Le migliori poesie di Dario Pautasso

Nato lunedì 19 settembre 1983 a Moncalieri
Questo autore lo trovi anche in Frasi & Aforismi, in Racconti, in Frasi per ogni occasione e in Diario.

Scritta da: Dario Pautasso

Vita dimenticata

Hai sacrificato la tua vita
come un folle
folgorato da elevate
teorie di perfezione
e potere e soldi e successo!

Ma hai mai pensato
a quando sarai là sotto?
Ti porteranno i fiori;
tutti quanti la prima volta,
diranno: - che lavoratore era!
Che persona di gran forza e zelo,
che prodigio dell'economia! -
I volti bassi e grigi.

Te li porteranno in dieci la seconda
e diranno, - che persona orgogliosa era!
Mi sembra abbia fatto molto
nella sua vita precisa e forzata. -
I volti distratti e grigi.

Verrà uno solo la terza
e dirà: - non ricordo chi sei
ma i tuoi fiori son secchi,
posso cambiarteli amico? -
Sul volto un sorriso patetico.

Dopo di che, accontentati
del vento: lui passerà sempre
sulla tua lapide a scalfire un poco
l'epitaffio grondante di
meraviglioso sudore
di una vita dimenticata.
Dario Pautasso
Composta lunedì 27 giugno 2011
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    Scritta da: Dario Pautasso

    Colui che non può amare

    Vieni la notte
    nelle ore più fredde
    e raccontami dell'amore.
    Liberamente raccontami:
    dei tuoi baci silenziosi
    dei nudi corpi e delle bocche
    insaziabili.
    Raccontami nella notte
    che di giorno non ci colga
    la vergogna.
    Raccontami perché io sappia;
    sciogli un poco queste catene
    di paura.
    Io son colui che non può amare.

    Raccontami della pelle umida
    di trepidazione
    degli occhi folli di passione.
    Raccontami di focosi abbracci
    e tenere carezze e audaci parole.
    Sciogli un poco questa corda
    che mi tiene stretto al palo dell'oblio.
    Io son colui che no può amare.

    Quando grande è l'amore
    per un corpo piccolo come il mio,
    per un sorriso così solo.
    Quanto grande è l'amore
    che giace nel tuo sguardo.
    Raccontamelo ora ch'è notte
    che la vergogna non ci colga
    alle luci del primo sole.
    Parlami degli avvalli del corpo
    dei sorrisi maliziosi e del
    delicato suono del piacere.
    Schiudi il fiore che non sa sbocciare
    nel mio ventre tremante.
    Io son colui che non sa amare.
    Dario Pautasso
    Composta sabato 8 giugno 2013
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      Scritta da: Dario Pautasso

      E' l'angoscia

      Se guarderete tra la gente
      vedrete un uomo che non è un uomo.
      È un soffio di fiato che non è fiato.
      È un'ombra.
      Quest'uomo che non è un uomo
      porta il peso di tutte le incomprensioni
      di tutte le esistenze del mondo,
      da sempre:
      è l'angoscia.
      Ha due braccia che sono travi
      e un sorriso che è un pozzo
      dove cadono le espressioni degli altri
      senza lasciare traccia.
      Niente speranze, niente sogni,
      nessun segreto da proteggere;
      il sole è pallido anche a maggio:
      è l'angoscia.

      Quest'uomo stravolge il cosmo
      anche quando questo vuol starsene fermo,
      perché le cose non sono cose
      ma sono non-cose. E la vita non è vita,
      è non-vita.
      Così le stelle si confondono.

      Egli non appartiene alla terra,
      non rientra in nessuna categoria,
      è solo nella sua lotta.
      Non può non essere solo
      perché, solo, lotta contro il se stesso solitario.
      Questo fiato che non è un fiato
      vorrebbe gioire
      ma se lo fa tremano le labbra e smette subito
      e se vuole piangere
      non c'è lacrima che gli bagni la guancia:
      è l'angoscia.

      Quando quest'ombra comprende che è essenziale
      a questo mondo, quando ci crede davvero,
      quando accetta che non può esistere una forza oscura
      che gli stringe le membra e gli affanna la mente
      più forte di lei,
      se questa forza è la somma dei suoi stessi pensieri
      che sono il suo Io,
      quest'ombra smette d'essere ombra,
      smette d'essere fiato,
      smette d'essere uomo.
      È più di un uomo:
      è un uomo che piange
      che ride
      che ama.
      E il sole scalda la pelle.

      Anche le stelle si riorganizzano.
      Dario Pautasso
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        Scritta da: Dario Pautasso

        La tristezza

        La tristezza è il fiore più bello
        che non schiude mai,
        è un passo incerto
        dove tutto è luminoso,
        è un sole primaverile
        sempre velato da nubi sottili.

