Scritto da: Andrea Manfrè
E allora il sospetto molto fondato è che Faulkner non sia molto popolare perché non coltivava il vittimismo anzi-yankee. Conosceva, inoltre, un'arte davvero difficile, che forse nessun altro ha mai posseduto in quel grado sublime: quella di descrivere, seguendone con precisione gli andamenti, i rapporti sociali tra bianchi ed ex schiavi, dolci o crudi che fossero, senza mai dare giudizi di alcun tipo, ma anche senza mai smettere di farti toccare con mano il fatto che si trattava di rapporti tra uomini. Non è banale come potrebbe sembrare. Anzi: è quasi impossibile, a meno di non scrivere un comizio o un'omelia, evitare di trasmettere l'impressione che un nero sia un nero e poi, a pensarci bene, per via di certe dichiarazioni dei diritti, anche un uomo. Quando un romanziere attuale ci prova, finisce che se non stai spasmodicamente attento non ti accorgi neppure che tra i protagonisti ci siano dei neri. Tanta "cecità nei confronti del colore" contiene in sé qualcosa di ammirevole, ma ha più valore come tacito comizio antirazzista che come descrizione dei rapporti sociali, in quanto per ora esiste solo nei romanzi. Riuscire a scrivere come Faulkner è ancor oggi qualcosa di sovversivo, che credo non vada bene né ai neri, né ai bianchi.

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