Scritto da: Nicola Antonicelli
Un altro gennaio, un altro anno. Eccoci nel 2016. E la realtà mi sveglia ogni mattina più stanco, più pesante, più apatico. Eppure anno dopo anno volgo al rovescio la realtà. Mi pesa la penna, in una mano che soffre a stringere quest'oggetto tanto amato.
Mi morde la schiena a sostenere uno scritto che scorre, come sassi nel ruscello.
Eppure ancor ci provo. La notte, amo la notte. Poi nel giorno tutto è chiaro, per lasciarmi dietro un fantasma che appare e scompare secondo la scena del copione in corso.
Solo. Uno spazio senza fine. In una logica senza appoggi, né specchi.
Il bianco di un foglio mi appartiene, come la stessa aria che respiro, così vivo, così sogno. Incommensurabile. Inarrestabile.
Ritorno sui miei stessi passi. Scontrandomi nel tempo e ripescando memorie. E queste memorie poi mi rendo conto che sono diventate zavorre, si zavorre da trasformare in piume, leggerissime e soffici piume. O talvolta recarle sul bianco del foglio. E lanciarle in mare.
Bene. Ora mentre scorro nello spazio libero. Il profumo e la sensazione dell'amore mi pervade allo stesso modo come tu sei dentro di me. Cioè al di là dell'esistenza stessa. E per questo non potrei dire d'amarti, mentre ti stringo penso a te come un sogno, non esisti. Non esisti, se non nel sogno, mi sveglierò cercandoti, stringerò la pennello per tracciare il tuo profilo, passeggerò nei boschi per sentire il tuo profumo, mi allontanerò dal mare per cercare la tua terra, vincerò il destino per gridar il tuo nome, e non sarà più, quell'uomo mortale, la mia mano sarà penna che apparirà costellata, tu sarai racconto, favola e poesia, perché possa esser vera non ti amerò se non nell'inseguire l'irraggiugibile ch'è tra le mie braccia.
Tu sei davanti, molto avanti, più in là che in questa realtà che sto vivendo in questo stesso momento.
C'è dietro di me orme del passato vissuto e scontrato con una incoerente immagine.
I miei occhi vedono più avanti di quello che mi appare, tu sei d'avanti.
Per questo con il passar del tempo ho capito che tutto quel che pensiamo di capire non esiste e, ci illudiamo con le nostre stesse parole, pensiamo di costruirci una armatura sempre più solida, inattaccabile. Zavorre che non ci aiutano a librarci nello spazio. Pesanti, balliamo, pesanti pensiamo.
Per questo, vivendo e cercando mentre scrivo uno spazio infinito, un orizzonte senza limiti, una meta senza traguardo, poi per strada riscopro un'altra, l'ennesima identità. E perdersi vivendola appieno.
Per questo, vivendo demolendo mattone per mattone, tutto quello che mi è servito per edificare il mio guscio, il mio riparo, senza chiavi di nessuna porta, documento che identifichi un relitto fantasma. Cerco nella penna la tua mano, indicami la nuova vena, soffiami la linfa dell'amore, sei tu il nome mio, tu sei "davanti" eppur stanco, inseguendo un altro anno, la mia penna, stringerà la tua mano.

Questo scritto è già parte dei pezzi di memoria. Forse diventerà catena col passar del tempo. La incoerente immagine deambulante, di chi cerca la fonte fresca, che sgorga dall'anima. Segnerò con l'inchiostro questo raggio di sole che in questo momento scosta le nuvole e inonda, oltre, arriva alle mie spalle, sconfina in questa stanza.
Comprendere questo segno, è un "davanti".
Decido d'essere stella. Più che mai. Che sia illuminar danzando al tremolio di luce nel buio. Stella cuore di fiamma, da occhio giallo nello spazio infinito. Incendia ed impazza e ne sento certezza che solo divenendo stella, solo lì nell'infinito spazio, quello spazio pieno di buio, quello spazio senza immagini e senza tempo, solo lì posso bruciare all'infinito questo fuoco.
I miei occhi vedono più avanti di quel che vivo. È passato un altro anno, e più ne son convinto.
Tu sei lì, mentre cammino "davanti", scusami tanto amore, amici, miei cari. Ma mi sento talmente libero che di questo io ne sono prigioniero. Falso vero. Forse sono solo una strofa persa. O magari una nota stonata d'un canto. Chissà se un raggio d'astro. Sono di passaggio. Con tutte le forze ho vissuto il passato, per lasciare un. Almeno, piccolo segno. Pezzo bianco imbrattato.
Ho costruito solo terra e fango, ho innalzato montagne di fumo, ho confuso il mare col cielo, le nuvole con le stelle, ho piantato in giardino un fiore. Per fortuna è nato.
E di questo, davvero son contento. Son contento di non averlo comprato, o colto per invidia, egoismo, cinismo, di non averlo desiderato, di non averlo sperato, solo scritto talvolta disegnato. Solo come un sogno di mare nel deserto, è sfociato.
Composto lunedì 11 gennaio 2016

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