Le migliori poesie di Nello Maruca

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Scritta da: Nello Maruca

La quercia

Da frondosi rami inghirlandata
vive, impettita, al lato di ruscello
a orecchio gorgogliante serenata,
seren dimora di spensierato augello

che ombra generosa nella calura
estiva al sudato campagnolo
largisce, nata in ridente verzura
quercia; gioia canterino rosignolo.

Tutto, per tutto il giorno è allegria
ché canori abitanti facile sito
deliziosi canti e grida in aria
danno e musicare è dolce invito.

Ogni suono per l'aria s'azzittisce,
a man ch'avanza notte ombra scompare
e bel tripudio del dì tutto finisce
ché dimoranti vanno a riposare.

Frondosa quercia sol'assor s'addorme.
Nello Maruca
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    Scritta da: Nello Maruca

    Il contadino

    Lenta la nebbia s'alza dal mare alla montagna
    coprendo il cielo azzurro di luttuoso manto
    mentre la massaia accanto al focolare
    a rimestare intenta è il desinare.
    Di presso, del cane l'abbaiar rabbioso s'ode
    e di tanto un raglio sgradevole l'accompagna
    col muggito del ruminante bue cui il belar
    della lanosa pecora fa eco col grugnire
    d'un maiale che del rumoreggiare pare stufo.
    Il rude contadino sul ceppo assiso
    pensoso è del domani; di quello che sarà:
    Pioggia, vento o neve o il sol risplenderà?
    Così, assorto, in ansia mesto sta.
    La pipa tra le labbra; il fumo in alto va
    e stanco, un sonnellino seduto resta e fa.
    Nello Maruca
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      Scritta da: Nello Maruca

      La partenza

      Quel che raggiante pria ora uggioso
      è viso ché corpo al veleggiante
      legno è presso, pensiero altro loco
      posato già sua passione vede
      indi i begl'occhi a lacrimare cede
      mentre a lento andar scompar naviglio.
      Per dir dolor ch'opprime all'altrui è pari
      dappresso al boccaporto invia segnale
      chi straziato al molo posato ha cuore.
      Strazio restato è su molo freddo,
      strazio galleggia su schiumos'onda.
      Nello Maruca
      Composta sabato 30 novembre 1974
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        Scritta da: Nello Maruca

        Saggio corona di sonetti

        In questa classe siamo sedici alunni,
        nove siam maschi, sette sono donne.
        Quattro son compagni dei passati anni;
        un solo maschio e tre hanno le gonne.

        Elsa, Lucia e Caterina Lo Munni
        nomata, per sue rime, poetessa "Erinne" *
        il maschio, compagno, Cucco Giovanni.
        Quest'è la prima B d'Istituto Aronne.

        Uom'elegante da fattezze basse,
        si sofferma tra i banchi e sorridente
        dice: sono il docente Carlo Alasse

        proffessor di lettere in questa classe,
        al vostro fianco sarò costantemente,
        io sarò ruota e voi sarete l'asse.
        Nello Maruca
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          Scritta da: Nello Maruca

          CXLVIII

          Penoso è lo restare entro lo limbo
          Pure se di spazio n'è in sopravanza
          Chè libertate mai è abbastanza
          e desioso n'è pur docile bimbo.

          Fanciullo d'incerto passo al lembo
          Di veste di mamma s'attacca con speranza
          e nell'abbraccio cessa sua doglianza
          . Così vedrebbe lo cuor mio cader lo piombo

          Che lo rilega in sì tale disagio
          Sol se s'avesse di Beltà qualche spiraglio
          e realtà scostasse falso miraggio.

          Nel cuore m'è scolpito dorato fregio
          da Mano divina che pote simil taglio
          ma mano d'uomo mai può farne omaggio.
          Nello Maruca
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            Scritta da: Nello Maruca

            Porcara

            Vuoi per mola, per faccia ed andatura,
            per volgarità d'animo e costumanza,
            per trivialità di far la sua pastura*
            da porcara, dei porci ha stessa usanza.

            Il puzzo che sprigiona è come puzzola,
            più di vipera ha dente avvelenato;
            subdolo insetto al pari di tignola
            cui l'operare il male è gusto innato.

