Commenti a "Il fenomeno d'essere è un appello all'essere..." di Jean-Paul Sartre


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Volevo farvi un saluto. Sto uscendo .


Giuseppe, so che probabilmente non lo capirai ...ma la gente se vuole approfondire può leggere libri o andare a studiare in biblioteca. Ovviamente tu sei libero di scrivere come vuoi...ma non puoi pretendere di suscitare interesse con commenti lunghi chilometri.
Il dono della sintesi non ha mai fatto male a nessuno..e a volte si possono spiegare molte più cose. Perfino le persone che ti segouno secondo me i tuoi commenti non li leggono tutti.
Non credo amino un tizio che gli vuole inculcare "come i bambini" le sue idee. Purtroppo chi è abituato a credere che i suoi concetti sono come orologi svizzeri, difficilmente si ricrederà con se stesso.
Hai il diritto di scrivere pagine e pagine di commenti,
ma non hai il diritto di pretendere che questo deve fare bene agli altri,
e quindi dev'essere così e basta.
Tu che sai sempre tante risposte, ogni tanto fattela qualche domanda.
:)).


Auguri e buon proseguimento.
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Quando si parla in privato, si può ben tentare di adattare il linguaggio all'interlocutore, anzi in molti casi lo si deve, come con i bambini; ma quando si scrive in pubblico e potenzialmente per chiunque, la ricerca della proprietà del linguaggio è secondo me un dovere imprescindibile. Perché chi comprende, comprenderà; e chi non comprende, se davvero è interessato alla conoscenza, rifletterà e comprenderà anche lui, e a molto gli sarà valsa la riflessione compiuta.
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Quanto infine a questa benedetta faccenda dei paroloni, secondo me l'unica cosa che chi li sa possa fare nei confronti di chi non li sa è manifestare con proprietà di linguaggio ciò che sa. Dipenderà poi dagli altri, e dal loro interesse per la conoscenza, porre domande, studiare, tentare di comprendere...
Io non sono un professore: l'interesse per la conoscenza,  nei miei interlocutori, lo do sempre per scontato.
Ferma, naturalmente, la disponibilità ad ogni chiarimento sui concetti che esprimo.
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Quanto al concetto di "essere", io ovviamente ne parlavo nell'unico senso in cui il mio discorso poteva avere un significato, cioè in senso ontologico. L'ontologia è la branca della filosofia che studia le modalità fondamentali dell'essere in quanto tale, al di là delle sue determinazioni particolari o fenomeniche.
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: )))))))))))))))))))))))))
Allora: vediamo di rispondere con ordine e precisione.
     Circa le "domande di un lettore operaio", io ho detto che la filosofia ha fatto la storia; non che i filosofi hanno fatto la storia. Bisogna cioè rendersi conto che i filosofi nascono dai tempi, non i tempi dai filosofi: perché ogni filosofo è filosofo del suo tempo, ed esprime gli umori e le idee portanti del suo tempo, enunciandole in un sistema coerente ed esplicito. Detto in altri termini: il filosofo è la punta dell'iceberg, ma sotto il livello dell'acqua c'è il grosso dell'iceberg, o se vuoi l'humus fertile nel quale il filosofo ha trovato le sue radici. Alla stessa maniera, l'humus fertile di Alessandro, Cesare, Filippo di Spagna, Federico II e tanti altri fu l' entusiasmo delle masse popolari che prestarono loro ascolto, obbedienza o fiducia.  Quindi il "gioiello" è "migliore" solo perché riesce a rendere manifesto, in maniera coerente ed organica, il frutto che le sue radici producono; ma sono evidentemente quelle radici, di rabbia, gioia, intelligenza o dabbenaggine che sia (nei vari casi), a fare la storia. NESSUN UOMO HA MAI FATTO LA STORIA: ciò è forse accaduto solo in campo scientifico, ma neanche ne sono sicuro, perché certe idee, in certi tempi, sono "nell'aria". Insomma: la storia la fanno le idee e i sentimenti, non singoli uomini..

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