Poesie di Guido Gozzano

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Scritta da: Silvana Stremiz

Pioggia d'agosto

Nel mio giardino triste ulula il vento,
cade l'acquata a rade goccie, poscia
più precipite giù crepita scroscia
a fili interminabili d'argento...
Guardo la Terra abbeverata e sento
ad ora ad ora un fremito d'angoscia...

Soffro la pena di colui che sa
la sua tristezza vana e senza mete;
l'acqua tessuta dall'immensità
chiude il mio sogno come in una rete,
e non so quali voci esili inquiete
sorgano dalla mia perplessità.

"La tua perplessità mediti l'ale
verso meta più vasta e più remota!
È tempo che una fede alta ti scuota,
ti levi sopra te, nell'Ideale!
Guarda gli amici. Ognun palpita quale
demagogo, credente, patriota...

Guarda gli amici. Ognuno già ripose
la varia fede nelle varie scuole.
Tu non credi e sogghigni. Or quali cose
darai per meta all'anima che duole?
La Patria? Dio? L'Umanità? Parole
che i retori t'han fatto nauseose!...

Lotte brutali d'appetiti avversi
dove l'anima putre e non s'appaga...
Chiedi al responso dell'antica maga
la sola verità buona a sapersi;
la Natura! Poter chiudere in versi
i misteri che svela a chi l'indaga!"

Ah! La Natura non è sorda e muta;
se interrogo il lichéne ed il macigno
essa parla del suo fine benigno...
Nata di sé medesima, assoluta,
unica verità non convenuta,
dinanzi a lei s'arresta il mio sogghigno.

Essa conforta di speranze buone
la giovinezza mia squallida e sola;
e l'achenio del cardo che s'invola,
la selce, l'orbettino, il macaone,
sono tutti per me come personae,
hanno tutti per me qualche parola...

Il cuore che ascoltò, più non s'acqueta
in visïoni pallide fugaci,
per altre fonti va, per altra meta...
O mia Musa dolcissima che taci
allo stridìo dei facili seguaci,
con altra voce tornerò poeta!
Guido Gozzano
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    Scritta da: Silvana Stremiz

    Prima delusione

    La bionda bimba coi capelli al vento
    correva per i viali del giardino
    rossa nel volto, respirando a stento
    per sfuggire al suo bruno fratellino.

    "Mamma!": era giunta all'albero di pesco,
    calpestandone i fiori scossi dal vento:
    poi rise, del suo riso argenteo e fresco,
    al fratellino giunto in quel momento.

    "Non mi prendesti!" disse e rise ancora
    al fratellino un po' mortificato;
    e il sol, che traversava i rami allora,
    baciò quel capo piccolo e dorato.

    "Fulvio, perché la bamboletta parla?
    Dici che sia una bambina vera?"
    "Chissà! Bisognerebbe un po' osservarla,
    guardarle il viso che pare di cera."

    "Vai a prenderla: è dentro nella serra."
    Il fratellino corse, e lei rimase
    coll'occhio fisso all'ombre, che per terra
    formava il sol nell'ultima sua fase.
    Guido Gozzano
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      Scritta da: Silvana Stremiz

      La differenza

      Penso e ripenso:-Che mai pensa l'oca
      gracidante alla riva del canale?
      Pare felice! Al vespero invernale
      protende il collo, giubilando roca.

      Salta starnazza si rituffa gioca:
      né certo sogna d'essere mortale
      né certo sogna il prossimo Natale
      né l'armi corruscanti della cuoca.

      -O pàpera, mia candida sorella,
      tu insegni che la Morte non esiste:
      solo si muore da che s'è pensato.

      Ma tu non pensi. La tua sorte è bella!
      Ché l'esser cucinato non è triste,
      triste è il pensare d'esser cucinato.
      Guido Gozzano
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        Scritta da: Silvana Stremiz

        L'amica di nonna Speranza

        Loreto impagliato e il busto d'Alfieri, di Napoleone,
        i fiori in cornice (le buone cose di pessimo gusto!)

        il caminetto un po' tetro, le scatole senza confetti,
        i frutti di marmo protetti dalle campane di vetro,

        un qualche raro balocco, gli scrigni fatti di valve,
        gli oggetti con mònito, salve, ricordo, le noci di cocco,

        Venezia ritratta a musaici, gli acquerelli un po' scialbi,
        le stampe, i cofani, gli albi dipinti d'anemoni arcaici,

        le tele di Massimo d'Azeglio, le miniature,
        i dagherottipi: figure sognanti in perplessità,

        il gran lampadario vetusto che pende a mezzo il salone
        e immilla nel quarto le buone cose di pessimo gusto,

        il cùcu dell'ore che canta, le sedie parate a damasco
        chermisi... rinasco, rinasco del mille ottocento cinquanta!

