Le migliori poesie di Davide Bidin

Studente, nato lunedì 23 luglio 1990 a Milano (Italia)
Questo autore lo trovi anche in Frasi & Aforismi e in Racconti.

Scritta da: Davide Bidin

Ho capito ascoltando un "Folle"

Ci son persone che dicono di essere
incomprese.
persone alle quali
se chiedi
chi sono
cosa fanno
cosa vogliono
non sanno far altro che sottolineare la loro
"non appartenenza"
al resto degli altri.
hanno quel briciolo di
genialità
in più
rispetto alla gente
quella minima manciata di dubbio
che li rende pretendenti di una coscienza maggiore.
non si rendon conto
che ogni essere umano ha dubbi
chi più, chi meno
chi importanti, chi effimeri
ma tutti
hanno dubbi.
Trasformano l'aver quesiti,
la loro
"non appartenenza"
nell'unica certezza
e ci si aggrapano saldi
si adagiano, per meglio dire
credendo che quel briciolo di follia maggiore
li renda speciali.
usano questa mistificazione come fosse la loro unica
fede
ma per uscire da quel bozzolo
e tramutarsi
occorre concepire che, quella
certezza,
è la più grande
cazzata
che possa esistere.
non è tanto la domanda che conta
ma
la miriade di risposte che devi cercare
che devi scavare
dentro di te
per farle affiorare
e crescere
ciò che rende te.
Non v'è nulla di certo
le convinzioni
le illusioni
le pecche e
le ragioni
ma nulla è peggiore
di un uomo
che si crede superiore degli altri
nell'accondiscendenza che esso semina.
In un marcescente paternalismo
egli
non accetta neanche
se stesso.
Davide Bidin
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    Scritta da: Davide Bidin

    Ciò che mi resta è la Fede

    Si ammassano
    sempre maggiore è il loro delirio
    Cinici
    Burattini
    ammettono tutte le debolezze
    in special modo quelle degli altri
    sono perfetti nella critica dell'umanità intera
    nel dire come siam usciti dal brodo primordiale
    per poi ritrasformarci nella merda di partenza
    ma solo loro
    e loro soltanto
    sono d'esempio
    se non "addirittura"
    salvabili
    quasi fossero inumani
    Tutti gli altri son sciocchi ominidi senza speranza
    o troppo stupidi per capire il buongoverno
    o troppo stolti per proteggere un ecosistema
    o troppo conservatori per fare un passo avanti
    e allora
    allora
    questa folla di additatori
    queste mani dall'indice luciferino
    si permettono il vizio di massacrare anche la fede
    Non la fede dei ciechi
    delle superstizioni
    o quella di coloro che hanno qualcosa
    da nascondere
    da mantenere
    ma la vera fede
    la fede nella speranza che dietro ogni persona possa esserci
    un amico
    Nessuno pare salvabile per questa marea nera che trova,
    nell'ignorante,
    massificatore,
    intollerante e irrazionale,
    discorso logorroico,
    l'unico motivo di dar ragione a qualcuno
    di porgere un minimo di fiducia in uno specchio
    e nulla più
    Al contrario
    La fede, per chi sa accettarla
    e comprenderla
    non è nient'altro della speranza statistica
    che in mezzo a nove persone che non ti sanno ascoltare
    una che ti capisce è presente
    La probabilità che quello che dici
    o scrivi
    non sia solo tempo sprecato
    ma materiale da trasformare
    in qualcosa di grande
    ben più importante del principio da cui è scaturito
    Un briciolo
    Una scintilla vivente.
    Davide Bidin
    Composta mercoledì 20 ottobre 2010
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      Scritta da: Davide Bidin

      A Nostra Signora della Malattia

      Nostra signora dellà Malattia
      Noi ti preghiamo
      Possa la tua forza contundermi
      Possa il tuo spettro possedermi
      e la tua volontà affliggermi

      Nostra signora dellà Malattia
      Noi ti invochiamo
      Giacenti in confortevoli letti
      Nella gelida penitente nausea
      Nell'atroce palpitante febbre

      Poiché sappiamo
      Cosa si prova a sentirti viva
      Mentre noi moriamo

      Malattia
      Che di noi ti nutri
      Che con noi giochi

      Possa una volta conclusasi l'opra tua
      Piangere lacrime di sangue
      Come hai fatto a noi uscire
      Nell'amare le tue spoglie stupranti

      Possa tu stessa provare,
      Quando non ci sarà più vita alcuna,
      Quando ogni gemma essiccherà
      La croce dell'inutilità.
      Davide Bidin
      Composta giovedì 2 luglio 2009
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        Scritta da: Davide Bidin

        Visione del Mare di un Morto Vivente

        D'innanzi al mare
        Oscuro il sentore
        Lo scrosciare vicino
        Sento onde ammazzare
        Il vento, il movimento
        Nient'altro ch'èl mare

