Scritta da: Ciro Orsi

Quanto è grande l'infinito

Passaggi di luce tra i lobi
nello spazio ristretto
d'un guscio di noce
disegnano spazi infiniti
dell'universo virtuale
che è in te.
Il fascino del numero
ti aiuta a volare
su ali dii cera
nell'utopia
dell'infinito matematico
finché la logica ti porta
al punto di massima caduta..
È un osso duro l'infinito
nasconde paradossi
da far beffa all'evidenza,
come quello di Zenone
sul piè veloce Achille
che non può superare
la più lenta tartaruga.
Nasconde misteri l'infinito
che la logica
non sa risolvere,
devi fermarti là
ad un passo dall'abisso,
ma Cantor non lo sapeva
e sprofondò nella follia
senza sapere
quanto è grande l'infinito.
Composta venerdì 10 maggio 2013
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    Scritta da: Ciro Orsi

    A Merlino

    Erano nati nel giardino dei vicini
    da Iside
    una vispa gattina bianca e nera
    cui dava più diletto il gioco
    che la cura della prole
    e infatti presto
    i due micetti si trovarono
    a dover sbrigarsela da soli
    perché di Iside
    si persero le tracce.
    Merlino era tutto nero
    con una stella bianca
    in mezzo al petto
    e prese a frequentare
    il mio giardino
    ma sempre
    con molta discrezione
    tanto era diffidente e timido,
    mi osservava da lontano
    prendeva confidenza
    poco a poco
    finché in cuor suo
    fu certo di avermi conquistato,
    da quel giorno
    decise che gli appartenevo
    insieme a tutto il resto
    ed io mi illusi
    che Merlino fosse mio.
    Ebbe ogni attenzione
    per sentirsi a proprio agio
    una casetta di legno
    calda per l'inverno
    varietà di pasti
    da leccarsi i baffi,
    un ampio territorio d'avventure
    e un mondo di affetto
    dalla nuova famiglia
    di adozione.
    Lancillotto era bianco e nero
    un tipo sveglio e pratico
    ed in cuor suo apprezzò
    l'uscita volontaria del fratello
    dallo stesso territorio
    della famiglia dei vicini.
    Lui restò di là senza rivali
    e quando lo voleva
    poteva fare visita al fratello
    e viceversa per Merlino,
    cosa chiedere di più
    dalla vita per un gatto?
    Lancillotto era sfacciato
    Merlino era discreto
    Lancillotto era vorace
    Merlino era remissivo
    Lancillotto era curioso
    Merlino era pensieroso
    Lancillotto era prepotente
    Merlino era prudente.
    Merlino seguiva la vita
    restando un passo indietro,
    aveva timore di lasciarsi andare
    stava sul chi vive
    voleva tanto affetto
    per pareggiare il debito
    impresso nel suo DNA,
    ma sapeva che il conto
    gli era costato caro.
    Lancillotto era un tipo
    assai diverso
    spavaldo e strafottente
    cercava l'avventura
    e non badava al rischio.
    Quando si ammalò
    senza speranza di guarire
    d'un morbo assai grave
    che può capitare
    ai gatti avventurosi
    non fui meravigliato
    più del dispiacere
    che provai per la sua morte.
    Dopo poco tempo
    Merlino si allontanò da casa
    nella stagione degli amori
    è normale che succeda
    ed infatti era già successo
    tante volte,
    ma questa volta, purtroppo,
    non tornò mai più.
    Merlino mi appartieni davvero
    non è stata un'illusione
    tenerti sulle gambe
    sentire il tuo ronfare sornione
    seguire i tuoi passi silenziosi
    osservare i tuoi sonni beati
    guardarti negli occhi
    per leggerne l'anima,
    godere della tua nobile bellezza
    ogni volta che accendo
    il mio computer
    o apro il mio telefonino.
    Composta martedì 7 maggio 2013
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      Scritta da: Ciro Orsi

      Passi leggeri sulla terra

      Il mito della crescita per tutti
      detta gli stili di vita
      di minoranze dominanti
      e dilaga per il pianeta
      addensando all'orizzonte
      nubi di tragedie per l'umanità
      in tempi certi e prossimi
      da contare in unità
      di lustri su una mano.
      Emissioni di gas serra,
      utilizzo dell'acqua,
      utilizzo del territorio,
      inquinqmento dell'aria,
      inquinamento dell'acqua,
      rifiuti.
      La Terra è una.
      Le sue risorse sono limitate
      a questa Terra.
      Non esiste un'altra terra
      di riserva,
      abbiamo solo questa,
      è un po' malconcia certo
      ma è ancora nell'età dell'olocene
      e l'homo sapiens
      è la sua massima creatura
      capace di tutto è vero
      anche di distruggere
      se stesso
      vagheggiando quest'ultima utopia
      dello sviluppo scellerato
      che porta dritto
      all'antropocene.
      Un riflesso antropologico
      della banalità del male
      che spinge le balene
      a cercar la morte
      su spiagge desolate
      per fuggire da un'altra morte
      temuta dai veleni
      versati in fondo al mare.
      Passi leggeri sulla terra
      se vogliamo sentire
      il suo respiro.
      Composta giovedì 2 maggio 2013
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        Scritta da: Ciro Orsi