        La tristezza è il canto di un uccello
        dietro una finestra chiusa,
        è un volto limpido
        che non dice niente,
        è un bacio dato a labbra strette
        che non ricorderai.
        La tristezza è un suono lontano
        che più rincorri
        più s'affievolisce.

        la tristezza è un bimbo
        dagli occhi meravigliosi
        che corre
        da solo.
        Dario Pautasso
        Composta martedì 2 luglio 2013
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          Scritta da: Dario Pautasso

          Melodramma notturno

          Con i tuoi occhi che sembrano mutare
          di colore ad ogni tua espressione
          e quelle mani che io immagino
          sempre tese a cogliere un fiore,
          chissà se dentro soffri un po',
          ogni tanto.

          Con quel tuo incedere incantato
          viziata dai colori delle stagioni:
          mentre parlo ti scopro persa
          ad ammirare una nuvola veloce;
          ti scuoti, poi mi dici: va bene così.
          Chissà se piangi certe notti
          quando il cerchio stringe anche l'anima
          quando la lancetta segna un tempo
          indefinito.

          Con le tue labbra di fragole mature
          e il corpo già teso ad un orizzonte
          che io non riesco a cogliere,
          chissà se talvolta ti senti sola
          se hai paura di quel che non si vede.
          Chissà.

          Un giorno forse me lo dirai
          e sarà più bello sapere
          che non sono troppo lontano,
          che quasi quasi, se allargo le mani,
          posso abbracciarti.
          Dario Pautasso
          Composta martedì 25 settembre 2012
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            Scritta da: Dario Pautasso

            L'ultima volta

            L'ultima volta che ho baciato
            i tuoi occhi ero calmo
            come il suono di un ruscello
            lontano.
            Ero dolce quando già l'onda
            cresceva dentro un cuore
            riarso.
            Avrei voluto che le mani
            continuassero a non tremare
            per carezzarti i fianchi
            ma già il tuono rombava
            incalzante
            nella mia mente.

            L'ultima volta che ho baciato
            i tuoi occhi
            sapevo che il muro
            stava crollando
            eppure il sorriso ci rassicurava:
            piangevi di gioia
            prima del tuono
            prima che l'onda mi sommergesse,
            ancora.

            L'ultima volta che ho baciato
            i tuoi occhi
            ho sfiorato una lacrima
            che innaffiava la tua vita
            così genuina,
            forte: il fiore più bello.

            L'ultima volta
            già le foglie del mio albero
            si staccavano man mano
            lievi ed atroci
            tra il giallo accecante e il rosso dolente
            nella nera pozza
            degli addii.
            Dario Pautasso
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              Scritta da: Dario Pautasso

              Un duetto per uno soltanto

              Lasciai sollevare ogni emozione
              Come un volo di impavidi pulcini
              Ed esse, sicure, si appoggiarono ai miei soffitti
              Nude come semi di girasole
              Bianche come mani fredde.

              Per giorni non seppi che vedere con gli occhi
              Tutto era così oscuro e saggio

              Non provare più nulla - diceva la carogna in sogno
              E ci sarà solo un vulcano di sofferenza -

              Mi chinai a raccogliere un pensiero
              Tra i lacci aggrovigliati delle mie basse maree
              Ad uno ad uno si prestarono ancora tutti
              Ridiscendevano nell'incavo
              Come petali rossi, affocati...
              Chi alla bocca, chi alle mani
              I miei occhi li osservavano
              Le mie narici li fiutavano.

              Rinvenni ricco e tragicamente sconfitto
              Ogni cosa al suo posto
              Dio - urlai. Spegnate tutto questo
              Sollevate la mannaia! -

              Un sole, basso come una stella
              Mi chiamò dalla collina...
              Un secondo.
              E il mio stomaco tornò a torcersi.

              Come da millenni.
              Dario Pautasso
              Composta lunedì 21 dicembre 2015
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                Scritta da: Dario Pautasso

                Temporale estivo

                Da lontano s'insinua
                con piede veloce;
                soltanto più giace, sull'orizzonte,
                ancor
                un abbaglio di luce,

                un tumulto!
                poi delle foglie
                un frusciare,
                un fremer di fronde.
                Dall'alto risponde
                una coltre di scuri colori:
                si scuote la sera.

                Con piede veloce s'insinua:
                in un attimo non c'era,
                poi c'è,
                ansimando forte,
                poi subito quieto,
                fremendo piano
                riparte.
                Sfrega le corde del cielo
                il rigido vento
                con suono di tetro
                lamento.