        I fratellini alla sala quest'oggi non possono accedere
        che cauti (hanno tolte le fodere ai mobili: è giorno di gala)

        ma quelli v'irrompono in frotta. È giunta è giunta in vacanza
        la grande sorella Speranza con la compagna Carlotta.

        Ha diciassette anni la Nonna! Carlotta quasi lo stesso:
        da poco hanno avuto il permesso d'aggiungere un cerchio alla gonna;

        il cerchio ampissimo increspa la gonna a rose turchine:
        più snella da la crinoline emerge la vita di vespa.

        Entrambe hanno uno scialle ad arancie, a fiori, a uccelli, a ghirlande:
        divisi i capelli in due bande scendenti a mezzo le guance.

        Son giunte da Mantova senza stanchezza al Lago Maggiore
        sebbene quattordici ore viaggiassero in diligenza.

        Han fatto l'esame più egregio di tutta la classe. Che affanno
        passato terribile! Hanno lasciato per sempre il collegio.

        O Belgirate tranquilla! La sala dà sul giardino:
        fra i tronchi diritti scintilla lo specchio del Lago turchino.

        Silenzio, bambini! Le amiche - bambini, fate pian piano! -
        le amiche provano al piano un fascio di musiche antiche:

        motivi un poco artefatti nel secentismo fronzuto
        di Arcangelo del Leuto e di Alessandro Scarlatti;

        innamorati dispersi, gementi il "core" e "l'augello",
        languori del Giordanello in dolci bruttissimi versi:

        ... caro mio ben
        credimi almen,
        senza di te
        languisce il cor!
        Il tuo fedel
        sospira ognor
        cessa crudel
        tanto rigor!
        Carlotta canta, Speranza suona. Dolce e fiorita
        si schiude alla breve romanza di mille promesse la vita.

        O musica, lieve sussurro! E già nell'animo ascoso
        d'ognuna sorride lo sposo promesso: il Principe Azzurro,

        lo sposo dei sogni sognati... O margherite in collegio
        sfogliate per sortilegio sui teneri versi del Prati!

        Giungeva lo Zio, signore virtuoso di molto riguardo,
        ligio al Passato al Lombardo-Veneto e all'Imperatore.

        Giungeva la Zia, ben degna consorte, molto dabbene,
        ligia al Passato sebbene amante del Re di Sardegna.

        "Baciate la mano alli Zii! " - dicevano il Babbo e la Mamma,
        e alzavano il volto di fiamma ai piccolini restii.

        "E questa è l'amica in vacanza: madamigella Carlotta
        Capenna: l'alunna più dotta, l'amica più cara a Speranza. "

        "Ma bene... ma bene... ma bene... " - diceva gesuitico e tardo
        lo Zio di molto riguardo - "Ma bene... ma bene... ma bene...

        Capenna? Conobbi un Arturo Capenna... Capenna... Capenna...
        Sicuro! Alla Corte di Vienna! Sicuro... sicuro... sicuro... "

        "Gradiscono un po' di marsala? " "Signora Sorella: magari. "
        E sulle poltrone di gala sedevano in bei conversari.

        "... ma la Brambilla non seppe... - È pingue già per lErnani;
        la Scala non ha più soprani... - Che vena quel Verdi... Giuseppe!...

        "... nel marzo avremo un lavoro - alla Fenice, m'han detto -
        nuovissimo: il Rigoletto; si parla d'un capolavoro. -

        "... azzurri si portano o grigi? - E questi orecchini! Che bei
        rubini! E questi cammei?... La gran novità di Parigi...

        "... Radetzki? Ma che! L'armistizio... la pace, la pace che regna...
        Quel giovine Re di Sardegna è uomo di molto giudizio! -

        "È certo uno spirito insonne... -... è forte e vigile e scaltro.
        "È bello? - Non bello: tutt'altro... - Gli piacciono molto le donne...

        "Speranza! " (chinavansi piano, in tono un po' sibillino)
        "Carlotta! Scendete in giardino: andate a giuocare al volano! "

        Allora le amiche serene lasciavano con un perfetto
        inchino di molto rispetto gli Zii molto dabbene.

        Oimè! Ché giocando, un volano, troppo respinto all'assalto,
        non più ridiscese dall'alto dei rami d'un ippocastano!

        S'inchinano sui balaustri le amiche e guardano il Lago,
        sognando l'amore presago nei loro bei sogni trilustri.

        "... se tu vedessi che bei denti! - Quant'anni? - Vent'otto.
        - Poeta? Frequenta il salotto della Contessa Maffei! "

        Non vuole morire, non langue il giorno. S'accende più ancora
        di porpora: come un'aurora stigmatizzata si sangue;

        si spenge infine, ma lento. I monti s'abbrunano in coro:
        il Sole si sveste dell'oro, la Luna si veste d'argento.

        Romantica Luna fra un nimbo leggero, che baci le chiome
        dei pioppi arcata siccome un sopracciglio di bimbo,

        il sogno di tutto un passato nella tua curva s'accampa:
        non sorta sei da una stampa del Novelliere Illustrato?