        Scarpe fatte a mano

        Mio padre lavorava
        nell'industria della concia
        e come beneficio
        godeva della fornitura
        dei suoi materiali
        a prezzi molto ribassati,
        perciò poteva consentirsi
        di far confezionare
        calzature fatte a mano
        fornendo suole e pelli
        della prima scelta
        all'esperto artigiano di famiglia
        che quasi ogni mese
        frequentava la nostra casa
        o per fornire delle scarpe nuove
        o per riparare quelle 'usate.
        E così tre o quattro volte l'anno
        don Alberto arrivava
        dopo cena
        e passava in rassegna
        i piedi di tutta la famiglia
        misurandone ogni cambiamento
        con un piccolo metro tipo sarto
        e in più per noi ragazzi
        prendeva anche il contorno
        d'un piede ben piantato
        sopra un cartoncino
        disegnato con un mozzicone
        di matita nera
        che teneva poggiata
        sull'orecchio destro.
        Nostra sorella primogenita
        a diciott'anni
        ottenne di potersi rifornire
        presso un negozio
        per seguir la moda
        ma per noi maschi
        e per tutti gli altri
        solo scarpe fatte a mano.
        I nostri piedi crescevano
        come le piante
        ad ogni cambio di stagione
        ma don Alberto sapeva
        che i suoi compensi
        non sarebbero variati
        e già sudava freddo
        al pensiero della trattativa
        finale con mio padre
        per definire un importo complessivo
        e poi per dividerlo in valori
        una parte in contanti
        e una parte in natura,
        pelli d'agnello o di capretto
        o di vitello di gran pregio
        su cui il brav'uomo
        contava di lucrare
        un margine ulteriore
        vendendo i suoi servizi
        a qualche cliente più facoltoso
        o di famiglia meno numerosa
        e che non beneficiasse
        della fornitura delle materie prime.
        Composta sabato 27 aprile 2013
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          Scritta da: Ciro Orsi

          Fili d'argento

          Nel tuo viso era rimasto
          quel tondo di fanciulla
          dagli occhi neri grandi
          e dalla lunghe trecce nere
          raccolte dietro al collo
          che mostravi orgogliosa
          quando giocavamo
          a riguardare
          le vecchie foto di famiglia
          conservate nella cassetta
          di legno dello stock
          da chissà quanti anni.
          Non c'era nostalgia
          nei tuoi ricordi
          ma un'emozione vera
          nel rimettere in fila
          ad una ad una
          quelle immagini fissate
          nelle foto
          che io tiravo fuori alla rinfusa
          per sentire ogni volta
          il tuo racconto
          come fili d'argento
          con cui tenere insieme
          i vivi e i morti
          passato e futuro,
          persone di famiglia
          e conoscenti
          di cui si è persa traccia,
          santini di defunti conservati
          insieme ai ricordi di famiglia.
          Nel tuo viso vedevo
          tornare il sorriso
          a tuo modo
          mi trasferivi
          la poesia della vita.
          Composta giovedì 25 aprile 2013
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            Scritta da: Ciro Orsi

            Viaggiatori

            Hai scelto la destinazione,
            la classe
            e forse
            il lato del posto a sedere
            al check in.
            Questo basta:
            ora il tuo nome
            è in lista viaggiatori
            sul volo che sta
            per chiamare la partenza.
            All'imbarco ti confondi
            al tuo gruppo di persone
            messe insieme dal caso,
            ognuno perduto
            nei suoi pensieri,
            solitudini in fila
            senza relazioni,
            cerchi un motivo d'interesse,
            se incontri uno sguardo
            puoi forse trovare
            un sorriso fugace
            o uno scambio di opinioni
            senza impegno,
            ma è un labile segno d'empatia
            un'illusoria vicinanza
            che accompagna i viaggiatori.
            Composta mercoledì 24 aprile 2013
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              Scritta da: Ciro Orsi

