Scritta da: Armando

Siamo figli degli ormoni

A molti è capitato di sentire
che siamo tutti figli dell'amore
ci assale allora un forte batticuore
il dubbio si vuole approfondire.

Nella foga cerchiamo di zittire,
i vecchi che con senno e con fervore
provano a farci uscire dal languore,
e gli occhi a tutti tentano di aprire.

I giovani non stanno ad ascoltare,
gli innamorati sempre son sornioni,
quelli di mezza età san solo urlare.

In questa confusione ai più coglioni
l'amor col sesso è facile scambiare
lasciandosi ingannare dagli ormoni.
Salvatore Armando Santoro
Composta giovedì 16 dicembre 2010
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    Scritta da: Armando

    Giorgio La Pira

    Quante volte quelle parole ho ripensato,
    buttate come un seme tra quei banchi
    da quell'omino, che non ho scordato,
    e che rivedo ormai con gli occhi stanchi.

    Parole, trascinate via dal vento,
    quando non si stava ad ascoltare,
    ma che son ritornate ogni momento
    se un dubbio mi stava a tormentare.

    Parole forti, contro ogni violenza,
    quella subita, nel periodo fascista,
    parole dolci, per invocar clemenza
    per quanti uscivan dalla diritta pista.

    Parole amare, per deboli e sfruttati,
    che non hanno alcun mezzo di difesa,
    parole severe, per l'indifferenza degli stati
    agli eccidi di gente povera e indifesa.

    Semenza, sì, era proprio semenza
    caduta in parte su un'arido terreno,
    ma tant'altra ha generato conoscenza,
    amor per gli altri, ricerca del sereno

    nei rapporti interni alla famiglia,
    nelle relazioni umane tra le genti,
    nel rispetto per chi non ti somiglia,
    restando vivo tra gli indifferenti.

    Quelle parole oneste oggi risento
    e sembrano assordanti dentro il cuore,
    oggi, che tanti in questo firmamento
    non seguon più la strada del Signore.
    Salvatore Armando Santoro
    Composta giovedì 27 maggio 1999
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      Scritta da: Armando

      Sirene

      A questo mondo c'è poco da gioire
      siamo inondati spesso dal lerciume
      chiudiamo gli occhi per non percepire,
      del vero cancelliamo ogni barlume.

      E ce ne andiamo spesso sorridenti
      credendo a tutto quello che ascoltiamo
      da certe donne ipocrite e avvilenti
      che a tutti quanti sanno dire "t'amo".

      Tra gli uomini ve ne son poi tanti
      che si fanno incantare facilmente
      da chi conta bugie versando pianti

      e raggirando in modo deprimente
      come sirene che stregano coi canti
      chi poco vede o non capisce niente.
      Salvatore Armando Santoro
      Composta venerdì 10 dicembre 2010
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        Scritta da: Armando

        Bruma autunnale

        Uggiosa nebbia al piano,
        nella campagna guazzo e brina impera,
        scuote la vetta il vento
        il cinguettio d'un passero suggella
        una giornata senza inizio e fine.
        Bela giù al piano una pecora e dispera,
        il suo richiamo si sperde lungo i fossi,
        per i poggi velati di mistero
        giunge dal nulla come nota strana
        frammisto al maestrale che muggisce
        e scorrazza in questo borgo antico
        privo di suoni e povero di vita.
        E la mia quercia scricchiola sperduta,
        solitaria stride in mezzo al prato
        tra la rugiada che i suoi rami imperla,
        ombre fuggenti di desio diffonde
        ultime pene sembra socializzi.
        E m'abbraccia tra i suoi forti rami,
        suggella un limite al suo amore,
        mi scuote e mi risveglia nell'arguire,
        mentre la sera già di nuovo scende
        in questo cuore apatico che osserva
        un tramonto offuscato che già affonda
        nella fanghiglia d'un pantano marcio
        che la vita allontana e la sospinge
        in una immensità che non ha tempo.
        Salvatore Armando Santoro
        Composta giovedì 9 dicembre 2010
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          Scritta da: Elisabetta

