Poesie preferite da Mcettina

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Scritta da: Eclissi

Non ho bisogno di tempo

Non ho bisogno di tempo
per sapere come sei:
conoscersi è luce improvvisa.
Chi ti potrà conoscere
là dove taci, o nelle
parole con cui taci?
Chi ti cerchi nella vita
che stai vivendo, non sa
di te che allusioni,
pretesti in cui ti nascondi.
E seguirti all'indietro
in ciò che hai fatto, prima,
sommare azione a sorriso,
anni a nomi, sarà
come perderti. Io no.
Ti ho conosciuto nella tempesta.
Ti ho conosciuto, improvvisa,
in quello squarcio brutale
di tenebra e luce,
dove si rivela il fondo
che sfugge al giorno e alla notte.
Ti ho visto, mi hai visto, ed ora,
nuda ormai dell'equivoco,
della storia, del passato,
tu, amazzone sulla folgore,
palpitante di recente
ed inatteso arrivo,
sei così anticamente mia,
da tanto tempo ti conosco,
che nel tuo amore chiudo gli occhi,
e procedo senza errare,
alla cieca, senza chiedere nulla
a quella luce lenta e sicura
con cui si riconoscono lettere
e forme e si fanno i conti
e si crede di vedere
chi tu sia, o mia invisibile.
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    Io non posso
    Io non posso darti di più
    Non sono più di quello che sono.
    Ah come vorrei essere
    sabbia, sole in estate!
    Che ti sdraiassi
    rilassata a rilassarti.
    Che mi lasciassi
    il tuo corpo quando te ne vai, orma,
    tenera, tiepida, indimenticabile.
    E che con te se ne andasse
    su di te, il mio bacio lento:
    colore,
    dalla testa ai piedi
    bruno.
    Ah come vorrei essere
    vetro, o stoffa o legno
    che conserva il suo colore
    qui, il suo profumo qui,
    e nacque a tremila chilometri!
    Essere
    la materia che ti piace,
    che tocchi tutti i giorni
    e che vedi già senza guardare
    vicino a te, le cose
    collana, boccetta, seta antica
    di cui, quando senti la mancanza
    chiedi: "Ah! Dov'è?"
    A come vorrei essere
    un'allegria fra tutte,
    una sola, l'allegria
    di cui ti rallegri tu!
    Un amore, un amore solo:
    l'amore di cui tu ti innamoreresti.

    Però non sono più di quello che sono.
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      Scritta da: Marilù Rossi

      La voce a te dovuta

      Se mi chiamassi, sì,
      se mi chiamassi.
      Io lascerei tutto,
      tutto io getterei:
      i prezzi, i cataloghi,
      l'azzurro dell'oceano sulle carte,
      i giorni e le loro notti,
      i telegrammi vecchi
      ed un amore.
      Tu, che non sei il mio amore,
      se mi chiamassi!
      E ancora attendo la tua voce:
      giù per i telescopi,
      dalla stella,
      attraverso specchi e gallerie
      ed anni bisestili
      può venire. Non so da dove.
      Dal prodigio, sempre.
      Perché se tu mi chiami
      - se mi chiamassi, sì, se mi chiamassi -
      sarà da un miracolo,
      ignoto, senza vederlo.

      Mai dalle labbra che ti bacio,
      mai
      dalla voce che dice: non te ne andare.
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        Questa volta lasciate che sia felice,
        non è successo nulla a nessuno,
        non sono da nessuna parte,
        succede solo che sono felice
        fino all’ultimo profondo angolino del cuore.

        Camminando, dormendo o scrivendo,
        che posso farci, sono felice.
        sono più sterminato dell’erba nelle praterie,
        sento la pelle come un albero raggrinzito,
        e l’acqua sotto, gli uccelli in cima,
        il mare come un anello intorno alla mia vita,
        fatta di pane e pietra la terra
        l’aria canta come una chitarra.

        Tu al mio fianco sulla sabbia, sei sabbia,
        tu canti e sei canto,
        Il mondo è oggi la mia anima
        canto e sabbia, il mondo oggi è la tua bocca,
        lasciatemi sulla tua bocca e sulla sabbia
        essere felice,
        essere felice perché si,
        perché respiro e perché respiri,
        essere felice perché tocco il tuo ginocchio
        ed è come se toccassi la pelle azzurra del cielo
        e la sua freschezza.
        Oggi lasciate che sia felice, io e basta,
        con o senza tutti, essere felice con l’erba
        e la sabbia essere felice con l’aria e la terra,
        essere felice con te, con la tua bocca,
        essere felice.
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          Il tuo sorriso

          Toglimi il pane, se vuoi,
          toglimi l'aria, ma
          non togliermi il tuo sorriso.

          Non togliermi la rosa,
          la lancia che sgrani,
          l'acqua che d'improvviso
          scoppia nella tua gioia,
          la repentina onda
          d'argento che ti nasce.

          Dura è la mia lotta e torno
          con gli occhi stanchi,
          a volte, d'aver visto
          la terra che non cambia,
          ma entrando il tuo sorriso
          sale al cielo cercandomi
          ed apre per me tutte
          le porte della vita.

          Amor mio, nell'ora
          più oscura sgrana
          il tuo sorriso, e se d'improvviso
          vedi che il mio sangue macchia
          le pietre della strada,
          ridi, perché il tuo riso
          sarà per le mie mani
          come una spada fresca.

          Vicino al mare, d'autunno,
          il tuo riso deve innalzare
          la sua cascata di spuma,
          e in primavera, amore,
          voglio il tuo riso come
          il fiore che attendevo,
          il fiore azzurro, la rosa
          della mia patria sonora.

          Riditela della notte,
          del giorno, della luna,
          riditela delle strade
          contorte dell'isola,
          riditela di questo rozzo
          ragazzo che ti ama,
          ma quando apro gli occhi
          e quando li richiudo,
          quando i miei passi vanno,
          quando tornano i miei passi,
          negami il pane, l'aria,
          la luce, la primavera,
          ma il tuo sorriso mai,
          perché io ne morrei.
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