Scritto da: Alessandra Tessarin

Diversa


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Da piccola mi chiamavano Olivia o Magrina, lo ero, pochi con tutto il mio nome, troppo lungo. La mamma insisteva nel farmi mangiare, io preferivo giocare e strappare ogni cosa che trovavo. Un giorno, con una piccola forbice lasciata sul tavolo, tagliai i cuscini del divano di casa, ruppi anche le corde della chitarra elettrica dello zio, in mille pezzi i vestitini della bambola di mia sorella maggiore. Io, la monella, ne inventavo una al giorno, con i bimbi in cortile, partite a pallone, a biglie colorate, a soldatini ma non andava bene, le femmine devono giocare tra di loro, niente più cortile. Avevo una bambola, dai capelli lunghi e biondi che chiamai Silvia; aveva un vestitino a scacchetti bianchi e rossi fatto dalla mamma con uno strofinaccio della cucina che non usava più. Con pentoline e piattini rosa, regalati dalla zia, la facevo mangiare mettendoci dentro dei pezzettini della merenda che non mangiavo, prima a lei e dopo, se ne avevo voglia, a me. Alla scuola materna ci andavo contenta, c'erano le suore, portavano il velo e questo non lo capivo. Un giorno mi nascosi nel bagno maschile e guardavo stupita il modo strano in cui loro facevano la ... [segue »]

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    Scritto da: Alessandra Tessarin
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    Un frammento della mia infanzia che ha lasciato un segno.

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