Scritto da: PaulVal

Danang, Vietnam, Gennaio 2015


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Ho iniziato l'anno all'ombra di un mare rabbioso e inospitale, di un color caffè con troppo latte, in un Vietnam centrale spazzato dalla stagione dei monsoni. Pioggia, e poi pioggia, e ancora pioggia: "Tenere in luogo umido", deve esserci scritto sulla ricetta per il Vietnam, perlomeno durante un certo periodo dell'anno...
l'aria era di un grigio occulto, come un nero pallido visto attraverso un bianco sporco, che lentamente si scolorava all'orizzonte fino ad attestarsi su una tonalità tra l'inesistente e l'oblio. Venti di tempesta ululavano rancorosi, in un silenzio assordante di una natura scontrosa e teatrale, manco fosse nostra la colpa di esserne testimoni.
Facendo dell'immobilità la mia meta, osservavo dai margini della spiaggia tutto quel mondo che mi turbinava intorno. Il mare, lagnoso e prevedibile, continuava imperturbabile a recitare i suoi salmi perpetuando così la propria esistenza, idealizzato dai poeti ma incapace di comprendere le passioni, i dolori e le aspettative di noi umani: quanto sarebbe bello se, per ogni mare che ci aspetta, ci fosse un fiume, per noi.
Il mare cancella le orme sulla sabbia, la marea nasconde. È come se non fosse mai passato nessuno, è come se non fossimo mai esistiti. Se c'è un luogo,... [segue »]
Composto venerdì 2 gennaio 2015

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