                S'è spento l'ultimo baglior.

                Una goccia improvvisa
                ne annuncia altre cento:
                s'annacquan i campi
                e le vie
                tra i lampi
                s'incendian fugaci:
                verdi rovi di luce rovente;
                qui uno schianto
                violento,
                là un tonfo più fioco
                altrove spaventa.

                Il pianto si sfoga
                s'accende
                cade
                riprende...

                Poi già è un bruire
                più lieve,
                l'aria greve s'assesta
                si placa la sferza,
                la forza
                del cielo s'appiana.

                La pioggia è lontana:
                schiarisce il penisero,
                ma tutt'attono, più sordo,
                un fremer leggero
                al di là della piana
                n'è il fiero
                ricordo.
                Dario Pautasso
                Composta venerdì 15 febbraio 2013
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                  Scritta da: Dario Pautasso

                  La paura

                  S'insinua attraverso spiragli
                  d'insospettabile leggerezza
                  omicida del genio,
                  della fantasia
                  del sorriso
                  Omicida, la paura.
                  Ci sono vecchi morti di paura
                  da una vita
                  bambini che muoiono di paura
                  tutti i giorni.
                  Il premio di questa nostra società
                  il premio della nostra cristianità
                  la nostra ultima raccomandazione:
                  è la paura.

                  Aggrovigliata alle radici della vita
                  essa sta allerta,
                  insensibile al sole della meraviglia.
                  Aspetta.
                  Silente.
                  Perfetta.
                  Come una lama di coltello
                  come un serpente
                  come una cascata;
                  come la sabbia rovente
                  aspetta miope l'alta marea
                  e spegne gli ardori giocosi
                  spegne le nostre risa
                  spegne le nostre nudità
                  ci copre del manto mesto della follia:
                  è la paura.

                  Ci sono milioni di padri
                  milioni di madri
                  già addestrati ad impugnare
                  il manico del terrore al tuo primo passo,
                  quando ti guardano con gli occhi
                  gravidi di insicurezza
                  quando ti uccidono il primo sorriso
                  per un loro cruccio
                  che non puoi conoscere.
                  E non conoscerai mai.
                  Nuvole scure sull'oceano della libertà.
                  Quando regolano le tue prime avventure
                  con mano ferma
                  e la mente rigida di un vigile urbano.

                  Non sono i padri
                  Non sono le madri
                  loro sono lo strumento, incolpevole.

                  Cercate tra le abitudini
                  cercate nella morale quotidiana
                  cercate dove le labbra scoprono sorrisi
                  di plastica
                  cercate nella Regola.

                  La fonte della paura
                  sta dove non ce n'è traccia.
                  Dove tutto è sepolto
                  sotto metri di impietosa gentilezza.

                  Vogliono figli spaventati
                  e spaventano chi li genera.

                  Così camminiamo tutti i giorni
                  paranoici del niente
                  dimentichi della fiducia
                  dimentichi del respiro caldo
                  dell'affetto
                  dimentichi della giovinezza.

                  Nessun uomo ha scordato
                  la sua sbagliata giovinezza.
                  Tutti gli altri
                  i soldati perfetti
                  li puoi ascoltare piangere
                  solitari
                  tra le mura di una stanza
                  la sera
                  quando il sole cade:
                  è la loro musica di redenzione.
                  Dario Pautasso
                  Composta venerdì 15 marzo 2013
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                    Scritta da: Dario Pautasso

                    Un uomo adulto

                    Mi dissero che era tempo che "mettessi la testa a posto"
                    Che "mi assumessi le mie responsabilità di uomo adulto";
                    come se una persona sola ne avesse qualcuna.
                    Non avevo scelto la loro strada
                    Non ero attratto dal successo
                    Non avevo donne che chiedessero un "amore maturo"
                    Da onorare con mazzi di fiori e brillanti
                    Ad una qualsiasi delle decine di feste che ricorrono nell'anno.
                    Niente figli, nessun ruolo politico, amministrativo, nulla.
                    C'ero io, e i miei quattro amici mezzi ubriaconi
                    E quelle ragazze che non chiedono altro che un po' di compagnia
                    Una volta al mese, un abbraccio forte, di una notte
                    Che valga per molto più.
                    Gente che ti vuole bene, davvero,
                    Anche se non la vedrai mai girarti attorno tutto il giorno
                    Con quell'eterno bisogno di dirti qualcosa, qualunque sia.