        Ammiro nella notte
        Nella tenebra palpitante
        Nell'oscurità sconfortante
        Un folleto che mortifica
        l'uomo, l'esistenza
        Il rimasuglio dell'essenza

        Ammiro lontano
        Sopra questo scoglio
        Ove son seduto
        Lontano a men due passi
        l'acqua che dall'onde
        Scroscia sopra me

        Guardo
        Il nero sentiero
        Il muro che cela
        Nient'altro
        Che nero
        Nero Nulla, Nero Niente

        Indifferente luna
        Guarda sopra le nubi
        Tra esse mentre si diradono
        Mostrando strade di luce
        Il tondo diritambo
        Il sacro rumore di dubbi dell'imo

        La stesa accecante
        Di Buio e'tenebra
        Di splendore d'acqua vitrea
        Che non avvisa
        Non spiega né avvera
        Non significa

        Intanto il mio corpo
        Si culla
        In mare
        Nel mare
        Dal mare
        Per niente.
        Davide Bidin
        Composta mercoledì 24 febbraio 2010
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          Scritta da: Davide Bidin

          Fregatene del mondo

          Ma se davvero
          l'unica cosa che per te conta
          è l'indifferenza
          il fregartene della gente
          il disinteresse del tutto
          dimmi
          perché dici quest'accozzaglia di cazzate
          che non è tuo interesse far sapere agli altri?
          Perché desideri che chiunque sappia
          quanto sei patetico?
          Piccolo, immaturo, bambolo di peltro,
          piagnisteo antropomorfico
          zittisci le tue lacrime
          tornatene nell'angolo a prendertela
          col la tua inutilità
          e non seminare intolleranza
          verso il cambiamento.
          Se proprio vuoi essere d'aiuto
          impiccati
          è meglio lasciarsi fottere dal mondo
          che interessarsi
          anche per un solo, ameno istante,
          di te.
          Davide Bidin
          Composta domenica 5 giugno 2011
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            Scritta da: Davide Bidin

            Sudore Intollerante

            Viver tra la folla
            mentre intorno gente che non conosci
            alita pestilenti grugniti
            le vecchie del paese
            che battibeccano di morti, malattie e pioggia
            bambini latranti che stridono
            genitori ebbri di noia sordida
            l'imbianchino sui soppalchi che vernicia la casa
            e fischietta
            vigliaccamente fischietta
            e ancora il barista che fa il caffè
            mentre grassi ragazzetti giocano a pallone
            questo casino accerchiante
            di apprensione continua
            concussiva
            un'ansia che sale ed erutta nei tuoi atteggiamenti impacciati
            negli zigomi rialzati
            nelle smorfie di fastidio
            di tolleranza maltenuta
            in un'aritmia fuori scala una sudorazione avvampante
            che peggiora la situazione
            e ancor di più provi fastidio
            gli occhi cagneschi e nascosti
            la mascella si serra, le spalle si allargano
            le mani nelle tasche, il passo cadenzato
            sperando di arrivare
            due ragazzine sedicenni con una camel in mano per coppia di braccia
            le sento parlare
            "ho sentito dire che fumare fa invecchiare la pelle"
            e io rido sommessamente
            pensando e trovando
            per un solo istante
            un breve tratto di tranquillità
            il solo ascoltar le vostre lagnanze da ipocriti mentecatti
            mi porterà alla scarnificazione
            la fine di ogni buon viaggio
            l'Arrivo.
            Davide Bidin
            Composta giovedì 22 luglio 2010
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              Scritta da: Davide Bidin

              Loano in una Sera d'Aprile

              Opaca stazione dei treni
              quanto tempo passato quaggiù
              rumore di ganci e di stretti
              tortura di fibra morale
              veder le persone partire
              e poi rivederle arrivare
              mentre sole nel vento disperdi
              sentimenti che io ho sognato
              e che tutt'oggi giocano ancora
              con la memoria
              di un bimbo cieco
              che il tempo ha passato tutt'ora
              a cercare un vivere lieto
              ad apprezzare un abbraccio, un saluto
              un caffè, un dolce sorriso.
              il bacio affettuoso
              e una camminata poi
              verso il mare
              mentre la pace a stento trattieni
              ed è ancora quel ghigno falsato
              nell'attesa e nella venuta
              che infine l'uomo ha creato
              in questa fragile vita
              scoprire un amico arrivare
              sentire il calore del ghiaccio
              un peso, poi, sopportare
              quando il bruciore si disfa d'un tratto
              quindi rivedere passare
              quella carrozza tanto desiderata
              eppure adesso esecrare
              quel rapimento
              immutevole e muto
              che ti ha fatto accettare
              il dubbio di essere solo
              il treno deruba e regala
              principio di gloria e ragione
              di una mezz'ora
              che può essere disperazione
              o tensione.
              Davide Bidin
              Composta sabato 14 maggio 2011
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                Scritta da: Davide Bidin

                Tu, non vuoi leggere questa poesia!

