dal libro "Kim" di Rudyard Kipling
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Giunto all'età dell'indiscrezione aveva imparato a evitare i missionari e i bianchi dall'aria seriosa che gli chiedevano chi era e cosa faceva. Perché Kim non faceva niente, e con enorme successo! Certo, conosceva la favolosa città murata di Lahore, da Delhi Gate fino all'estremità di Fort. Se la faceva con tizi che conducevano un'esistenza più bizzarra di qualunque fantasia, ed era a sua volta immerso in una vita avventurosa degna delle mille e una notte, ma missionari e funzionari degli istituti di carità erano ciechi a tanta bellezza. Per i rioni era soprannominato "il piccolo amico di tutto il mondo" e siccome era un'anguilla, e non dava nell'occhio, spesso e volentieri eseguiva commissioni notturne sui tetti affollati per conto di bellimbusti impomatati e lustri. Si trattava, neanche a dirlo, di tresche amorose. Fin lì ci arrivava, lui che del male già sapeva tutto da che aveva l'uso della parola. Ma ad attirarlo nel gioco per il gioco, aggirarsi furtivo al buio per vicoli e canali di scolo, arrampicarsi su un condotto dell'acqua, suoni e immagini del mondo femminile sulle tettoie piatte e fughe, a precipizio di tetto in tetto, col favore delle tenebre infuocate.

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