              Senza fissa dimora

              Siede sulla panchina al sole
              lo sguardo fisso nel vuoto
              nei suoi poveri stracci
              aspetta che si faccia sera
              per andare a ruspare
              nei bidoni dei rifiuti
              come cane randagio
              invisibile ai passanti frettolosi.
              Dorme arrotolato nei cartoni
              tra le colonne e gli archi
              delle gallerie del centro
              tra il guano dei piccioni
              e il fetore immondo
              delle latrine a cielo aperto.
              Si aggira fra di noi
              come un fantasma trasparente
              visto e non visto
              senza identità
              un'illusione di realtà
              che scorre via
              senza lasciare segni
              della sua labile esistenza.
              Se lo sfiori un istante
              e lo guardi negli occhi
              potrai scorgere forse
              un riflesso divino
              della pietà che credevi
              perduta.
              Composta domenica 21 aprile 2013
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                Scritta da: Ciro Orsi

                Bagliori

                Bagliori nel vuoto
                dello spazio-tempo
                dell'universo primordiale
                lasciano tracce di armonie
                divine andate in pezzi
                nel dispotico abisso
                degli eventi:
                come echi di note disperse
                nell'universo
                dal pentagramma della vita.
                La ragione procede
                senza sosta a cercare
                la chiave per entrare
                nel mistero nascosto
                in fondo all'essere
                con formule complesse
                e geometrie sofisticate
                d'incomparabile grandezza,
                ma solo l'arte penetra
                l'essenza della vita
                disvelando l'eterna natura
                dell'esistenza umana.
                Composta domenica 14 aprile 2013
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                  Scritta da: Ciro Orsi

                  2 Agosto 1980

                  Dal centro di Bologna
                  alla stazione ferroviaria
                  il taxi è stato da primato,
                  credevo di non farcela
                  ed eccomi qua
                  mancano solo dodici minuti
                  alla partenza del mio treno
                  e forse faccio in tempo
                  anche a prendere un caffè
                  in piedi al bar interno.
                  All'angolo della stazione
                  dove saluto e ringrazio
                  il giovane tassista bolognese
                  l'orologio sul muro della ferrovia
                  ha le lancette ferme
                  alle 10,25,
                  Il tempo non passa
                  per i morti e i feriti
                  della strage del 2 agosto dell'80.
                  Una mattanza senza senso
                  della compagnia di giro
                  di fascisti del terrore
                  manovali a basso prezzo,
                  mandanti nascosti da segreti
                  di logge altolocate
                  e verità solo cercate
                  ma mai svelate per intero.
                  Il tempo non passa
                  per i morti e i feriti
                  della strage del 2 agosto dell'80.
                  Il grande salone passeggeri
                  era gremito di persone
                  presenti nell'attesa
                  di trovare ciascuno
                  la sua strada
                  per un viaggio sognato
                  verso un luogo di vacanza
                  o solo verso casa lasciata
                  per un lavoro lontano
                  o per un sogno cercato
                  nell'altrove riposto
                  in ogni cuore.
                  Un viaggio è sempre
                  un sogno ad occhi aperti
                  e nella sala d'attesa
                  si respira l'attesa del sogno.
                  Quando il carnefice decide
                  pigia un tasto da lontano, click,
                  un lampo, un gran boato
                  e parte la sequenza del terrore,
                  la stazione di Bologna
                  ridotta in un cumulo
                  di morti, feriti, macerie,
                  una nube di polvere
                  dall'acre sapore di tritolo.
                  85 persone d'ogni età
                  spezzoni di famiglie
                  passati dal sogno della vita
                  alla morte per strage,
                  eroi per caso,
                  bambini, giovani, anziani,
                  uomini e donne
                  strappati in un istante
                  d'inimmaginabile terrore
                  al loro quotidiano vivere.
                  Gli occhi dei passeggeri
                  scorrono la lista
                  dei loro nomi
                  sulla stele di marmo
                  a ricordo del loro
                  sacrificio involontario.
                  Altre 200 persone sopravvissero
                  con grande strazio
                  dei loro corpi martoriati
                  da ferite che il tempo
                  non sempre guarisce.
                  Il treno è in arrivo al binario 3
                  mi affretto mescolandomi
                  agli altri viaggiatori
                  mentre dal fondo della sala
                  il sax tenore d'un artista di strada
                  diffonde le note inconfondibili
                  di Hey Jude.
                  Mi ritornano alla mente
                  dei versi di quella canzone
                  "Hey Jude, non peggiorare le cose:
                  prendi una canzone triste e rendila migliore.
                  Ricordati di lasciarla nel tuo cuore
                  e poi comincia a migliorarla".
                  Trentadue anni sono passati
                  ancora nessuna verità
                  sui segreti coperti
                  di mandanti nell'ombra.
                  È una canzone triste
                  ma da cittadini liberi
                  possiamo cominciare a migliorarla,
                  lasciamo nei nostri cuori
                  il ricordo delle vittime
                  e chiediamo per tutte:
                  giustizia.
                  Composta martedì 9 aprile 2013
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                    Scritta da: Ciro Orsi