                Non vuoi leggere questa poesia!
                dì la verità
                leggere libri, poesie e racconti è difficile
                preferisci un bel film una canzone da quattro soldi
                o meglio ancora un aforisma.
                Perché estrapolare concetti assurdi
                quando puoi accontentarti di
                una supposta di saccenteria?
                Perché, perdere ore ed ore
                concependo cosa pensa un'altro individuo
                quando puoi ingrassare il tuo ego
                in pochi secondi?
                Smagrisci la tua coscienza
                non ne hai bisogno
                elimina il tuo criticismo
                avrai più amici
                cancella ogni analisi
                vivrai sereno
                com'è serena la vita di un quarzo non ancora
                liberato
                dai residui dei tempi passati
                Non vuoi leggere questa poesia?
                Vaffanculo.
                Davide Bidin
                Composta mercoledì 25 maggio 2011
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                  Scritta da: Davide Bidin

                  Roma in un Meriggio di Marzo

                  Sole penetrante sul viso
                  Capelli che s'agitano scossi
                  Il vento accarezza copioso
                  Pallido splendore dagli occhi

                  Roma da un ponte ammirata
                  Tevere che s'agita timido
                  Le onde paonazze nascondono
                  Un caldo segreto

                  Una lucertola tra le sterpi
                  Striscia sibilante al mio passo
                  Corre a celarsi
                  Libera dietro le fronde

                  i gabbiani rumoreggiano in cerca di prede
                  i flutti reclamano l'agognato mare
                  Le macchine al passaggio stridono
                  e io rimango, fisso, a pensare

                  Quante anime han solcato
                  Questo passo che tace
                  Chi s'è costretto, oppur per mero diletto
                  d'innanzi s'è trovato a passare?

                  Io
                  Chi sono per professare
                  Tale immane paura di sereno?
                  Tale baleno?

                  Chi Io
                  Rappresento in questo piano?
                  Son solo l'onda più mesta
                  Che s'infrange pacata

                  Ma accetta la vista
                  Di chi percorrendo il marmo bollente
                  s'è seduto tra la polvere e il saluto
                  a scrivere con penna su foglio

                  t'amo giornata mia così solitaria
                  t'amo attimo di brezza mite
                  e ancora t'amo momento lieto sì raro
                  Di fiume e sterpi chel sereno a me unite

                  Finisco il salasso dal fiume
                  Concludo la riflessione
                  Questo sole calerà come sempre
                  Ma l'impresso resterà come dono

                  Di un Meriggio a Roma di Marzo.
                  Davide Bidin
                  Composta sabato 13 marzo 2010
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                    Scritta da: Davide Bidin

                    La Ballata del Garguille

                    Di marmo, pietra e sogni infranti
                    nel Mardi Gras e comparati annessi
                    osservo l'uomo nell'alba grigia
                    d'un finito sole.
                    Nel carnevale s'intona l'essere,
                    fragoroso, incoerente, protestante,
                    dalla cattedrale scrosto la speranza,
                    l'ode
                    del vento d'occidente.
                    Nuovi sogni, ormai sorti
                    e nuove bombe esplose
                    liberarsi dai passati
                    non è che trovarsene di nuovi
                    e la paura che io imponevo,
                    dalla guglia e dal rosone,
                    appartiene a questa foga
                    indole di negazione.
                    Ma il sogno s'assopisce
                    l'attimo si fa quieto
                    la muta rende carne
                    per lo scheletro marmoreo.
                    Sollevare l'acciarino
                    in un impulso d'autarchia,
                    distogliermi lo sguardo
                    per non fronteggiar più il cielo
                    non ha estromesso le paure
                    né ha cessato il bisogno
                    di un eroe da contemplare
                    nella compiacenza
                    che dà
                    il sogno.
                    La folla cerca nuovi miti
                    a cui delegar la lor morale
                    a cui affidare i principi
                    a cui
                    sembrare.
                    Tenero Gargouille spaventato,
                    soffro in silenzio l'evoluzione
                    che nei molti ha portato
                    illusione d'assoluzione.
                    Il fraintendimento d'esser cresciuti
                    il turbamento di non saper cercare
                    un senso alla vita
                    senza farselo prestare.
                    Meglio l'ebano el mercurio
                    chel banale boccheggiare
                    nel silente plenilunio
                    di chi non sa accettare
                    di chi non vuol porre
                    la domanda assai melensa.
                    Perché io credo d'esser?
                    Di che elemento, voglio composta,
                    la mia
                    esistenza?
                    Davide Bidin
                    Composta lunedì 2 aprile 2012
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