Poesie inserite da Francesca Zangrandi

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Scritta da: Francesca Zangrandi
Non ti dirò non drogarti.
Non ti dirò di non farti perché ti fa male.
Non ti dirò che è un tunnel senza ritorno.
Non ti dirò nulla per prevenire la droga, anche se sono parole vere.
Ma ti dirò di ascoltarti dentro, di capire da cosa vuoi fuggire.
Ti dirò che nella vita bisogna tirare fuori i coglioni perché
"nessuno può pisciare al posto tuo" come diceva il mio psicologo.
Ti dirò che la vita non è più tua, che tu non sei più una persona ma una droga.
Ti dirò che tutto è recuperabile ma che bisogna iniziare a recuperare.
Sinceramente ti dirò cose che non sarai pronto a sentire e te le dirò quando non sarà il momento giusto.
Sbaglierò a cercarti in mezzo alla folla e trovarti sereno.
Mi illuderò di aver mosso qualcosa dentro di te.
Ma ci proverò...
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    Scritta da: Francesca Zangrandi
    Stanotte ho fatto un sogno.
    Ho sognato che mio nonno era in ospedale.
    Io ero andata a trovarlo.
    Lui vedendomi si è alzato e mi ha presa in braccio.

    Oggi sono entrata in camera mia.
    La ho osservata.
    Intorno a me c'erano i miei disegni attaccati sul muro.
    Per anni quei disegni hanno descritto la mia vita.
    Per anni hanno contenuto il mio sangue, il mio passato.
    Per anni hanno parlato per me, hanno dato voce al mio silenzio.
    Oggi ho staccato tutti i miei disegni da quei muri.

    Ho subito scritto un messaggio alla mia migliore amica dicendo che avevo tolto tutti i disegni e che mi sentivo libera.
    Lei mi ha chiesto perché lo ho fatto...
    e io le ho risposto:
    "Era il momento... Mio nonno mi ha presa in braccio".
    Composta lunedì 10 maggio 2010
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      Scritta da: Francesca Zangrandi
      Ci sono opinioni diverse sulla vita.
      C'è chi parla di un teatrino, chi di un gioco.
      Chi dice che è sacra e chi dice che è una dannazione.
      Si parla di vita indicando un bambino o per dare speranza alla gente.
      Ma cos'è la vita?
      Non lo sappiamo.
      Cos'è la morte?
      Una gemella amorevole o una matrigna invidiosa?
      E cosa siamo noi?
      Pedine destinate a cadere o torri alte e fiere?
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        Scritta da: Francesca Zangrandi
        La nostra vita è fatta di ruoli e di attese.
        C'è il ruolo di figlia, che può essere quello di una figlia brava o ribelle, con l'attesa di divenire adulta.
        C'è il ruolo della studentessa, modello o menefreghista, con l'attesa di capire la propria strada.
        C'è il ruolo della madre in fila a fare la spesa, di fretta e stressata o rilassata e spensierata, con l'attesa di arrivare alla cassa e pagare.
        Siamo ruoli che si susseguono con attese complessivamente più lunghe della nostra vita.
        Ma il ruolo più brutto e l'attesa più brutta è quando non sai come andrà a finire la vita di una persona a te cara.
        Il mio ruolo è quello di una nipote spaventata e la mia attesa è quella di una bambina che chiede risposte e non ne ha.
        I miei ruoli variano dall'egoismo al vero e puro dispiacere, la mia attesa è un momento di beatitudine e di incertezze.
        La nostra vita è fatta di ruoli e di attese...
        e noi non possiamo far altro che interpretare il nostro ruolo e attendere.
        Composta lunedì 15 marzo 2010
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          Scritta da: Francesca Zangrandi
          Sono stanca...
          Pensavo di averti dimenticato.
          Pensavo che non pensandoti, che non dandoti spazio nelle mie giornate non ti avrei pianto.
          Pensavo che facendomi un piercing mi tornasse quella voglia di vivere, di scherzare con le amiche, di divertirmi.
          Pensavo che lasciandoti un ultimo messaggio sarebbe finita là.
          Speravo che dopo tutto quello che ho avuto, sarebbe andato tutto bene, che mi ero costruita una corazza dura.
          Ma non è così!
          Non ti ho dimenticato,
          cerco troppe volte di non cadere nei ricordi che prepotenti invadono il mio essere.
          Di non guardare le tue foto, di non ascoltare la gente quando mi parla di te...
          e molte volte non ci riesco.
          Non riesco nemmeno a vedere le persone intorno a me, non capisco quel'è il loro ruolo e qual è il mio.
          Non sento più nessuno nemmeno me stessa.
          Non voglio nessuno,
          non voglio più parlare, sono stanca di parlare...
          voglio scrivere, voglio che sia la mia passione a farmi vivere,
          a starmi vicina...

          Sono stanca...