          Il canarino

          Il canarino nella sua voliera
          al mattino mi sveglia col suo canto
          e come recitando una preghiera
          al ciel rivolge un accorato pianto.
          Ma tu sei nato in gabbia piccolino
          e vivere non sai di libertà
          sei nato per cantare ogni mattino
          le tue dolcissime note di pietà.
          Io ti ho lasciato andare, ed hai volato
          alto nel cielo, giù per un vallone,
          ma dopo un poco tu sei ritornato
          triste e smarrito nella tua prigione.
          Salvatore Armando Santoro
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            Scritta da: Elisabetta

            Odio le prediche

            Odio
            Le prediche domenicali.
            Amore,
            fratellanza,
            solidarietà!
            Parole
            che attraversano
            il salone della cattedrale,
            pervaso da incensi
            e odor di ceri accesi,
            e s'infrangono
            in un rito inutile
            di mani che si uniscono
            inneggianti alla pace.

            Guardo
            i visi dei fedeli,
            intristiti
            ma con i pensieri
            che corrono
            agli invitati in arrivo
            ed al pranzo domenicale,
            o che osservano con invidia
            una vicina impellicciata.

            E la predica finisce
            proprio lì.

            Fuori riprende la danza
            dei rancori tra vicini,
            delle invettive
            contro gli immigrati invadenti,
            o dell'odio verso un parente,
            che morendo
            non ti ha lasciato niente!
            Salvatore Armando Santoro
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              Scritta da: Elisabetta

              Primo ottobre

              Quant'acqua è già passata sotto i ponti,
              quanta neve è caduta sopra i monti?

              Quante rondini son volate verso il mare,
              quante lacrime di bimbi e di scolare?

              Primo ottobre: il tempo come vola!
              Iniziava in questo dì la scuola

              una volta; e col pensiero stanco
              risento il primo pianto su quel banco

              ed il maestro, con quei suoi occhialetti
              che sulla guancia mi dava dei buffetti

              sussurrando parole per me strane
              che non ricordo tanto son lontane.

              Or mi rivedo ancora in un bambino
              che mi passa piangendo da vicino,

              col grembiulino nero e la cartella,
              tirato a peso da una sua sorella

              pestando i piedi come un disperato
              come se stesse andando carcerato.

              Lo guardo triste con il cuore in gola,
              come quel primo mio giorno di scuola.
              Salvatore Armando Santoro
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                Scritta da: Elisabetta

                Il barbone

                Sai, fratello, t'ho visto l'altra sera!
                T'ho visto, appena giunto alla stazione,
                con un trancio di pizza e qualche pera,
                con le tue cianfrusaglie e col cartone.

                Ti ho osservato aggirarti lentamente
                in cerca d'un posto un po' al riparo
                dal gelo, un po' nascosto dalla gente,
                per mandar giù qualche boccone amaro.

                T'ho guardato in silenzio, con pietà,
                ed ho provato a entrare nei tuoi panni,
                cercando intorno un po' di umanità
                qualcuno che mi strappasse dagli affanni.

                Ho trovato l'indifferenza più assoluta
                di tanta gente, che non volea capire,
                gente che al mio patir restava muta,
                quasi annoiata, senza intervenire.

                Solo la strada avevo a fianco a me:
                la strada che talvolta è più accogliente
                e non ti lascia solo, anche perché
                abbraccia nel suo grembo tanta gente

                d'ogni razza e d'ogni condizione,
                non chiede mai a nessuno il passaporto
                non guarda il ceto sociale o la nazione,
                non ride se sei brutto o se sei corto.

                Forse domani ti troveran stecchito,
                disteso su una panca o sotto un ponte,
                oggi per te nessuno ha mosso un dito,
                e pur 'io che t'ho avuto di fronte

                seduto a terra, là nella stazione,
                non t'ho allungato neppure mille lire
                e son passato anch'io con distrazione,
                fingendo di non vedere e non sentire.
                Salvatore Armando Santoro
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