Scritto da: Mariella Buscemi
Fistola sottocute. Tra il ricordo, un inganno ed il suicidio. Verresti? Tra le toppe della carne imbastite con impunture di coraggio, punti di sutura laschi ed evidenti, sfregi di perenne passato. Verresti? A farti carico delle lame che mi dilaniarono, ripulirle e nasconderle con cura, causticare i tagli su schiena e costato, togliere i chiodi e pulire le ferite. Verresti? Ad amarmi tra il sapore dell'errore, l'orrore delle mie disfatte, l'aborto dei miei desideri, la cecità dei battiti del cuore, le fitte estreme nella notte, tra gli incubi e la vergogna. Verresti? Senza il giudizio capitale, senza lettere scarlatte da fissarmi sul petto, con la calma del perdono, uccidendo le ingiurie. Verresti? Sotto al mio balcone ad urlarmi che son bella anche così conciata, vecchia sposa senz'altare a togliere il mio anello e donarmene uno più bello. Verresti? A scoprirti le spalle e farmi vedere le tue cicatrici tanto simili alle mie, toccarcele a vicenda e sorridere perché siamo specchi, seppur deformi, uguali e non aver remora delle vesti che cadono e lasciano le carni maltrattate nude ed esposte ai nostri occhi che non si beffano, ma si comprendono nel riconoscersi simili. Grazie per essere giunto, medico, cura e guarigione di tagli e ferite appena sotto l'anima, tra il battito e lo sterno, tra la violenza ed il trauma, tra il tuo sorriso ed il mio "si".

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