Poesie di Ludovico Ariosto

Poeta e commediografo, nato martedì 8 settembre 1474 a Reggio nell'Emilia (Italia), morto giovedì 6 luglio 1533 a Ferrara (Italia)
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Scritta da: Silvana Stremiz
Quando vide la timida donzella
dal fiero colpo uscir tanta ruina,
per gran timor cangiò la faccia bella,
qual il reo ch'al supplicio s'avvicina;
né le par che vi sia da tardar, s'ella
non vuol di quel Rinaldo esser rapina,
di quel Rinaldo ch'ella tanto odiava,
quanto esso lei miseramente amava.
Ludovico Ariosto
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    Scritta da: Silvana Stremiz
    Ecco Rinaldo con la spada adosso
    a Sacripante tutto s'abbandona;
    e quel porge lo scudo, ch'era d'osso,
    con la piastra d'acciar temprata e buona.
    Taglial Fusberta, ancor che molto grosso:
    ne geme la foresta e ne risuona.
    L'osso e l'acciar ne va che par di ghiaccio,
    e lascia al Saracin stordito il braccio.
    Ludovico Ariosto
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      Scritta da: Silvana Stremiz
      Fanno or con lunghi, ora con finti e scarsi
      colpi veder che mastri son del giuoco:
      or li vedi ire altieri, or rannicchiarsi,
      ora coprirsi, ora mostrarsi un poco,
      ora crescer inanzi, ora ritrarsi,
      ribatter colpi e spesso lor dar loco,
      girarsi intorno; e donde l'uno cede,
      l'altro aver posto immantinente il piede.
      Ludovico Ariosto
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        Scritta da: Silvana Stremiz
        Quando crede cacciarlo, egli s'arresta;
        E se tener lo vuole, o corre o trotta:
        poi sotto il petto si caccia la testa,
        giuoca di schiene, e mena calci in frotta.
        Vedendo il Saracin ch'a domar questa
        bestia superba era mal tempo allotta,
        ferma le man sul primo arcione e s'alza,
        e dal sinistro fianco in piede sbalza.
        Ludovico Ariosto
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          Scritta da: Silvana Stremiz
          Come soglion talor duo can mordenti,
          o per invidia o per altro odio mossi,
          avicinarsi digrignando i denti,
          con occhi bieci e più che bracia rossi;
          indi à morsi venir, di rabbia ardenti,
          con aspri ringhi e ribuffati dossi:
          così alle spade e dai gridi e da l'onte
          venne il Circasso e quel di Chiaramonte.
          Ludovico Ariosto
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            Scritta da: Silvana Stremiz
            - Tu te ne menti che ladrone io sia
            (rispose il Saracin non meno altiero):
            chi dicesse a te ladro, lo diria
            (quanto io n'odo per fama) più con vero.
            La pruova or si vedrà, chi di noi sia
            più degno de la donna e del destriero;
            ben che, quanto a lei, teco io mi convegna
            che non è cosa al mondo altra sì degna. -.
            Ludovico Ariosto
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              Scritta da: Silvana Stremiz
              Rinaldo al Saracin con molto orgoglio
              gridò: - Scendi, ladron, del mio cavallo!
              Che mi sia tolto il mio, patir non soglio,
              ma ben fo, a chi lo vuol, caro costallo:
              e levar questa donna anco ti voglio;
              che sarebbe a lasciartela gran fallo.
              Sì perfetto destrier, donna sì degna
              a un ladron non mi par che si convegna. -.
              Ludovico Ariosto
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                Scritta da: Silvana Stremiz
                Non risponde ella, e non sa che si faccia,
                perché Rinaldo ormai l'è troppo appresso,
                che da lontan al Saracin minaccia,
                come vide il cavallo e conobbe esso,
                e riconohbe l'angelica faccia
                che l'amoroso incendio in cor gli ha messo.
                Quel che seguì tra questi duo superbi
                vò che per l'altro canto si riserbi.
                Ludovico Ariosto
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                  Scritta da: Silvana Stremiz
                  - Son dunque (disse il Saracino), sono
                  dunque in sì poco credito con vui,
                  che mi stimiate inutile e non buono
                  da potervi difender da costui?
                  Le battaglie d'Albracca già vi sono
                  di mente uscite, e la notte ch'io fui
                  per la salute vostra, solo e nudo,
                  contra Agricane e tutto il campo, scudo? -.
                  Ludovico Ariosto
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                    Scritta da: Silvana Stremiz
                    Indi va mansueto alla donzella,
                    con umile sembiante e gesto umano,
                    come intorno al padrone il can saltella,
                    che sia duo giorni o tre stato lontano.
                    Baiardo ancora avea memoria d'ella,
                    ch'in Albracca il servia già di sua mano
                    nel tempo che da lei tanto era amato
                    Rinaldo, allor crudele, allor ingrato.
                    Ludovico Ariosto
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