Poesie di Ludovico Ariosto

Poeta e commediografo, nato martedì 8 settembre 1474 a Reggio nell'Emilia (Italia), morto giovedì 6 luglio 1533 a Ferrara (Italia)
Questo autore lo trovi anche in Frasi & Aforismi.

Scritta da: Silvana Stremiz
Con molta attenzion la bella donna
al pianto, alle parole, al modo attende
di colui ch'in amarla non assonna;
né questo è il primo dì ch'ella l'intende:
ma dura e fredda più d'una colonna,
ad averne pietà non però scende,
come colei c'ha tutto il mondo a sdegno,
e non le par ch'alcun sia di lei degno.
Ludovico Ariosto
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    Scritta da: Silvana Stremiz
    Mentre costui così s'affligge e duole,
    e fa degli occhi suoi tepida fonte,
    e dice queste e molte altre parole,
    che non mi par bisogno esser racconte;
    l'aventurosa sua fortuna vuole
    ch'alle orecchie d'Angelica sian conte:
    e così quel ne viene a un'ora, a un punto,
    ch'in mille anni o mai più non è raggiunto.
    Ludovico Ariosto
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      Scritta da: Silvana Stremiz
      Stato era in campo, e inteso avea di quella
      rotta crudel che dianzi ebbe re Carlo:
      cercò vestigio d'Angelica bella,
      né potuto avea ancora ritrovarlo.
      Questa è dunque la trista e ria novella
      che d'amorosa doglia fa penarlo,
      affligger, lamentare, e dir parole
      che di pietà potrian fermare il sole.
      Ludovico Ariosto
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        Scritta da: Silvana Stremiz
        Appresso ove il sol cade, per suo amore
        venuto era dal capo d'Oriente;
        che seppe in India con suo gran dolore,
        come ella Orlando sequitò in Ponente:
        poi seppe in Francia che l'imperatore
        sequestrata l'avea da l'altra gente,
        per darla all'un de' duo che contra il Moro
        più quel giorno aiutasse i Gigli d'oro.
        Ludovico Ariosto
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          Scritta da: Silvana Stremiz
          Sia Vile agli altri, e da quel solo amata
          a cui di sé fece sì larga copia.
          Ah, Fortuna crudel, Fortuna ingrata!
          trionfan gli altri, e ne moro io d'inopia.
          Dunque esser può che non mi sia più grata?
          dunque io posso lasciar mia vita propia?
          Ah più tosto oggi manchino i dì miei,
          ch'io viva più, s'amar non debbo lei! -
          Ludovico Ariosto
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            Scritta da: Silvana Stremiz
            La verginella è simile alla rosa,
            ch'in bel giardin su la nativa spina
            mentre sola e sicura si riposa,
            né gregge né pastor se le avvicina;
            l'aura soave e l'alba rugiadosa,
            l'acqua, la terra al suo favor s'inchina:
            gioveni vaghi e donne inamorate
            amano averne e seni e tempie ornate.
            Ludovico Ariosto
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              Scritta da: Silvana Stremiz
              Pensier (dicea) che 'l cor m'agghiacci ed ardi,
              e causi il duol che sempre il rode e lima,
              che debbo far, poi ch'io son giunto tardi,
              e ch'altri a corre il frutto è andato prima?
              a pena avuto io n'ho parole e sguardi,
              ed altri n'ha tutta la spoglia opima.
              Se non ne tocca a me frutto né fiore,
              perché affligger per lei mi vuo' più il core?
              Ludovico Ariosto
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                Scritta da: Silvana Stremiz
                Pensoso più d'un'ora a capo basso
                stette, Signore, il cavallier dolente;
                poi cominciò con suono afflitto e lasso
                a lamentarsi sì soavemente,
                ch'avrebbe di pietà spezzato un sasso,
                una tigre crudel fatta clemente.
                Sospirante piangea, tal ch'un ruscello
                parean le guance, e 'l petto un Mongibello.
                Ludovico Ariosto
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                  Scritta da: Silvana Stremiz
                  All'apparir che fece all'improvviso
                  de l'acqua l'ombra, ogni pelo arricciossi,
                  e scolorossi al Saracino il viso;
                  la voce, ch'era per uscir, fermossi.
                  Udendo poi da l'Argalia, ch'ucciso
                  quivi avea già (che l'Argalia nomossi)
                  la rotta fede così improverarse,
                  di scorno e d'ira dentro e di fuor arse.
                  Ludovico Ariosto
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