Scritto da: Fuori è nuvoloso
Una cosa molto importante per me è essere produttivi e, soprattutto in un momento come questo in cui siamo giustamente reclusi in casa, è fondamentale farsi degli schemi e crearsi una routine per evitare di restare con le mani in mano. Essendo, questa, già la mia terza settimana a casa da scuola, ho avuto modo e tempo di crearmi una routine abbastanza consolidata delle mie giornate, in modo da non perdere tempo poiché di fatto non si tratta di una vacanza ma è una misura di prevenzione per una pandemia globale. La mia giornata, perciò, inizia intorno alle 9: 00 col suono della sveglia dato che non voglio perdere la mattina a dormire. Dopodiché, se non ho videolezioni, vado a correre e ad allenarmi per un'oretta circa. Ovviamente evito di andare in luoghi affollati che comunque, vivendo in aperta campagna, non ve ne sono. Tornato a casa faccio colazione e studio un po' facendo delle pause nella quale leggo o gioco col cane, mentre nei giorni in cui mi sento più pigro rimando tutte queste attività e doveri al pomeriggio, e nella mattina mi guardo delle serie tv, film oppure leggo. Intorno alle 13: 00 cucino e pranzo seguendo una dieta sana e bilanciata perché credo sia fondamentale avere delle buone abitudini per stare bene, soprattutto in questo periodo così duro. Di solito nel primo pomeriggio mi riposo svagandomi o chiamando i miei amici con la quale non ho perso i rapporti nemmeno da casa, per poi intorno alle 15: 30 riprendere a studiare e a fare gli esercizi che i professori ci assegnano quotidianamente. Trovo che sia molto importante continuare il programma scolastico anche da casa tramite compiti e videochiamate poiché il nostro dovere, in quanto studenti, è quello di studiare (e anche perché altrimenti ozieremmo tutto il giorno a letto). Una volta finita la materia in questione porto il mio cane a spasso per una decina di minuti; anche lui merita il suo momento di svago stando sempre bene attenti dallo stare a distanza dalle pochissime persone che incontriamo. Fino all'ora di cena passo il mio tempo a leggere, suonare e la chitarra e a godermi le ultime ore di sole nell'orto che, non avendo ancora alcuna pianta mi permette di sedermi comodamente. Se poi mi va, medito un po': è il mio modo per staccare dai pensieri e dalle brutte notizie quotidiane. Dopo cena infine torno nel mio letto per guardarmi delle serie tv e per scrivere: circa tre settimane fa ho iniziato a tenere un diario in cui annoto le mie idee e le mie riflessioni. Inoltre ho ripreso a leggere i numerosissimi libri che ho accumulato nel tempo sugli scaffali della libreria e che non ho mai aperto. Non faccio nulla di che ma queste piccole azioni quotidiane fanno sì che io non perda la testa nelle quattro mura in cui sono rinchiuso. In più, stando così tanto a contatto con la mia famiglia, capita anche che io abbia discussioni con mia madre e per questo ho bisogno di ricostruire un mio spazio personale nella quale possa essere, in parte, indipendente. Eppure, in questi giorni di quarantena, ho da subito potuto notare che passando così tanto tempo nello stesso luogo e senza tipi di distrazioni, ho iniziato ad apprezzare molto di più ciò che che mi circonda: non ho bisogno di comprare un capo nuovo per essere felice, mi bastano un libro e 10 minuti di corsa. Con un'esistenza più semplice ho una connessione più nitida e profonda con il mio "io" interiore, con la mia coscienza e le mie sensazioni, la quale connessione però non mi estranea totalmente dal mondo circostante; i social mi permettono di ricevere comunque notizie sull'attualità e anche a proposito dei miei amici. Passo ore con loro in videochiamata o in chat, disegnandoci a vicenda o suonandoci canzoni a chilometri di distanza eppure, in qualche modo, uniti. Essere costretti a casa dallo Stato e dal Ministero della Salute non è una situazione da tutti i giorni, eppure è la cosa migliore che noi possiamo fare in quanto a cittadini. Si tratta di avere un minimo di senso civile, ma soprattutto umano: lo si fa per il proprio bene, ma in primo luogo per gli immunodepressi, gli anziani o per chi è più a rischio di infezione Covid19. Senza poi contare i medici, gli infermieri e gli operatori sanitari che ora più che mai rischiano di morire per salvare la vita di uno sconosciuto; sono veri e propri eroi e non potremo mai ringraziarli abbastanza. Sicuramente questa situazione non è stata subito capita da tutti e anzi, è stata parecchio sottovalutata, ma credo che ora il Paese sia andando nella direzione giusta anche se certamente un po' impauriti, timorosi e sconfortati dagli articoli delle testate giornalistiche spesso false ed esagerate. D'altronde si tratta di un importante momento storico per l'intero mondo che può essere paragonato a poche altre epidemie, tra cui la Sars nel 2002 o l'influenza spagnola del 1918. Nel primo caso, però, si tratta di un'epidemia confinata nel sud-est asiatico, mentre nel secondo caso ci riferiamo ad una pandemia scoppiata 100 anni fa in un contesto storico-politico di guerra; era quindi una situazione in cui l'igiene e la medicina scientifica erano meno sviluppate rispetto ad ora. Quello che quindi mi chiedo è: si può effettivamente imparare dalla storia o l'umanità continuerà a ripetere gli stessi errori? In Corea del Sud vi sono sette che propagano il virus per motivi religiosi, fenomeno che ricorda il periodo targo-medievale nella quale le persone credevano che la peste fosse una punizione divina. In Francia, e non solo, ignorano bellamente la situazione mentre in Inghilterra il Primo Ministro afferma che non possiamo fare altro se non attendere che il virus faccia il suo corso uccidendo migliaia di persone. Per come le cose si stanno sviluppando direi che la risposta alla mia domanda sia un "no". Perché i più importanti Paesi esteri, Italia compresa quando il Coronavirus era solo in Cina, stanno sottovalutando la situazione? Durante il periodo dell'Influenza spagnola questo comportamento era giusitificato dalla censura presente in tempo di Guerra, la quale portò tantissima disinformazione in vari Paesi del mondo, ma questa disinformazione non è più accettata in questo momento e in questo periodo storico fatto di social e connessioni 2.0. A prescindere da tutto ciò, però, finita questa quarantena sarà incredibilmente commovente tornare alla normalità: prendere il mio autobus delle 6: 43, rivedere tutti i miei amici, perfino i professori, uscire il pomeriggio e tornare a suonare al parco in mezzo a tutte le persone che come me hanno ritrovato il piacere di viaggiare, abbracciarsi, parlare. Se così sarà, allora credo proprio che valga la pena stringere i denti ancora per qualche settimana e semplicemente starsene a casa, specialmente per rispettare il lavoro di chi sta cercando di salvarci e per chi non ce l'ha fatta.

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