Scritto da: Mario Pulimanti

Romanzo trasteverino


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...smarrimento che mi aveva sopraffatto in quei tempi lontani. Le povere bestie, animali di due quintali e oltre, attaccate per le zampe posteriori a una trave della stalla venivano sgozzate, e strillavano senza commuovere nessuno. I nonni raccoglievano in grandi catini il sangue che zampillava dalle carotidi sezionate, cercando di non perderne nemmeno una goccia. Questo sangue era destinato alla preparazione di un dolce, il sanguinaccio: per farlo si mescolava il sangue con cioccolata, canditi, zucchero e chissà cosa altro ancora e poi si metteva tutto a cuocere al forno in capaci teglie di rame. La bollitura del grasso e la preparazione dei ciccioli riempivano l'aria di una specie di nebbia bisunta, una sorta di annuncio dei giorni dedicati a magiare tutto ciò che dell'animale non si poteva conservare, il fegato nella rete, pezzetti avvolti in piccoli brandelli di beverelli, cioè di intestino, le costole, le salsicce impastate con aglio e pepe. Rifiutarsi di mangiare quel cibo era considerato dai miei nonni una vera e propria bestemmia, ed io non me la sentivo di offenderli: così avevo preso l'abitudine di mangiare tutto ciò che mi mettevano nel piatto. Sapori antichi. Mi addormento. Dormo in modo irregolare. E sogno Gigliola. Svegliandomi, ho un'aria così felice che sembro prossimo a scoppiare in lacrime.
Composto venerdì 10 maggio 2013

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