        Vedesti le case deserte di Parisina la bella
        non forse? Non forse sei quella amata dal giovane Werther?

        "... Mah!... Sogni di là da venire. - Il Lago s'è fatto più denso
        di stelle -... che pensi?... - Non penso... - Ti piacerebbe morire?

        "Sì! - Pare che il cielo riveli più stelle nell'acqua e più lustri.
        Inchìnati sui balaustri: sognano così fra due cieli...

        "Son come sospesa: mi libro nell'alto!... - Conosce Mazzini...
        - E l'ami? - Che versi divini!... Fu lui a donarmi quel libro,

        ricordi? Che narra siccome amando senza fortuna
        un tale si uccida per una: per una che aveva il mio nome. "

        Carlotta! Nome non fine, ma dolce! Che come l'essenze
        risusciti le diligenze, lo scialle, le crinoline...

        O amica di Nonna conosco le aiuole per ove leggesti
        i casi di Jacopo mesti nel tenero libro del Foscolo.

        Ti fisso nell'albo con tanta tristezza, ov'è di tuo pugno
        la data: vent'otto di Giugno del mille ottocento cinquanta.

        Stai come rapita in un cantico; lo sguardo al cielo profondo,
        e l'indice al labbro, secondo l'atteggiamento romantico.

        Quel giorno - malinconia! - vestivi un abito rosa
        per farti - novissima cosa! - ritrarre in fotografia...

        Ma te non rivedo nel fiore, o amica di Nonna! Ove sei
        o sola che - forse - potrei amare, amare d'amore?
        Guido Gozzano
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          Scritta da: Silvana Stremiz

          La medicina

          Non so che triste affanno mi consumi:
          sono malato e nei miei dì peggiori...
          Tra i balaustri il mar scintilla fuori
          la zona dei palmeti e degli agrumi.

          Ah! Se voi foste qui, tra questi fiori,
          amica! O bella voce tra i profumi!
          Se recaste con voi tutti i volumi
          di tutti i nostri dolci ingannatori!

          Mi direste il Congedo, oppur la Morte
          del cervo, oppure la Sementa... E queste
          bellezze, più che l'aria e più che il sole,

          mi farebbero ancora sano e forte!
          E guarirei: Voi mi risanereste
          con la grande virtù delle parole!
          Guido Gozzano
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            Scritta da: Silvana Stremiz

            L'inganno

            Primavera non è che s'avventuri
            un'altra volta e cinga di tripudi
            un'altra volta i rami seminudi,
            tutti raggiando questi cieli puri?

            Madre Terra, sei tu che trasfiguri
            la vigilia dei giorni foschi e crudi?
            O Madre Terra buona, tu che illudi
            fino all'ultimo giorno i morituri!

            Essi non piangono la sentenza amara.
            Domani si morrà. Che importa? Oggi
            sorride il colco tra le stoppie invalide...

            Tutto muore con gioia (Impara! Impara! )
            E forse ancora s'apre contro i poggi
            l'ultimo fiore e l'ultima crisalide.
            Guido Gozzano
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              Scritta da: Silvana Stremiz

              L'onesto rifiuto

              Un mio gioco di sillabe t'illuse.
              Tu verrai nella mia casa deserta:
              lo stuolo accrescerai delle deluse.
              So che sei bella e folle nell'offerta
              di te. Te stessa, bella preda certa,
              già quasi m'offri nelle palme schiuse.

              Ma prima di conoscerti, con gesto
              franco t'arresto sulle soglie, amica,
              e ti rifiuto come una mendica.
              Non sono lui, non sono lui! Sì, questo
              voglio gridarti nel rifiuto onesto,
              perché più tardi tu non maledica.

              Non sono lui! Non quello che t'appaio,
              quello che sogni spirito fraterno!
              Sotto il verso che sai, tenero e gaio,
              arido è il cuore, stridulo di scherno
              come siliqua stridula d'inverno,
              vota di semi, pendula al rovaio...

              Per te serbare immune da pensieri
              bassi, la coscienza ti congeda
              onestamente, in versi più sinceri...
              Ma (tu sei bella) fa ch'io non ti veda:
              il desiderio della bella preda
              mentirebbe l'amore che tu speri.

              Non posso amare, Illusa! Non ho amato
              mai! Questa è la sciagura che nascondo.
              Triste cercai l'amore per il mondo,
              triste pellegrinai pel mio passato,
              vizioso fanciullo viziato,
              sull'orme del piacere vagabondo...

              Ah! Non volgere i tuoi piccoli piedi
              verso l'anima buia di chi tace!
              Non mi tentare, pallida seguace!...
              Pel tuo sogno, pel sogno che ti diedi,
              non son colui, non son colui che credi!

              Curiosa di me, lasciami in pace!
              Guido Gozzano
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