Trama del film The Irishman

Netflix ci riprova e dopo il bellissimo e premiatissimo Roma diretto da Alfonso Cuarón investe nella nuova pellicola di Martin Scorsese dal titolo The Irishman in cui ha raccolto alcuni dei suoi attori feticcio per raccontare ancora una volta una storia di Mafia. Ed è bastato il promo per aumentare l'hype a dismisura per una pellicola che raccoglie un cast impressionante visto che non ci sono solo Al Pacino e Robert De Niro, che già basterebbero per solleticare gli appetiti dei cinefili più accaniti, ma insieme a loro troviamo Joe Pesci e Hervey Keitel.

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Un film sul nesso fra storie e Storia dalla prospettiva pantragista dell'ultimo Hegel: Geschichte als Schlachtbank ("la storia come banco del macellaio"), un tritacarne qui reso con un trita alberi per cadàveri e un'ininterrotta mattanza qui resa dal letto del fiume Schuylkill ricoperto con le armi usate per gl'omicidi; Die Weltgeschichte ist nicht der Boden des Glücks. Die Perioden des Glücks sind leere Blätter in ihr ("La storia non è il terreno della felicità. I periodi di felicità sono in essa pagine vuote": frase divulgata da Taricone nel confessionale del GF1), pagine vuote qui rese dalle pareti imbrattate di sangue dai c.d. "imbianchini". Non è un "Gangs of New York" (2002) esteso a tutt'il 2° '900 statunitense, ma viceversa un effetto farfalla in cui le criminali, efferate, luttuose macrovicende emergono dall'affastellata combinazione d'una moltitudine d'episodi in sé minimi o pressoché insignificanti: un affresco puntinista. Lo spartito scorsesiano ha le sue (canoniche) dolenti note: dopo poco più di 2 minuti sono già stati piazzat'in scena una Madònna, un Crìsto e un Crocifisso, non è necessario attendere l'ultima mezz'ora affinché "The Irishman" sfoci nel cristocentrismo. Fors'al seminario e in seguito non gl'hanno fatto studiar'il Rudolf Otto che nel 1917 ha dimostrato come l'idea del ganz Andere, il Dio "totalmente Altro" della teologia apofatico-negativa, l'agostiniano aliud, aliud valde delle "Confessioni" 7.10.16, sia costitutiva dell'homo sacer d'ogni spiritualità e religione. Inoltr'il suo antropocentrismo invadent'e invasivo gli preclude la più ampia prospettiva paolina di Romani 8, 19ss: pur'il cosmo è stato sottomesso alla caducità e alla schiavitù della corruzione, attendendo con impazienza d'essere anch'esso redento. Infine in cotanta "epopea della fralezza" l'affabulatoria logorrea di Scorsese/Zaillian/De Niro/Frank Sheeran è più d'arzillo vecchietto che da moribondo: una geriatria pimpante e ancora vitalistica o survivalistica ch'ostacola pathos & pietas che (forse?) vorrebb'esprimere. La nonlinearità narrativa esacerba tal'aspetto.

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