Scritto da: Francesca Alleva

Fenice


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Un sacchetto di carta.
Un sacchetto di carta sul tavolo e una metodica disposizione delle cose.
Prima raccoglierei i pezzi di me che stanno ancora negli altri: da te riprendo il mio libro, da te quella poesia, tu ridammi la verginità e tu quel pezzo di cuore. Ah, e tu restituiscimi gli occhi che ti ho posato addosso quel sabato.
Adagio, nel sacchetto.
Poi prenderei tutti i ricordi tristi, grigi, gli addii che sono troppi, i ritorni che sono troppo pochi, la nebbia dei miei occhi e la paura costante. Quella felpa macchiata, quei pantaloni strappati e la cicatrice sul braccio. Vomiterei i rimpianti, ammetterei le colpe, scriverei le scuse.
Sbatterei tutto dentro.
Poi raccoglierei quei nomi sconosciuti, quei nomi che hanno significato qualcosa solo una notte, solo una settimana, quelle amicizie lampo, i ti voglio bene di un mese basta e quel mi manchi da ubriaca.
Tutto dentro il sacchetto, a coprire gli spazi vuoti.
Dopo prenderei la felicità, le memorie dolci, soffici, calde. A te prenderei l'accento e come dicevi ti amo mangiando la t, a te ruberei quel taglio di occhi e quello sguardo, a te prenderei quelle mani e a te quella lingua, a te sottrarrei ... [segue »]

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