Scritta da: Armando

Demetra

Grazie a te, mia dea della vita,
ora il risveglio è possibile e vicino.
A Eleusi ritorno anch'io,
l'Ade mi è stretto,
Persefone mi spinge al gran risveglio.
Gli dei stanchi ormai sono
di questo mio vagabondar confuso,
troppi problemi pongo,
troppe ansie trasmetto.
Torno or che la dea riposa
e l'inverno ci ha dato.
Colgo quei pochi frutti
che succosi ancora ci regala.
Le ombre abbandono
il poco sole cerco,
prego il signor che il mondo regge,
che sull'Olimpo felicità trasmette,
che regali anche a me un suo sorriso
e mi risplenda in viso
quella passione vivida che assale
l'uomo, che ragione e forza in cuor rinserra
che ancora frutti e beni coglie in terra.
Salvatore Armando Santoro
Composta martedì 11 gennaio 2011
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    Scritta da: Armando

    Un uomo mediocre

    Le tue note amico mi commuovono.
    Tu vedi una bravura che non c'è,
    io mi sento un uomo mediocre,
    ho distrutto un amore
    come un bambino viziato
    che non voleva mollare il giocattolo.
    Mi è rimasto un mano una ciocca di capelli,
    una ciocca di capelli colorati,
    bronzo rame, penso,
    capelli arricciati,
    omologati,
    capelli come tanti ormai.
    Li ho osservati, stanotte,
    toccati,
    ma si sono dissolti nel nulla.
    Il sogno è finito
    ed io mi sono svegliato.
    Salvatore Armando Santoro
    Composta domenica 9 gennaio 2011
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      Scritta da: Armando
      Due ganci
      (orrenda visione)
      han turbato il mio pranzo festivo.
      Cosa mi porta la befana?
      Due ganci in regalo
      ed i muggiti lontani delle agonie,
      i belati inutili che non hanno intenerito
      l'animo del macellaio perso nel tempo.
      Ed io a pranzare,
      in un macello diventato osteria,
      con due ganci che mi torturano la mente
      che mi sfiorano l'omero insensibili.
      Le vecchie pareti di marmo,
      i pavimenti levigati con il sangue che scorre,
      i vecchi scarichi ancora in funzione
      che ricordano le pulizie dopo le stragi,
      dopo le violenze, dopo le sofferenze.
      Al ristorante "Garibaldi"
      il cattivo gusto di non cancellare il dolore,
      di offrire ai commensali la traccia dei supplizi
      per decorare un locale,
      lasciata a futura memoria della violenza dell'uomo.
      Difficile dimenticare questa befana
      che forse porterà sacchi di carbone
      per oscurare la cattiva coscienza
      di chi ruzza con i sentimenti umani.
      Salvatore Armando Santoro
      Composta venerdì 7 gennaio 2011
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        Scritta da: Armando

        Malattia

        Scrivo
        sul muro bianco
        della mia cameretta
        parole stanche
        e sfuggenti
        che si disperdono
        come gocce d'olio
        sull'acqua.
        Debolezza,
        sconforto,
        impotenza:
        parole vinte
        che scivolano
        e s'adagiano,
        confuse,
        ai piedi del mio letto.

        Scrivo, allora:
        coraggio,
        risoluzione,
        volontà,
        e fisso le parole sul muro
        con la forza della mia ragione.

        Giro lo sguardo
        fuori dalla mia finestra:
        solitario un fiore rosso
        brilla,
        baciato dal sole,
        tra la neve.
        Salvatore Armando Santoro
        Composta venerdì 17 gennaio 2003
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          Scritta da: Armando

          Per via

          Accarezzo le immagini dei viandanti
          che si perdono per strade silenziose.
          Ombre che si accalcano
          sulla scena della vita,
          che giocano con le loro anime
          e ruzzolano negli stagni
          dove l'acqua ristagna
          e sa di putrido e stallatico.
          Il gioco si ripete all'infinito:
          corpi che non sanno di nulla,
          cervelli che hanno rinunciato al domani.
          Eppure i loro occhi
          guardano in silenzio,
          e vedono forse orizzonti
          che a molte normalità ormai sfuggono.
          Le loro angosce non ci appartengono,
          il febbricitare della loro fronte non ci interessa,
          la loro umanità appartiene
          ad un mondo a noi sconosciuto.
          Inutilmente accarezzano la mano
          del compagno ammalato:
          una scodella di latte bollente
          trabocca su un fuoco improvvisato
          e solleva un fumo denso e asfissiante
          che oscura le nostre coscienze
          che hanno dimenticato
          solidarietà e amore.
          Salvatore Armando Santoro
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            Scritta da: Armando

