Scritta da: Silvana Stremiz

Vulcanismo

Non c'è bocca che parli,
non c'è emozione alcuna che trapeli,
traspaia da volti ormai freddi,
non c'è vita negli occhi
né altro che scomponga lo stato immoto.
Cupola di ghiaccio avvolge le mura
lasciandole morire crepa su crepa.
Cupa implosione di eventi ormai logori,
di rancori saturi e speranze ultime
lancia scintille su corpi vaganti,
trascinantisi come zombie al di là della morte,
con fatica, con le spalle alla vita.
Tutto è rinuncia sotto il peso del mondo,
tutto è rancore sotto il peso degli anni.
Curare non si può le grandi ferite
traboccanti di sangue e polveri infette,
mutare non si può ciò che si fa duro nel tempo
e che trova quiete nel gratuito silenzio,
trova la morte in spropositate reazioni
che alimentano nell'ombra
il vomitare di un vulcano mai spento.
Anonimo
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    Scritta da: Silvana Stremiz
    A un gabbiano sulla scogliera
    Quante spiagge sfiorano assenti
    i tuoi passi più fragili della rena
    nei mattini ancora ebbri di sensazioni
    e delle braci di qualche tardivo falò
    nelle lunghe estati chiassose...

    chi le conta più?

    Giocoso gabbiano colore del sale
    tu rammenti tutte queste feste pazze
    le lunghe danze le onde placide
    che van domando le melodie
    i tuoi occhi a sognare da lontano...

    un giorno speciale.

    Quante volte sei scappato lassù al faro
    che da tanti anni ti dà rifugio
    spalancando lo sguardo a quei racconti
    intrisi d'acque chiare e terre magiche
    che i tuoi amici hanno sorvolato...

    ed intanto sogni.

    Sogni di trovare l'isola meravigliosa
    che ti attende oltre il litorale natio
    la intravedi nello splendore dell'alba
    mentre assapori sulla battigia
    la mistura di scrosci e di silenzi...

    il blu dei mari ascoltati.

    I pensieri sorpassano il tempo
    e tu allora voli verso la scogliera
    lungo quel filo di vaga angoscia
    che già lega giorno e assenza d'ombre
    e là nel grigio il pianto si sperde nel vento...

    le tue lacrime dolci nel mare.

    Ma quando la spaventosa burrasca
    ha sciolto le mura dell'ultimo castello
    aspetta la calma e corri sulla spiaggia
    cerca fra le alghe sparpagliate dalle correnti
    sulla riva il tuo tesoro o nel cielo...

    un raggio verde una stella.
    Anonimo
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      Scritta da: Silvana Stremiz

      Il sogno che mi resta

      Oh, i miei sogni!
      Erano come fiori finti che nascondevo
      sotto l'erba del mio giardino
      già fradicia di pioggia e li dimenticavo.
      Erano così pochi i fiori veri
      e non li distinguevo,
      li confondevo sempre con i sogni.

      Ora che il tempo avanza inesorabile
      come la macchina che trebbia il grano
      e sferraglia senza pietà,
      no, io non potrò sognare!

      Raccoglierò i miei sogni
      come fiori di carta sgualciti e impolverati
      e li chiuderò nel cassetto più nascosto.
      Butterò la chiave per non aprirlo.

      E tu sai che ne terrò soltanto uno,
      dei miei sogni: questo amore.
      Io non vorrò sapere, non m'importa
      di capire se il sogno che mi resta
      è un fiore o un coriandolo di carta.
      Sarà soltanto quello che puoi darmi.

      Io curerò il mio amore
      come un vaso di viole,
      lo innaffierò con l'acqua del mio pozzo;
      solamente il tuo sole lo farà fiorire.
      Anonimo
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        Scritta da: Silvana Stremiz

        Nella nebbia

        Immerso nella nebbia apro le braccia
        e procedo a tentoni, brancolando.
        Dove sei, amore? Io non trovo
        la strada che conduce alla tua casa
        e non odo la tua voce che mi chiama.
        Perché non hai appeso una lanterna alla tua porta?

        Vago da solo in questa notte fredda, incespicando
        nei binari del tram, e mi accompagna
        il latrato di un cane.
        Ormai è tardi ed io non so sperare
        che tu mi stia aspettando ancora,
        come facevi una volta.

        Disorientato vado percorrendo
        strade dissestate che non conosco,
        per venire da te; ma forse giro
        sempre attorno allo stesso isolato di case.
        Non so se mi avvicino o mi allontano.

        E soltanto questo freddo pungente,
        che penetra nelle ossa e mi raggela
        le mani e i piedi, mi ricorda
        che sono vivo.

        Forse sarà così la morte
        che ha da venire,
        come un mantello di nebbia che ci avvolge;
        e spariranno i contorni delle cose
        e non udremo più le voci amate.