                    Avevo un solo paio di scarpe e mi bastavano
                    Nessun abito da cerimonia
                    Non portavo un bell'orologio al polso
                    Scintillante di benessere.
                    Mi son sempre tagliato i capelli da solo
                    Nemmeno poi tanto male,
                    Niente cure di bellezza
                    Niente sessioni di palestra per scaricare il nervoso.
                    Avevo due cani e tre gatti, quelli sì, erano proprio miei.
                    Ma ne ero innamorato, e quando si ama una responsabilità è un piacere.
                    Ogni giorno stavo a guardarli scorrazzare
                    li accarezzavo per ore e loro erano così gioiosi e appagati.
                    Sì, avrei rinunciato alla pasta della miglior etichetta
                    Per assicurargli ancora i loro bocconcini.

                    Ma volevano che "mettessi la testa a posto"
                    Per chi, a che scopo e cosa volesse dire davvero
                    Non l'ho ancora capito.
                    Mi dissero: "comprati una macchina, ti sarà di stimolo"
                    E lo dissero ancora
                    E poi ancora.
                    Infine cedetti.
                    Ne scelsi una nuova, lucida, abbastanza bella.
                    Se dovevo essere responsabile
                    Volevo esserlo con un po' di stile.

                    Oh, sapeste, com'era bello avere la testa già più a posto
                    Con una macchina
                    E una rata da pagare tutti i mesi.
                    Stavo crescendo, stavo diventando adulto.
                    Comprai anche un paio di scarpe nuove
                    E mi misi a lavorare un po'
                    Perché una rata va pagata se si vuol essere responsabili.
                    Scoprii che ogni cosa che facevo in più
                    Ogni mio passo verso la maturità
                    Richiedeva che io producessi di più
                    Lavorassi di più
                    Che più soldi passassero tra le mie mani.
                    Cominciai a lavorare sodo
                    Troppo sodo per uno che ha sempre avuto solo un paio di scarpe
                    E così la sera rincasando, stanco, mi dicevo
                    Ancora due giorni e mi son pagato la rata della macchina.
                    Andavo a dormire pensando che ero ormai davvero maturo
                    Civilizzato.

                    Persi i miei quattro amici mezzi ubriaconi
                    Non avevo più tempo per le nostre ampie chiacchierate
                    E i nostri sogni immensi, eppure così semplici.
                    Conobbi altra gente,
                    di quella col desiderio di apparire sempre irreprensibile
                    mi parlavano della cucina nuova
                    e del tempo
                    e della figlia di quel tale che si sposa
                    e sorridevano sempre
                    come chi si trascina in faccia una perenne menzogna.

                    Persi le ragazze che dormivano con me
                    quelle che amavo per una notte sola
                    e molto più.
                    Non avevo più la forza di stare una notte intera sveglio dentro un abbraccio.

                    Conobbi altre donne, alcune molto serie,
                    Sempre nervose,
                    Sempre con qualcosa di urgentissimo da portare a termine
                    Con un lamento sempre penzolante dalla lingua
                    Come un bisogno fisiologico.
                    E parlavano così tanto
                    E dicevano così poco.

                    Divenni solo
                    Ma solo veramente
                    Senza amore
                    Con una personalità traballante
                    Senza amici mezzi ubriachi con cui è bello parlare.

                    Ero solo e responsabile
                    Anche il mio conto in banca parlava di maturità
                    E la gente che incontravo per la strada
                    Mi sorrideva forte e diceva
                    "come sei cambiato, che bell'aspetto,
                    si vede che hai messo la testa a posto".

                    Anche i miei animali divennero troppo impegnativi:
                    Avevo così poco tempo!
                    Mi parvero invecchiati di molto
                    E più tristi, più lenti, molli.
                    Gli vuotavo mezza scatola di umido in una ciotola
                    E li lasciavo nella loro solitudine
                    Mentre io mi rifugiavo nella mia.
                    Divenni civilizzato.
                    Così.

                    Un giorno acquistai un bell'abito per un matrimonio
                    Di un tale, non so bene chi fosse,
                    E per tutto il tempo del pranzo parlai
                    Conpersone eleganti e perfettamente mature
                    Di quella gente che non ha voglia di far niente
                    Che non si prende le sue responsabilità
                    Di quelli eterni bambinoni che
                    Finiscono sempre in qualche pasticcio
                    E poi si aspettano che qualcuno li tiri fuori.
                    Ah!...

                    Tutti annuivano e ridevano fragorosamente.
                    Io con loro.
                    Eravamo tutti compiaciuti.

                    Poi andai a casa
                    Solo
                    Io e il mio bel vestito.
                    Vuotai mezza scatola di umido ai miei animali
                    Invecchiati.
                    E andai a dormire.
                    Dario Pautasso
                    Composta giovedì 28 marzo 2013
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