            Casella di posta elettronica

            E triste oggi questa casella silenziosa,
            i miei messaggi giacciono dormienti
            in questa triste mia giornata oziosa
            mi opprimono i tanti addobbamenti.

            Come un rosario la mater dolorosa
            osserva mesta questi turbamenti
            e m'addormenta la mia vita ansiosa
            ed i suoi giorni che passano impotenti.

            E corteggio la morte, la blandisco,
            i miei errori sembrano sfrangiare
            rotolando in giù come pietrisco

            che a valle stanco vuole riposare;
            e mentre in questo tedio inaridisco
            a chi non ama più resto a pensare.
            Salvatore Armando Santoro
            Composta domenica 26 dicembre 2010
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              Scritta da: Armando
              Pace vo' ricercando e non si trova
              è strano l'uomo, sempre chiude gli occhi
              spesso guerra ci da e l'odio cova
              pensa alle cose frivole, ai balocchi.
               
              Nella miseria lascia tutto il mondo
              spreca risorse non vede mai il vicino
              s'arrotola nell'edonismo immondo
              l'umanità sotterra da assassino.
               
              Eppure basterebbe solo un gesto
              aprire il cuor sulle miserie umane
              capir chi soffre; basterebbe questo
              per salvarci da una fine immane.
              Salvatore Armando Santoro
              Composta giovedì 23 dicembre 2010
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                Scritta da: Armando

                Ermeticamente

                Senza volerlo mi spingi tra le braccia
                d'un amore che non provo e non m'attira
                quando l'affetto a nuove spiagge vira
                di te lo sai non resterà più traccia.

                La donna prima ti cerca poi ti scaccia,
                mai si capisce a fondo a cosa mira
                l'affetto muta e come il vento spira,
                di foga s'empie e per amor la spaccia.

                Come un gatto s'arrotola, circuisce
                medita, indugia a tutti fa le fusa,
                poi senza un buon motivo ti ferisce.

                A volte simula d'essere confusa
                ma poi senza ragione ti punisce
                in modo oscuro e mai ti chiede scusa.
                Salvatore Armando Santoro
                Composta domenica 19 dicembre 2010
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                  Scritta da: Armando

                  Raccoglitrici di Olive

                  Sotto gli ulivi ultime reti tese
                  olive già mature nella cesta
                  sorride un sole debole e la brina
                  carezza gli ultimi radi cespi d'erba
                  sparsi ai bordi dell'aia liscia e spianata
                  che i rami ombreggiano incostanti.

                  Un libro su una cesta capovolta,
                  le scale tra i rami strette ed avvinghiate
                  l'equilibrio che manca e che barcolla
                  un sorriso che da lontano tende
                  ad una prostrazione dissipata
                  ad un affetto che ormai tutto s'è spento.

                  E nel frantoio cigola la cinghia,
                  semi oleosi la macina frantuma
                  cola il verde liquor, unge la brocca,
                  la boccia cambia colore, rinverdisce.

                  E lei sorride ancora debolmente,
                  un sorriso che sa d'ira e d'intesa
                  mentre la cesta afferra e la sospinge
                  sul motocarro che romba e che barbuglia,
                  tracce profonde nella terra arrossa.

                  Trilla tra i rami dei mandorli nostrani
                  un suono stanco di campana a sera
                  lei ancor sorride e già tende le mani
                  lieve si segna e sale una preghiera.
                  E la regala a me che ormai dispero
                  in quest'angolo perso di maremma,
                  pensa di cancellar quel segno nero
                  e quel rosso che la palude ingemma.
                  Salvatore Armando Santoro
                  Composta lunedì 20 dicembre 2010
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