                    A mio zio Ciro

                    Nelle gambe sentiva ancora
                    il fremito del mare,
                    sulla terra ferma teneva
                    la postura che i marinai
                    hanno per lunga lena appreso
                    per regger l'equilibrio
                    nelle lunghe crociere
                    in mare aperto..
                    Vestiva di chiaro
                    amava l'aria aperta
                    le magliette fresche bianche
                    di cotone profumate
                    sopra i calzoni a falde larghe.
                    Passava molte ore
                    al suo tavolo di vimini
                    sulla veranda dai bei vetri colorati
                    al piano terra del villino
                    leggeva con passione
                    libri di storia e saggi
                    e teneva sempre sotto mano
                    fogli di appunti fitti fitti
                    per chissà quali ricerche.
                    Si era ammalato in guerra.
                    Nell'estate del quaranta
                    era in missione nel Mar Rosso
                    sul sommergibile Perla:
                    una tragica serie di incidenti
                    mette fuori uso l'impianto
                    di condizionamento dell'aria,
                    la perdita del cloruro di metile
                    provoca l'avvelenamento
                    dell'intero equipaggio,
                    i marinai impazziscono
                    alcuni vengono legati
                    nell'attesa dei soccorsi
                    sono agonizzanti e
                    arenati sul fondo del mare
                    nell'angusto battello
                    per sei lunghissimi giorni.
                    Otto si salvarono.
                    Trentadue lasciarono la vita
                    in quell'angusta scatola di latta.
                    Zio Ciro tornò a casa
                    ridotto come un cencio consumato
                    i polmoni ammalati d'enfisema
                    e l'animo angosciato
                    che solo può provare
                    chi ha fatto quel viaggio
                    nel fondo dell'inferno.
                    Ma la vita è un'energia divina
                    e l'amore per la vita
                    un balsamo che cura
                    le ferite più atroci.
                    A casa c'è la dolce Lina
                    ad aspettarlo a braccia aperte
                    la piccola Luisa,
                    due anni o poco più
                    che già lo chiama "babbo"
                    per affascinarlo,
                    e la mamma e le sorelle
                    e il fratello
                    e i nipoti tanto amati
                    e tutti gli altri parenti
                    vicini e lontani
                    e i tanti e tanti amici
                    che hanno chiesto di lui
                    ed ora vengono a trovarlo
                    per dar coraggio
                    e tirar sù l'umore.
                    Poi il fisico riprende
                    il suo vigore e un nuovo
                    stile di vita lo sostiene
                    pur limitato dalla malattia
                    che la guerra gli ha lasciato.
                    Per me era così zio Ciro
                    lo amavo più di tanto,
                    porto il suo nome in onore suo
                    perché quando son nato,
                    nel quarantacinque, ancora
                    lui soffriva tanto
                    e desiderava tanto avere
                    un altro figlio, un maschio,
                    ma non era posiibile
                    e così gli sembrò forse
                    di volermi bene come un figlio.
                    Aveva il volto chiaro
                    di magrezza familiare
                    le fossette larghe del sorriso
                    gli occhi azzurri
                    come il mare,
                    giocavamo con le carte
                    mentre la zia suonava il piano
                    e Luisa pasticciava coi rossetti
                    e i tacchi a spillo
                    e chiamava il babbo
                    per sapere che ora era;
                    quando eravamo soli
                    preparavo il caffè con la napoletana
                    e lo gustavamo con i pasticcini
                    sul tavolo della cucina.
                    Lo guardavo ed era proprio lui
                    solo un po' più anziano
                    di quel giiovane marinaio
                    che zia Matilde ci raccontava
                    per far sapere come era nato
                    l'amore tra il fratello
                    e sua cognata Lina.
                    Il bel giovane marinaio
                    era in divisa d'ordinanza
                    sulla banchina del porto
                    a rimirare il suo battello in sosta
                    e orgoglioso illustrava
                    alla piccola folla di ospiti curiosi
                    i prodigi nascosti del regio natante
                    e le virtù straordinarie dell'arte marinara
                    ma ogni attenzione sua
                    fu solo per quel volto di donna
                    che si parò davanti
                    e lo incantò con gli occhi languidi
                    ed il sorriso esperto
                    nell'arte del sedurre.
                    Un tonfo al cuore e via:
                    Ciro e Lina
                    varcano quella passerella
                    sul battello dell'amore
                    verso la loro crociera della vita.
                    Composta giovedì 21 marzo 2013
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