Commenti a "Ira funesta Non Ti adirare Dio se spio nelle..." di Flavia Ricucci


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Per questo (secol superbo) volgesti le spalle al pensiero (lume) che lo rivelò (il fè palese)
l'oggetto è il vero, con allusione in particolare alla filosofia dell'illuminismo – i vv. 80/83 richiamano quanto affermato nella citazione evangelica con cui inizia la lirica
e, mentre fuggi, definisci vile chi segue queste dottrine e magnanimo colui che esalta fino alle stelle la condizione umana, illudendo se stesso o gli altri e mostrandosi così astuto se inganna gli altri o folle se inganna se stesso.

Nota: La parafrasi non è mia, la condivido e per economia di tempo faccio copia incolla
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Pino,
ognuno di noi ha un proprio punto di vista e ciò vale anche riguardo all'interpretazione del pensiero di Leopardi.
Mi ricordo che c'è stato un periodo della mia vita  che pur condividendo la visione  di Leopardi riguardo alla Natura matrigna ( mi riferisco alla critica ) associavo l'aspetto fisico al pessimismo. Oggi non penso che Leopardi avesse una visione dell'universo orientata alla m0rte e all'inganno. La chiave di lettura giusta, secondo il mio punto di vista, è "gli uomini vollero piuttosto le tenebre che la luce".
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Sai Flavia, quando ero ragazzo (dal 65 al 70) ho abitato a cento metri dalla casa di Leopardi a Torre del Greco. Da lì il Vesuvio non è come da Napoli: è un cratere enorme che letteralmente incombe sulla testa. Ricordo che mio padre, spesso, sul terrazzo, lo guardava con timore, sussurrando: "lo sterminator Vesevo...".
      Quanto a Leopardi, devo dirti la verità: ho sempre provato per lui una pena terribile. Lo ritengo un grande, forse il più grande; ma ho sempre ripudiato la sua visione del mondo e della natura, e ciò non tanto per motivi razionali, ma per il semplice fatto che sono stato sempre portatore di una sensibilità diversa dalla sua, che mi conduce a vedere, oltre i veli della natura materiale e del tempo, un universo orientato al bello, all'eterno e alla gioia, e non avvolto in se stesso, in una ineluttabile prospettiva di inganno, di desolazione e di m0rte.
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...e ho pensato e penso alle nostre illusioni.
Così canta Leopardi:

........A queste piagge
Venga colui che d’esaltar con lode
Il nostro stato ha in uso, e vegga quanto
È il gener nostro in cura
All’amante natura. E la possanza
Qui con giusta misura
Anco estimar potrà dell’uman seme,
Cui la dura nutrice, ov’ei men teme,
Con lieve moto in un momento annulla
In parte, e può con moti
Poco men lievi ancor subitamente
Annichilare in tutto.
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Pino,
non so per quale motivo ho messo in analogia la Canzone di Murolo con la Ginestra di Leopardi, è che ascoltando le ultime notizie e leggendo SUSPIRANNO  ho visto il Vesuvio e ho ricordato i versi

Qui su l’arida schiena
Del formidabil monte
Sterminator Vesevo,
La qual null’altro allegra arbor né fiore,
Tuoi cespi solitari intorno spargi,
Odorata ginestra,
Contenta dei deserti.

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