Scritta da: David Primo Carpanà

Resurrezione

Tu che hai la pantera nel nome
e ti vesti del suo fascino mortale
non appena la preda resta invischiata
nell'agguato dei tuoi occhi traditori
'ché nascondono una guerra sorniona
da giocar fin allo stremo a colpi di sospiri
celandone il pericolo con sguardi pastello;

tu che indossi l'avvenenza del giaguaro
e camminando ne utilizzi l'incedere elegante
da poter girar gli sguardi ai possibili compagni
per placare la tua sete di amore bollente,
esaltando ad ogni passo una ferrea fierezza
che alimenti foraggiando maculata autostima
ottenuta con vittorie sulla vita quotidiana;

tu che t'armi dell'ipnotica attrazione
che il volto della tigre effonde
sul nervo di colui che ha la sventura
di incrociarti senz'aver difese interne,
cui irrompi con artigli infiammati
dilaniandone lo spirito, assaggiandone la carne
per poi riposarti sul fianco appagato;

tu che come il gatto fai le fusa se felice
come quando cerchi affetto dopo essere appagata
o imitando il miagolio nella parte più elevata,
poggiandoti al cuscino che attende i tuoi sogni
e stringendoti al braccio del notturno padrone
cui riversi ad occhi chiusi la felina dolcezza
che regali solamente a chi sa accarezzarti;

tu il cui ricordo mi rivive sulla pelle
e respira attingendo ai miei polmoni,
ossigena i suoi occhi usando il mio sangue
e gode rivivendo ogni istante degli orgasmi
che azzurri avvamparono nelle ore più impensate;
tu che hai portato una luce dentr'al petto,
tu... tu con ludibrio m'hai ridato la vita.
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    Scritta da: David Primo Carpanà

    Alla maniera di Verlaine

    La sordida Illusione ha bussato alla mia porta
    presentando sufficiente crisantemi increduli,
    affonda nei miei occhi uno sguardo bagnato,
    mascherando un sottile sorriso si avvicina sussurrando:
    "Il figlio dell'ingenua Speranza è morto,
    schiantato con violenza contro un muro di omertà,
    il colpo del reale purtroppo non ha retto,
    abbuffati di colpa della pietra che hai posato".
    Ed io che a questa nuova non posso altro che stare,
    urlando vittimismo sputo lacrime di pece,
    m'accascio sopra il fango respirando il mio dolore,
    angoscia e morte fusi fanno fiamme nelle vene.

    L'Illusione si fa avanti indossando un saio nero
    con l'acciaio dentro gli occhi d'un ipnotico brillante,
    tra l'oro dei riflessi mi consola assicurando:
    "La caduta del figliolo verrà accolta sull'onore".
    Detto questo porge il braccio, digrignando solidale,
    ma quello che credevo fosse un valido ristoro
    si rivela nel pallore del suo squallido movente:
    la mano la protende e tra le due la testa serra,
    dicendo di star fermo, sdraiando mi violenta.

    "Più non devi ormai temere" - mi sussura compiaciuta-
    "la tua stupida innocenza m'assicura discendenza
    ed il vuoto del passato verrà presto rimpiazzato:
    nel grembo arrivista v'è nascosta la matrice
    che da sempre hai schivato, pretendendola in segreto;
    ché siccome io da sola non riesco ad attivare
    e l'amore serve sacro per l'inizio d'ogni gene
    penetrandomi nolente l'hai scagliato dalla carne.
    Carnalmente mi amerai per la mia eternità:
    è il mio figlio che aspetti, la mia prole che allevi."
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      Scritta da: David Primo Carpanà

      Irresistibile

      I

      Il simulacro della forza che ti infiamma le vene,
      ti illumina gli occhi, t'affila gli artigli
      e ti rende felina, seducente e sinuosa
      alberga nelle fibre d'una meritata bellezza
      che sfoderi a trofeo nei momenti di battaglia
      ove, conscia delle armi con cui l'essere, tu, donna
      equipaggia il corpo misto ad un anima solare,
      combatti in fin lo stremo per aver ciò che ti spetta
      rialzandoti sensuale nel momento del trionfo.

      Improvviso fu il contatto ed il momento in cui
      intrecciammo inconsci sentieri di sguardi e carne;
      se soltanto avessi saputo governare il tempo
      mentre il cielo testimone scandiva le nostre maree
      con il sincrono tepore delle sue lacrime ambrate,
      mentre noi mescolavamo le pulsioni alle paure
      rendendo irresistibile la reciproca attrazione,
      ci saremmo spiegati in passioni sconvolgenti
      e la notte mai avrebbe conosciuto fine.