            Di cattiveria pregno il suo giaciglio,
            tutt'intorno l'aria puzza del Maligno
            e manco l'incenso dato a gran sparpaglio
            riesce a profumar quel volto arcigno.

            Spregevole più di Circe per tranelli
            ch'avea, però, un corpo snello e bello
            e tramutava in porci questi e quelli
            onde tenere Ulisse nel suo ostello.

            A differenza ha vita orripilante,
            maestra nel ferire esseri in norma,
            nessun per essa mai fu spasimante
            mancante essa di modi, d'arte e forma.

            Se maggiore uso dello specchio avesse,
            se riuscisse a contemplarsi dentro,
            se sol di coscienza a conoscenza fosse
            vedrebbe la lordura cui sguazza al centro.

            D'umano parmi sì, ch'abbia qualcosa:
            é un grave atteggiamento a lavandaia;
            no! Per la categoria è offesa a iosa
            in quanto oggetto dell'immondezzaio.
            Nello Maruca
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              Scritta da: Nello Maruca

              Uguaglianza

              Sento da sempre dir con insistenza
              di somiglianza con altrui presenza;
              da tempo studio, io, ciascuna usanza
              e, incontrato mai ho l'uguaglianza.
              Quel che qui dico può sembrar non vero
              E senza scambiare il bianco per il nero
              Vagliamo bene assai la circostanza
              Ed alla cosa diamo giusta importanza.

              Consideriamo il dotto e lo sciancato:
              Il primo se la fa con l'avvocato
              l'altro con le persone abominate
              seguono, perciò, vie divaricate.
              Or l'umile guardiamo e l'orgoglioso:
              Il primo in un cantuccio resta pensoso
              l'altro, a testa alta, baldanzoso
              passeggia col suo fare spocchioso.

              Prendiamo ad esempio la marchesa,
              con chi, secondo voi, ha la sua intesa?
              Certo non con l'onest'uomo di paese
              ma col suo pari rango, nobile marchese.
              la nobildonna dai guantoni bianchi
              malaticcia, occhi cerchiati e stanchi
              porta il suo velo sia per eleganza
              quanto mostrare agli umili importanza.

              Di sul calesse dal mantice nero
              trainato da nobile destriero
              non un sorriso spento, non uno sguardo
              manco all'inchino di stanco vegliardo.
              Luminoso diviene il cereo viso
              e la sua bocca è tutta gran sorriso
              se solo scorge da lontano il ricco
              anche se nell'andare è smorto e fiacco.

              Il capufficio, poi, lo ben sapete
              mostrare preminenza ha grande sete.
              I dipendenti inchioda a scrivania
              a spregio e dell'amore e d'armonia.
              Ancor quando innocenza in aria affiora
              niuno accostamento vedo, poi, ancora,
              tra il magistrato e il malcapitato
              ché poco o tanto resta bacchettato.

              La pari dignità tanto cantata
              da quest'umanità già traviata,
              misconosciuta in ogni umano gesto
              solo giustifica è d'enorme guasto
              al fine che al finir di vita terrena
              sminuita possa essere la pena
              al cospetto del Giudice Divino
              come se a giudicar fosse un padrino.
              Nello Maruca
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                Scritta da: Nello Maruca

                Il medico – uomo –

                In tempo sì volgare e traffichino
                Ove d'imperio regna corruzione
                pare non vero trovare uomo sì buono
                che qui m'appresto a dare descrizione:
                Età apparente sulla quarantina,
                altezza un metro e una settantina;
                di peso pare poco più di norma,
                tronco ben fatto, d'elegante forma.

                Animo incline, lesto alla bisogna
                La costumanza sua nessuno lagna.
                Ben educato, colmo di franchezza
                Nessuno lamenta sua castigatezza.
                D'Ippocrate difficil via ha intrapreso
                E ad ogni male dà il giusto peso,
                con grande lena a mo d'uccel rapace
                esegue il suo lavoro, ascolta e tace.

                Spiccata perspicacia in mente alberga
                Onde in certezza sua ricetta verga;
                il suo intelletto non resta mistero
                ché nel diagnosticare è sempre vero.
                Di sì gran dote l'ha fornito Iddio
                Alfin che poco badi al proprio io
                Ma dell'altrui sventura
                Ne fia propria premura.
                Nello Maruca
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