          Non ti cerco.
          Non ti voglio
          ma purtroppo ti amo.
          Quel amore che ho già provato
          e che già una volta mi ha fatta soccombere.
          Composta lunedì 8 marzo 2010
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            Scritta da: Francesca Zangrandi
            Mi hai detto: "oltre ai sentimenti che provo per te non trovo un senso alla nostra storia".
            Ti dico io cosa aveva senso per me...
            Aveva senso aspettare che arrivasse il treno e avere il cuore in gola pensando che presto ti avrei visto.
            Aveva senso stare sul tuo balcone a parlare di questo mondo strano, a vedere che noi due ci capivamo.
            Aveva senso piangere tra le tue braccia e cercare di alleggerire le tue giornate.
            Aveva senso vederti guidare, studiare... dormire.
            Aveva senso il tuo modo di essere chiuso in te e le mie mille paranoie.
            Aveva un senso...
            Avevamo un senso, ma ora cosa ci rimane?
            Cosa mi rimane?
            Dimmelo tu.
            Spiegami perché mi hai lasciato solo quella frase.
            Composta venerdì 19 febbraio 2010
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              Scritta da: Francesca Zangrandi
              Esiste un gioco, un gioco le cui regole sono strane.
              Ogni giocatore ha un cuore e sette pugnali.
              I giocatori sono due e si incontrano una volta ogni tanto.
              Quando si vedono hanno tutto il tempo che vogliono per fare quello che vogliono.
              Questi devono decidere se pugnalare il proprio cuore o quello dell'altro.
              Ah, i due si vogliono bene.
              Esiste un gioco, un gioco fatto di sangue e dove esce vincitore chi dimentica l'altra persona.
              Io sto facendo questo gioco con la persona che ho amato e che mi ha voluto bene.
              Io non so come andrà a finire,
              ma so che nel mio cuore ci sono 13 pugnali...
              ne manca ancora uno.
              Composta lunedì 1 febbraio 2010
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                Scritta da: Francesca Zangrandi
                Cammini tra la natura e l'asfalto
                tra campi di mele e cemento.
                Prendi del fango che giace al bordo
                segnando un confine tra vita e morte.
                Lo prendi con le mani
                e inizi a spalmarlo sulla strada.
                Il fango geme.
                Ribolle.
                Tu ti alzi.
                Con occhi assenti ti giri.
                Ti allontani da quel luogo tetro e pieno di adii.
                L'immagine si blocca.
                Si allontana, e quando è abbastanza distante il fango prende forma,
                una frase o preghiera:
                "Aspettami in quel luogo dove vorrò essere amata".
                Composta lunedì 1 febbraio 2010
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                  Scritta da: Francesca Zangrandi
                  Voglio vedere al di là delle cose, di tutto.
                  Odio, bene, tristezza, forza.
                  Voglio andare al di là delle montagne per vedere il sole toccare le onde del mare.
                  Voglio attraversare l'oceano cercando l'infinito.
                  Voglio sognare per oltrepassare i confini tra realtà e fantasia.
                  Voglio anzi, vorrei, sedermi su una nuvola e vedere un film, il mio film, il mio sogno.
                  Poi chiudermi nel mio piccolo mondo e sentire solo l'acqua sugli scogli.
                  Voglio te...
                  questa è la verità.
                  Vorrei te, il mio film, il mio sogno, il mio cucchiaino di zucchero.
                  Nessuna parola, pensiero, sogno, film potrà mai descrivere quello che provo.
                  Ma c'è una cosa che non puoi darmi:
                  amore... Io ti amo, ma gli 8 anni non me li puoi di certo riempire tu...
                  Composta lunedì 1 febbraio 2010
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                    Scritta da: Francesca Zangrandi
                    Siamo nati per essere assassini.
                    Per quanto l'uomo tenda ad identificare un assassino come colui che uccide un altro uomo, non cambia il fatto che siamo tutti assassini.
                    Uccidiamo ogni giorno
                    quindi mi domando:
                    Perché il creatore ha fatto si che in natura esistessero esseri più forti e grandi di altri?
                    Perché siamo così potenti da decidere la continuazione della vita o la morte di qualcuno?
                    E la nostra coscienza perché agisce in maniera differente?
                    Se uccido un ragno nessuno dice nulla, anzi chi ha paura dei ragni non fa altro che incitarmi a commettere l'omicidio.
                    Ma quando si tratta di un uomo o di un essere grande ecco che la coscienza propria, o quella collettiva, si fa avanti.
                    Sarà perché più l'essere è visibile e grande più l'uomo osserva la sua opera?
                    C'è anche da dire che pure gli esseri piccoli hanno le loro armi, come il veleno.
                    Organismi perfetti fatti per compiere funzioni perfette che ci permettono la vita, e tuttavia:
                    Il grande uccide in un attimo il piccolo
                    come il piccolo annienta il grande
                    tutto in un omicidio perfetto.
                    Perché noi possiamo decidere la morte ma non la nascita?
                    Semplice...
                    perché siamo nati per essere assassini.
                    Composta lunedì 1 febbraio 2010
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