Rosicchi, mi sevizi e non mi uccidi!

Affranto infelice e stanco
annegar vorrei nel Nulla
or che esausto di battere è il cuore
e proibito mi è porre fine alla vita.
Oblio pietoso perché diserti e ozi
oh ulcere crudeli, crampi di morte!
Luce mai sconfiggi il buio
tutto si scompone e svanisce
e converge in un puro zero
che non si dispiega in nessun luogo.
Mi son giocato tutto e ho perso
e nelle tasche non ho più un soldo.

Assonnati dolore che vivo
e tu Moira perché ritardi
e disconosci il mio diritto
a non soffrire e più atroce
fomenti la mia demenza
se sono destinato a morire?
Rosicchi mi sevizi e non mi uccidi!

Non ostacolare il desiderio
di farmi polvere, silenziami
fammi tranquillo e sereno
fammi sordo a rintocchi di campane a lutto
salpi e ai miei morti mi ricongiunga
nel caos e nella eterna notte io ritorni!

Ha ogni giorno i suoi getti
di orticarie e di spine
un'implacabile logorio avanza
pasce la mente acute pene
asciugo lacrime di esser nato
sconto il castigo di esser schiavo
di un borioso corpo che ostinato
il vizio di essere non abiura.

Subita è la vita non chiesta
e niente siamo io e te o morte!
Amare, bere, andare al bagno
illusioni, inganni addii e poi? Più nulla!
O folli acquiescenti ciechi e illusi
che accettate il calvario e la croce!

A mani giunte e supino io sorrida
prima di scompormi in atomi
decreti il tempo che nel mondo
tra miliardi di viventi a caso fui
e che tanto per fato amai e piansi.
Composta venerdì 30 novembre 1900

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