Le migliori poesie inserite da Eclissi

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Scritta da: Eclissi

Verrò quando sarai più triste

Verrò quando sarai più triste,
steso nell'ombra che sale alla tua stanza;
quando il giorno demente ha perso il suo tripudio,
e il sorriso di gioia è ormai bandito
dalla malinconia pungente della notte.

Verrò quando la verità del cuore
dominerà intera, non obliqua,
ed il mio influsso si di te stendendosi,
farà acuta la pena, freddo il piacere,
e la tua anima porterà lontano.

Ascolta, è proprio l'ora,
l'ora tremenda per te:
non senti rullarti nell'anima
uno scroscio di strane emozioni,
messaggere di un comando più austero,
araldi di me?
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    Scritta da: Eclissi

    Il 16 maggio 1973

    Una delle tante date
    Che non mi dicono più nulla.

    Dove sono andata quel giorno,
    che cosa ho fatto – non lo so.

    Se lì vicino fosse stato commesso un delitto
    - non avrei un alibi.

    Il sole sfolgorò e si spense
    Senza che ci facessi caso.
    La terra ruotò
    e non ne presi nota.

    Mi sarebbe più lieve pensare
    Di essere morta per poco,
    piuttosto che ammettere di non ricordare nulla
    benché sia vissuta senza interruzioni.

    Non ero un fantasma, dopotutto,
    respiravo, mangiavo,
    si sentiva
    il rumore dei miei passi,
    e le impronte delle mie dita
    dovevano restare sulle maniglie.

    Lo specchio rifletteva la mia immagine.
    Indossavo qualcosa d'un qualche colore.
    Certamente più d'uno mi vide,

    Forse quel giorno
    Trovai una cosa andata perduta.
    Forse ne persi una trovata poi.

    Ero colma di emozioni e impressioni.
    Adesso tutto questo è come
    Tanti puntini tra parentesi.

    Dove mi ero rintanata,
    dove mi ero cacciata –
    niente male come scherzetto
    perdermi di vista così.

    Scuoto la mia memoria –
    Forse tra i suoi rami qualcosa
    Addormentato da anni
    Si leverà con un frullo.
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      Scritta da: Eclissi

      Pioggia

      La pioggia ha un vago segreto di tenerezza,
      una sonnolenza rassegnata e amabile,
      una musica umile si sveglia con lei
      e fa vibrare l'anima addormentata del paesaggio

      è un bacio azzurro che riceve la Terra,
      il mito primitivo che si rinnova.
      Il freddo contatto di cielo e terra vecchi
      con una pace da lunghe sere.

      È l'aurora del frutto. Quella che ci porta i fiori
      e ci unge con lo spirito santo dei mari.
      Quella che sparge la vita sui seminati
      e nell'anima tristezza di ciò che non sappiamo.

      La nostalgia terribile di una vita perduta,
      il fatale sentimento di esser nati tardi,
      o l'illusione inquieta di un domani impossibile
      con l'inquietudine vicina del color della carne.

      L'amore si sveglia nel grigio del suo ritmo,
      il nostro cielo interiore ha un trionfo di sangue,
      ma il nostro ottimismo si muta in tristezza
      nel contemplare le gocce morte sui vetri.

      E son le gocce: occhi d'infinito che guardano
      il bianco infinito che le generò.

      Ogni goccia di pioggia trema sul vetro sporco
      e vi lascia divine ferite di diamante.
      Sono poeti dell'acqua che hanno visto e meditano
      ciò che la folla dei fiumi ignora.

      O pioggia silenziosa; senza burrasca, senza vento,
      pioggia tranquilla e serena di campana e di dolce luce,
      pioggia buona e pacifica, vera pioggia,
      quando amorosa e triste cadi sopra le cose!

      O pioggia francescana che porti in ogni goccia
      anime di fonti chiare e di umili sorgenti!
      Quando scendi sui campi lentamente
      le rose del mio petto apri con i tuoi suoni.

      Il canto primitivo che dici al silenzio
      e la storia sonora che racconti ai rami
      il mio cuore deserto li commenta
      in un nero e profondo pentagramma senza chiave.

      La mia anima ha la tristezza della pioggia serena,
      tristezza rassegnata di cosa irrealizzabile,
      ho all'orizzonte una stella accesa
      e il cuore mi impedisce di contemplarla.

      O pioggia silenziosa che gli alberi amano
      e sei al piano dolcezza emozionante:
      dà all'anima le stesse nebbie e risonanze
      che lasci nell'anima addormentata del paesaggio!
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        Scritta da: Eclissi

        Elegia del silenzio

        Silenzio, dove porti
        il tuo vetro appannato
        di sorrisi, di parole
        e di pianti dell'albero?
        Come pulisci, silenzio,
        la rugiada del canto
        e le macchie sonore
        che i mari lontani
        lasciano sul bianco
        sereno del tuo velo?
        Chi chiude le tue ferite
        quando sopra i campi
        qualche vecchia noria
        pianta il suo lento dardo
        sul tuo vetro immenso?

        Dove vai se al tramonto
        ti feriscono le campane
        e spezzano il tuo riposo
        gli sciami delle strofe
        e il gran rumore dorato
        che cade sopra i monti
        azzurri singhiozzando?

        L'aria dell'inverno
        spezza il tuo azzurro
        e taglia le tue foreste
        il lamento muto
        di qualche fonte fredda.

        Dove posi le mani,
        la spina del riso
        o il bruciante fendente
        della passione trovi.

        Se vai agli astri
        il solenne concerto
        degli uccelli azzurri
        rompe il grande equilibrio
        del tuo segreto pensiero.

        Fuggendo il suono
        sei anche tu suono,
        spettro d'armonia,
        fumo di grido e di canto.
        Vieni a dirci
        la parola infinita
        nelle notti oscure
        senza alito, senza labbra.

        Trafitto da stelle
        e maturo di musica,
        dove porti, silenzio,
        il tuo dolore extraumano,
        dolor di esser prigioniero
        nella ragnatela melodica,
        cieco per sempre
        il tuo sacro fonte?
        Oggi le tue onde trascinano
        con torbidi pensieri
        la cenere sonora
        e il dolore del passato.
        Gli echi dei gridi
        che svanirono per sempre.
        Il tuono remoto
        del mare, mummificato.

        Se Geova dorme
        sali al trono splendente,
        spezzagli in fronte
        una stella spenta
        e lascia davvero
        la musica eterna,
        l'armonia sonora
        di luce, e intanto
        torna alla tua fonte,
        dove nella notte eterna,
        prima di Dio e del tempo
        sgorgavi in pace.
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          Scritta da: Eclissi

          Casida delle colombe oscure

          Sui rami dell'alloro
          camminano due colombe oscure.
          L'una era il sole,
          l'altra la luna.
          "Casigliane mie," chiesi,
          "dove sta la mia sepoltura?"
          "Nella mia coda", disse il sole.
          "Nella mia gola", disse la luna.
          Ed io che andavo camminando
          con la terra alla cintola
          vidi due aquile di neve
          e una ragazza nuda.
          L'una era l'altra
          e la ragazza era nessuna.
          "Care aquile, " chiesi,
          "dove sta la mia sepoltura?"
          "Nella mia coda", disse il sole.
          "Nella mia gola", disse la luna.
          Sui rami dell'alloro
          vidi due colombe nude.
          L'una era l'altra
          ed entrambe nessuna.
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