Scritto da: Lorenzo Bazzoni

Deca(y)des


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L'oscurità nella chiesa gravava sugli spiriti come il peccato grava sul cuore dell'uomo timorato di Dio.
Refoli d'incensieri s'involavano pigramente ectoplasmatici fra le ampie ragnatele che, nere di lordura, stavano tese fra una colonna e l'altra delle tre immense navate.
Ora sbreccate, ora troncate in mozziconi dilavati, le grandi ed arcane colonne imprigionavano in una gabbia ciclopica di psicosi irrefrenabile, la massa dei fedeli adoranti, un coacervo di esseri perduti e vibranti all'unisono come una corda di violino in procinto di spezzarsi.
Attraverso le grandi vetrate infrante, ai cui piedi s'accumulavano policromi detriti d'antica decadenza, rosso e azzurro, verde, bianco e rosa pallido di santi obliati, figure sfrangiate che sembravano comporre l'effige di un Dio abbattuto, campeggiava un cielo apocalittico, in cui i raggi cangianti del sole mescevano le nubi candide e quelle viola, creando opalescenze escrescenti che si infiammavano di cremisi ai bordi, come licheni virulenti impegnati a suggere violentemente linfa putrescente dal tronco di uno scellerato albero tinto d'azzurro.
Scarno, pallido, i capelli cresciuti a ciuffi irregolari, simili a vegetazione che tenti invano di riconquistare il deserto, gli occhi infossati, quasi sprofondati nel cranio ossuto e accesi d'un fuoco nero e mefitico, un prete sconsacrato arringava la folla ... [segue »]

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