      II

      L'istinto e la passione che ti scalda la fronte,
      gestisce le azioni, fa pulsare il costato
      e ti rende la donna graffiante che sei,
      protegge essenza vera mascherando debolezze
      che controlli al riparo di un petto inespugnabile,
      ove versi sfumature profumate di te
      che mostri al meritevole nelle ore soddisfatte,
      come me che ho apprezzato la tua dolce irruenza
      saggiandone il sapore ogni singolo secondo.

      "Nuovamente alzato a random nel cuore della notte,
      percorrendo l'uragano che racchiudi nel ventre
      per cercar di decifrare le nostre equazioni
      e capir se la tua mano, stringendo cornucopie,
      innalza alla mia bocca ambrosia o veleno"
      "Potrei dire lo stesso ma mi piace sentire
      che t'infili in sogni e mente con tale prepotenza,
      e anche fosse solo per un attimo di gioia
      al traguardo potrò dire che n'è valsa la pena."
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        Scritta da: David Primo Carpanà

        Poetica

        Il cifrario elegante che utilizzo
        si imbastisce di eironeia ad ogni suo passaggio:
        fiabesco si avvicina
        con fare non curante,
        mi scava dentr'agli occhi con una finta piuma.

        Il nocciolo che trova lo passa tra le mani,
        lo lustra e lo riguarda, lo ammira e un po' lo teme,
        ed io che avevo appena
        sbrogliato la matassa
        mi trovo a non parlare una lingua che conosco.

        Suggerisce delle frasi complicate da equazioni
        ritorcendo le parole come elastici d'avorio
        il tutto accompagnato
        con fare andante adagio
        da una melodia un po' strana che anche un sordo può apprezzare.

        E mentre mi fischietta le cose che ho da dire
        a volte si rivolta a fissare l'ossidiana
        che prima aveva inciso
        parlandomi d'amore,
        soffiando fiocamente qualche lacrima di gioia;

        ed io non faccio altro che imprimere fonemi
        arrivati chissà come verso un grembo di metallo
        e quando poi rileggo
        quei pensieri sussurrati
        mi riprendo dall'ipnosi che m'aveva generato.

        Non importa se fiscali o se pure accompagnati,
        i discorsi tralasciati devon esser compiacenti
        perché quando sian riletti
        da piacere all'ignorante
        strimpellino il sapere misto a qualche accordo d'anima,

        perché questo ancora credo, come quando ero quell'altro,
        che la cosa più importante quando operi quest'arte:
        "Musica su ogni cosa,
        ch'essa allieta ove si posa".
        E più che altro al come, è sempre meglio il cosa.
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          Scritta da: David Primo Carpanà

          Epilogo?

          L'Illusione è una sordida puttana
          che professa il solo credo del "godere e moneta",
          s'approfitta del dolore barattandolo spietata
          permettendoti per poco una psicosi puerile.

          L'Illusione è una viscida usuraia
          che specula interessi sull'insicurezza,
          ti anticipa giudaica un'euforica autostima
          per pretendere più tardi la tua dignità completa.
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            Scritta da: David Primo Carpanà

            Rinascita

            Tepore, abbraccio, lingua, paura, sguardo, bacio,
            istinto, lingua, carne, occhi, specchio, attore,

            riflesso, buio, gente, pioggia, fischio, sguardo,
            vuoto, calore, buio, odore, orecchio, fianco,

            impulso, lingua, umore, vorace, occhi, lingua,
            acceso, fame, corpo, lingua, lingua e lingua,

            apro gli occhi, respiro.
            Sono di nuovo vivo.
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              Scritta da: David Primo Carpanà

              Quello che resta

              Le spade hanno marciato entro cuori di legno,
              salvando dall'asfalto pensatori immortali,
              e il cuore titubante lasciato a macerare
              saltella in lungo e in largo con echi di rimando.
              L'equilibrio naturale è un pendolo danzante
              e la falce uno scatto che congela questo ballo,
              lui non torna più da una guerra oramai persa,
              lei oramai piange la precoce vedovanza.

              Il corvo lo accompagna sopra ali di cicogna,
              sorvola campi immensi con aria di fanciullo,
              spreca qualche pianto per quella nuova luce,
              si volta a riguardare il presente che abbandona.
              Abbandona, capisci?
              Lui è andato, lei rimane, ed è peggio di morire.
              Gli spilli dentr'al cuore, la morte dell'amore,
              il freddo gli permane nelle membra corrucciate.