        Ma non avrò l'angoscia di cercarti.
        Anonimo
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          Scritta da: Silvana Stremiz

          Io non soffocherò il mio amore

          Io non soffocherò il mio amore.
          Non ti chiederò nulla
          e accetterò soltanto quello che puoi darmi.
          Come un lupo assetato
          berrò l'acqua raccolta nei tuoi palmi
          e se vuote saranno le tue mani
          non devi fartene una colpa,
          avrò almeno la felicità di amarti.

          Gli ingranaggi ruotano impazziti
          con fragore assordante
          a la lancetta dell'orologio gira
          a scandire il tempo breve che mi resta.

          Ma questa volta io saprò distruggere
          la macchina che stritola i miei sogni.
          Anonimo
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            Scritta da: Silvana Stremiz

            Poeti di paese

            La gente non sapeva che il maestro
            Bottarelli, che tutte le mattine
            puntuale prendeva la corriera,
            timido e solo, con le lenti spesse
            e la sua cartella piena di libri,
            fosse un delicatissimo poeta.

            Dal suo cuore
            celato in un misero corpo
            sgorgavano versi limpidi e solari
            traboccanti di ricordi fanciulleschi
            e di serene visioni
            di fiori di siepe e di muraglia.

            E nessuno poteva immaginare
            che un geometra folle e taciturno
            giunto alla soglia della sua vecchiezza,
            incipiendo la demenza senile,
            traumatizzato da un logico abbandono
            esprimesse con versi angosciosi
            la sua solitudine
            e l'amore per una donna.

            Il poeta è una rana
            che ha voce di usignolo.
            Anonimo
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              Scritta da: Silvana Stremiz

              L'addio

              un piccolo bacio e un sorriso
              e un lieve cenno con la mano
              oltre la sbarra che già ci separava

              anche tu lo sapevi,
              piccola Ibi,
              che quello era un addio

              dell'altra donna che ho amato
              non ricordo nemmeno
              l'ultimo saluto

              ora gira la mia valigia
              come la mia vita
              trascinata da un nastro inarrestabile
              e sparirà in un buio bagagliaio.
              Anonimo
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                Scritta da: Silvana Stremiz

                Incubo

                A te mi legava un tenue filo
                mentre t'immergevi negli anfratti
                delle grotte marine popolate
                di strani pesci colorati e di coralli;
                poi mi apparivi sorridente
                fra le onde che ti sommergevano
                e portavi in mano una conchiglia
                contorta che suonava come il mare.

                Oh non andare più, giù nella buia
                spelonca sommersa, figlio mio!
                Tu non lo sai, ma il filo
                esile che guida il tuo ritorno
                è lo stesso che mi lega alla mia vita;
                e basta un nonnulla per spezzarlo.

                Che posso fare io, se questa corda
                che ci unisce è tranciata da una selce?
                Ti sento annaspare e tu ti perdi
                nel buio labirinto; e più non trovi
                l'uscita nascosta che porta in superficie.
                Il respiro ti manca, i tuoi polmoni
                stanno scoppiando e apri la bocca
                ingurgitando acqua salata. Stai morendo.

                Io so che è la tua fine,
                mi tremano le gambe e sento
                che la corda allentata si riavvolge.
                Il sangue mi pulsa nelle tempie,
                non so che cosa fare per salvarti!
                Anonimo
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                  Scritta da: Silvana Stremiz

                  Al mio angelo

                  Fingevo di ammalarmi e tu venivi
                  dal cielo, angelo mio, per consolarmi;
                  mi provavi la febbre e trepidante
                  mi rimboccavi bene le coperte
                  e mi baciavi, lieve, sulla fronte.

                  Di colpo io fingevo di guarire,
                  ti prendevo sul letto e ti baciavo
                  e poi ti penetravo tutta notte.
                  Ma, al primo canto del gallo, tu sparivi.

                  Adesso io mi sento proprio male,
                  la falce della morte mi accarezza
                  e i diavoli stanno attorno al letto
                  aspettando la mia anima dannata.

                  Ti chiamo disperato e tu non senti.
                  Angelo mio, perché tu non mi credi?
                  Io non sono capace di mentire,
                  sto morendo e il mio cuore già non batte.
                  O mio angelo, tu devi venire,
                  hai dimenticato qui le tue ciabatte.
                  Anonimo
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                    Scritta da: Silvana Stremiz

                    Ultima poesia

                    La lebbra ha devastato il tuo bel volto
                    che ora è nascosto da una pezza,
                    ti conosco soltanto dai tuoi occhi
                    miopi che mi guardano con astio.

                    Il tarlo del tempo corrode i miei ricordi
                    e di ciò che mi fu speranza e amore
                    rimane un pugno di cenere amorfa
                    spazzata via dal vento inesorabile.

                    Oh il vento! Porti via anche la polvere
                    del mio corpo corrotto dalla morte,
                    mulinando cancelli ogni mia traccia.
                    Di me più non rimanga nulla.

                    Soltanto quando avrai dimenticato
                    la mia bocca piena di vermi,
                    tu riderai fuggendo il mio ricordo
                    fastidioso come insetto da schiacciare.
                    Anonimo
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