Scritto da: Mariella Buscemi
Ho aperto l'anima sulle maniglie della tua pelle.
Incerta, sull'uscio delle ciglia, con lo sguardo rivolto a terra e l'espressione di chi deve decidere da che parte stare, se stare, rimanere, ma presso chi.
Appoggiata sullo stipite del fremito, ad assorbire le folate dell'ultima scossa e sentire i vetri di casa tremare sui gradini del dubbio.
Avvertire i tuoi passi al piano di sopra e provare l'eccitazione di raggiungerti, ma declinare per la paura che fa a pugni con la stretta allo stomaco e tira i capelli all'inadeguatezza.
Eppure, sentirmi bella nel tocco della voce sul nome.
Eppure, muovermi sulle tue dita attraverso le mie e chiederti in prestito la sensazione e la pressione sui miei nei.
O l'abbraccio.
Non ho chiesto. Mi blocco sui suggerimenti e non dico e mi fisso sulla tua capacità di andarmi oltre alle parole che escono solo in silenzi ricercati, cuciti a mano sul respiro che non incontra l'aria e si ripromette di soffocare prima d'affacciarsi sulle labbra, ché sono quella che non parla del mare, se ha voglia di mare, ma delle sue conchiglie.
L'avidità che tu potessi masticarmi in bocca i pensieri e restituirmeli bagnati della nostra saliva, mentre la tua mano afferra il mio braccio spingendomi dentro casa, chiudendoci la porta dietro.

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