Commenti a "C'è un unico errore innato, ed è quello di..." di Arthur Schopenhauer


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Sig. Cataldo, sarei ben lieto di salire sul suo treno anche perché constato che è dotato di un locomotore assai potente. Ma il mio tempo qui è quasi scaduto e del viaggio ferroviario mi godrei ben poco. La ringrazio comunque per il sottinteso invito.

Sig. Freda, Lei è molto abile nel rigirare i calzini. Ma anche a rigirarlo, un calzino bucato è pur sempre un calzino bucato! Lei ci mostra (commento #11) la sua categorica certezza “che ogni essere vivente è nato per essere felice” e precisa subito dopo: “non certamente su questa Terra, però”. Dal ché parrebbe potersi dedurre che la felicità è uno dei vantaggiosi benefit spettanti a chi avrà sorte di passeggiare un giorno nei celestiali giardini del dopo-Vita. Non starò certo qui a contestare tali certezze che Lei stesso (cfr. comm. #30) definisce assiomatiche e dogmatiche (per inciso: ininfluente appare la precisazione del non voler fornire alcuna motivazione: il dogma, per definizione, è esente dall’onere della prova…); né tanto meno cercherò di illustrarle la mia visione che, come può intuire, si allinea lungo una diversa prospettiva. Ma non posso però non evidenziare come la testé annunciata certezza dogmatica sembri ammorbidirsi (direi meglio: dileguarsi) nel momento in cui (cfr. comm. #32) scopriamo, per suo stesso dire, che il concetto di felicità è relativo, afferente cioè alle singole soggettività degli individui. Non più, quindi, quella sorta di premio (dal valore assoluto) di cui godere nel dopo-Vita, così come prima ci ha velatamente enunciato, ma un ben più modesto (ma di certo più comprensibile) tendere al soddisfacimento dei propri bisogni, da ricercare in questa vita. Quello che nel suo enunciato iniziale era lo scopo stesso della vita (“nato per essere felice”) si trasforma, in men che non si dica, in un mezzo per raggiungere altro scopo (“costruire noi stessi”). L’assolutismo del dogma iniziale si trasforma nel suo esatto contrario, decretato in quella relatività della felicità che lei stesso ci rivela. La felicità che deduco dal suo dire non mi è molto chiara: essa è, al tempo stesso, sia mezzo che fine. Un po’ come dire che inseguo un cavallo stando a cavallo dello stesso. O come rigirare il calzino di cui sopra.

Gaetano, riguardo il tuo appello allo Staff, mi associo incondizionatamente non senza però l’amarezza nel constatare che dopo oltre un anno di assenza vi ritrovo tutti qui, belli e bravi come sempre e sempre alle prese con lo stesso inadeguato (e stravagante) meccanismo di moderazione. La tragedia, a parer mio, è nel constatare che nulla è cambiato. Io la mia battaglia per far modificare quei meccanismi l’ho già fatta e come i più ben sanno, ho perso. Non che ci sia in ciò di che vantarsene: una sconfitta è pur sempre una sconfitta. Ma di certo nessuno potrà mai rimproverarmi d’essermi piegato alla logica aberrante dei compromessi. Permettimi quindi di consigliare a chiunque volesse far proprio il tuo appello di valutare bene la cosa: se il lamentarsi deve essere solo fine a se stesso risparmiatevi la fatica. Anzi, smettetela proprio di lamentarvi! Continuate a scrivere mettendo lo ”zero” al posto della ”o” e vedrete che il più delle volte la farete franca. Se invece intendete concretamente far cambiare qualcosa, allora rinunciate lo stesso ché tanto, è dimostrato, nessuno vi seguirà… A molti risulta più facile mimetizzarsi dietro lo “zero” piuttosto che esporsi accanto all'”uno”
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Ho conosciuto varie felicità infierire sorridenti sulla tristezza,
anch'essa un dono utile, come la melanconia, capace di tirar fuori perle uniche dell'animo umano. Ritengo concetti come felicità e tristezza, nient'altro che apparenze, o, precisamente: "Formalità".
Tendando di andare oltre si abbandonano i luoghi comuni.
Per Arthur. ****.
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richiesta allo staff: levate m0rto dalle parole che bloccano i commenti, la m0rte è una tragedia non una volgarità.
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Non capisco Dario, mi sono andato a rileggere un po' la sua biografia e come mi ricordavo è stato innanzitutto un genio matematico. Tra l'altro morto giovanissimo, a 39 anni. Tra i filosofi occupa certamente un posto ma non vicino ne ad Aristotele, ne a Kant ne a Marx (che hanno davvero messo un impronta importante nella storia).

ps
per tutti gli eruditi, ho citato ad esempio i primi tre che mi sono sorti alla mente, non li ho dichiarati i meglio!!!
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Gaetano...credo tu gli abbia dato un ottimo spunto per l'incipit...
sai Vincenzo io da inguaribile ottimista o pazza incurabile che dir si voglia,  penso che magari  le persone non ti seguano perchè si stanno godendo la loro felicità ...:-)

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