              "Come farò? Quale la forza?
              A me avverso il destino! Di quale paura,
              in quale timore, dovrà rifugiarsi il suicidio?
              Quali le colpe, chissà che doveri
              per una povera vedova e gravida!"

              L'altare ormai lordo di sangue nutre una nenia
              dai teschi già sepolti, dal coro di sudari
              svetta un soprano in testa al lamento.
              E intanto il figlio della luce si allatta
              sul tonfo del pianto e triste e tetro,
              per lui ancor più duro sarà il combattimento,
              pugnando a sé la vita con la sua sola armata.
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                Scritta da: David Primo Carpanà

                Quello che è perso - Lo Spirito

                Ora che la macchina ha oscurato il canto
                è sempre più difficile poter ridarti
                in gloria e onore a quel poeta - ancora? -
                che tosto t'ha innalzata a divina e a provvidenza;
                umano, mi chiedi, ahimè di ritornare:
                la macchina - lo sai - ormai ha già covato
                e l'ospite incurante, che nutre la nemesi,
                ormai ne è assopito, ne più che mai dipende.

                Ricordo e piango,
                ed ora che soltanto è tornata a me quest'arte
                spesso mi soffermo attonito a pensare
                agli spiccioli di tempo sperperati a farsi male,
                ai sorrisi che, se fatti, calmieravano il dolore
                (se soltanto avemmo avuto abbastanza sale in testa)
                od a tutte quelle volte che il sapore del far male
                umiliava la ragione sotto gli occhi d'un orgoglio beffardo.

                Preferisco passeggiare col demonio
                che trovarmi sul rasoio con me stesso
                e cercare di sommare i minuti ch'ho investito
                ad estrarre l'innocenza dalla terra pulsante
                mentre avvelenavo il sangue e la linfa
                con un nettare pungente e amaro.

                Potrei chiedermi se mi incontrassi
                a che è valso dare fuoco ai tuoi diamanti
                o cercar di concimarli con la rabbia,
                e in tal caso, stando fermo,
                mi potrei sputare in faccia sbeffeggiandomi maligno.

                Fuori da un'amara simpatia
                altro non resta che sudicia acqua storta,
                mentre il fuoco che prima ci scaldava
                sembra averci consumato pelle, spirito e desiderio.

                Tu non sai quanto mi manchi, amore.
                Tu non sai quanto ti amo.
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                  Scritta da: David Primo Carpanà

                  Fuori da una amara simpatia

                  Se qualcuno mai scriverà della mia vita
                  vorrei che ne sortisse che sono stato vero,

                  sempre un po' in ritardo ma puntuale per l'amore
                  che tosto m'invasava come demone febbrile.

                  Potranno forse dire che non eravam coesi
                  ma tu non indugiare, semmai continua a incedere

                  finché le malelingue, che sempre abbiam campato,
                  seguiranno starnutendo spruzzi di sperma.

                  Non chiedere alla sfera quali sian le nostre parti
                  ché il copione, cara mia, s'arricchisce giornalmente:

                  tutto muta, tutto cambia; l'importante è la simbiosi
                  e quel che vedi incongruo forse ha nome evoluzione.
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                    Scritta da: David Primo Carpanà

                    Alla maniera di Shakespeare

                    Chi sei tu che dalla tenebra appari
                    e suoni i tuoi capelli come vermiglia rete,
                    offrendo maliziosa il tuo veleno ambrato
                    mentre languida avvicini le mie labbra
                    e guardandomi le accarezzi con un bacio?

                    Comunque il tuo ariete trova l'uscio spalancato
                    perché se guardi e hai visto anch'io non son da meno,
                    e lesto ti ricambio in modo assai cortese
                    ed anche generoso ché c'aggiungo un po' del mio,
                    e la colpa è un prezzo che non devo pagare.

                    Chi sei tu che vieni a portare innovamento
                    e stringi nelle gambe una tenue speranza,
                    pretendendo in cambio una tiepida freschezza
                    mentre le tue mani esplorano il petto
                    in cerca di un ansimante e azzurro orgasmo?

                    Ma sei così fugace e un ostacolo interrompe,
                    il nostro rito cessa e l'equilibrio si fa nero,
                    così rapido è il contatto, come la tua sparizione
                    che neanche faccio in tempo ad imprimerti in memoria;
                    solo un fremito ricorda il tuo sapore vaporoso.

                    Chi sei tu che t'allontani contro voglia
                    e mi lasci risoluta sbigottito e sorridente,
                    arrivando chissà come forse dalla mia coscienza
                    mentre cavalcando un uragano travolgi le certezze
                    ed in dono m'hai portato consapevolezze nuove?
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