L'essere è sé. Ciò significa che non è né attività né passività. Non si può tuttavia dirlo "immanente a se stesso", perché l'immanenza è sempre un rapporto a se stesso. Ma l'essere non è rapporto a se stesso, è invece se stesso. Riassumeremo tutto questo dicendo che l'essere è in sé. Che l'essere sia in sé significa che esso non rinvia a sé, come fa la coscienza di sé: questo sé esso lo è. In realtà, l'essere è opaco a se stesso e lo è perché è pieno di se stesso. È ciò che diremo meglio affermando che l'essere è ciò che è. L'essere è, l'essere è in sé, l'essere è ciò che è. Ecco i tre caratteri che l'esame provvisorio del fenomeno d'essere ci permette di attribuire all'essere del fenomeno.
Ieri sera ho visto alcuni filosofi, al mercato, che portavano in giro le loro teste in canestri mentre gridavano con forza: "Saggezza! Vendiamo saggezza!". Poveri filosofi! Devono necessariamente vendere le loro teste per nutrire i loro cuori.
Tutti i termini filosofici sono metafore, analogie, per così dire congelate, il cui significato autentico si dischiude quando la parola sia riportata al contesto d'origine, certo presente in modo vivido e intenso alla mente del primo filosofo che la impiegò.
I Tarocchi sono una macchina filosofica, che evita alla mente di divagare, pur lasciandole iniziativa e libertà; si tratta di matematica applicata all'assoluto, l'unione di ciò che è logico con ciò che è ideale, come una combinazione di pensieri esatti tanto quanto i numeri, forse la concezione più semplice e più grande del genio umano.
Se non avessimo mai veduto le stelle, e il sole, e il cielo, nessuna delle parole che abbiamo detto sull'universo sarebbe stata mai pronunciata. Ma ora la visione del giorno e della notte, e dei mesi e dell'evolvere degli anni, ha creato il numero, e ci ha dato una concezione del tempo e il potere di indagare sulla natura dell'universo; e da questa sorgente abbiamo tratto la filosofia, di cui un bene maggiore non fu e non sarà mai donato dagli dei all'uomo mortale.