fruscio delle purpuree tende

    Rabbrividivo, colmo di assurdi tenori inauditi,

    Ebbene ripetessi, per acquietare i battiti del cuore:

    "È qualcuno alla porta, che chiede di entrare,

    Qualcuno attardato, che mi chiede di entrare.

    Ecco: è questo e nulla più"

    Poi mi feci coraggio e senza più esitare

    "Signore, " dissi "o Signora, vi prego, perdonatemi,

    Ma ero un po' assopito ed il vostro lieve tocco,

    Il vostro così debole bussare mi ha fatto dubitare

    Di avervi veramente udito". Qui spalancai la porta:

    C'erano solo tenebre e nulla più. "

    Nelle tenebre a lungo, gli occhi fissi in profondo,

    Stupefatto, impaurito sognai sogni che mai

    Si era osato sognare: ma nessuno violò

    Quel silenzio e soltanto una voce, la mia,

    Bisbigliò la parola "Lenore" e un eco rispose:

    "Lenore". Solo quello e nulla più.

    Rientrai nella mia stanza, l'anima che bruciava.

    Ma ben presto, di nuovo, si udì battere fuori,

    E più forte di prima. "Certo" dissi "è qualcosa

    Proprio alla mia finestra: esplorerò il mistero,

    Renderò pace al cuore, esplorerò il mistero.

    Ma è solo il vento, nulla più. "

    Allora spalancai le imposte e sbattendo le ali

    Entrò un Corvo maestoso dei santi tempi antichi

    Che non fece un inchino, né si fermò un istante.

    E con aria di dame o di gran gentiluomo

    Si appollaiò su un busto di Palladie sulla porta

    Si posò, si sedette, e nulla più.

    Poi quell'uccello d'ebano, col suo austero decoro,

    Indusse ad un sorriso le mie fantasie meste,

    "Perché" dissi "rasata sia la tua cresta, un vile

    Non sei, orrido, antico Corvo venuto da notturne rive.

    Qual è il tuo nome nobile sulle plutonie rive? "

    Disse il Corvo: "Mai più".

    Ma quel corvo posato solitario sul placido busto,

    Come se tutta l'anima versasse in quelle parole,

    Altro non disse, immobile, senza agitare piuma,

    Finché non mormorai: "Altri amici di già sono volati via:

    Lui se ne andrà domani, volando con le mie speranze"

    Allora disse il Corvo: "Mai più".

    Trasalii al silenzio interrotto da un dire tanto esatto,

    "Parole" mi dissi "che sono la sua scorta sottratta

    A un padrone braccato dal Disastro, perseguitato

    Finché un solo ritornello non ebbe i suoi canti,

    Un ritornello cupo, i canti funebri della sua speranza:

    Mai, mai più".

    Rasserenando ancora il Corvo le mie fantasie,

    Sospinsi verso di lui, verso quel busto e la porta,

    Una poltrona dove affondai tra fantasie diverse,

    Pensando cosa mai l'infausto uccello del tempo antico.

    Cosa mai quel sinistro, infausto e torvo anomale antico

    Potesse voler dire gracchiando "Mai più".

    Sedevo in congetture senza dire parola

    All'uccello i cui occhi di fuoco mi ardevano in cuore;

    Cercavo di capire, chino il capo sul velluto

    Dei cuscini dove assidua la lampada occhieggiava,

    Sul viola del velluto dove la lampada luceva

    E che purtroppo Lei non premerà mai più.

    Parve più densa l'aria, profumata da un occulto

    Turibolo, oscillato da leggeri serafini

    Tintinnanti sul tappeto. "Infelice" esclamai "Dio ti manda

    Un nepente dagli angeli a lenire il ricordo di Lei,

    Dunque bevilo e dimentica la perduta tua Lenore! "

    Disse il Corvo "Mai più".

    "Profeta, figlio del male e tuttavia profeta, se uccello

    Tu sei o demonio, se il maligno" io dissi "ti manda

    O la tempesta, desolato ma indomito su una deserta landa

    Incantata, in questa casa inseguita dall'Onore,

    Io ti imploro, c'è un balsamo, dimmi, un balsamo in Galaad? "

    Disse il Corvo: "Mai più".

    "Profeta, figlio del male e tuttavia profeta, se uccello

    Tu sei o demonio, per il Cielo che si china su noi,

    Per il Dio che entrambi adoriamo, dì a quest'anima afflitta

    Se nell'Eden lontano riavrà quella santa fanciulla,

    La rara raggiante fanciulla che gli angeli chiamano Lenore".

    Disse il Corvo: "Mai più".

    "Siano queste parole d'addio" alzandomi gridai

    "uccello o creatura del male, ritorna alla tempesta,

    Alle plutonie rive e non lasciare una sola piuma in segno

    Della tua menzogna. Intatta lascia la mia solitudine,

    Togli il becco dal mio cuore e la tua figura dalla porta"

    Disse il Corvo: "Mai più".

    E quel Corvo senza un volo siede ancora, siede ancora

    Sul pallido busto di Pallade sulla mia porta.

    E sembrano i suoi occhi quelli di un diavolo sognante

    E la luce della lampada getta a terra la sua ombra.

    E l'anima mia dall'ombra che galleggia sul pavimento

    Non si solleverà "Mai più" mai più.
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      Il tuo sorriso

      Toglimi il pane, se vuoi,
      toglimi l'aria, ma
      non togliermi il tuo sorriso.

      Non togliermi la rosa,
      la lancia che sgrani,
      l'acqua che d'improvviso
      scoppia nella tua gioia,
      la repentina onda
      d'argento che ti nasce.

      Dura è la mia lotta e torno
      con gli occhi stanchi,
      a volte, d'aver visto
      la terra che non cambia,
      ma entrando il tuo sorriso
      sale al cielo cercandomi
      ed apre per me tutte
      le porte della vita.

      Amor mio, nell'ora
      più oscura sgrana
      il tuo sorriso, e se d'improvviso
      vedi che il mio sangue macchia
      le pietre della strada,
      ridi, perché il tuo riso
      sarà per le mie mani
      come una spada fresca.

      Vicino al mare, d'autunno,
      il tuo riso deve innalzare
      la sua cascata di spuma,
      e in primavera, amore,
      voglio il tuo riso come
      il fiore che attendevo,
      il fiore azzurro, la rosa
      della mia patria sonora.

      Riditela della notte,
      del giorno, della luna,
      riditela delle strade
      contorte dell'isola,
      riditela di questo rozzo
      ragazzo che ti ama,
      ma quando apro gli occhi
      e quando li richiudo,
      quando i miei passi vanno,
      quando tornano i miei passi,
      negami il pane, l'aria,
      la luce, la primavera,
      ma il tuo sorriso mai,
      perché io ne morrei.
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