Scritta da: Cristina

Attesa

Ricordo ancora le lacrime che, prepotenti,
solcavano il mio viso.
Ricordo il loro sapore amaro, ostile.
Ricordo ancora il rumore dei battiti impazziti,
le grida sorde della mia anima,
ormai distrutta.
Ricordo il colore grigio della polvere
che, come un impenetrabile velo,
ricopriva sogni e giovani speranze.
Ricordo il buio fitto e ostinato
nel quale, a lungo, ho brancolato smarrita.
Anche la solitudine ignorava la mia esistenza.
Nessuna porta da aprire, nessun ricordo nella mente.
Dentro me solo rabbia;
giù nel profondo, nascosta e timorosa,
una luce fioca.
La nebbia è ancora fitta e padrona,
a fatica riesco a farmi un varco.
Nutro i miei occhi di quella luce.
Oltre la cortina di una oscurità prepotente
scorgo la consapevolezza,
alleata fino ad allora sconosciuta.
Guardo dentro me stessa,
questa volta senza paura.
Il pensiero mi riporta indietro
ma la luce mi attira a se,
chiudendo alle mie spalle
la porta delle lacrime e del dolore.
L'oscurità pian piano si lacera
lasciando al vento i suoi miseri brandelli.
Davanti a me il cammino da intraprendere;
lungo, troppo lungo.
Non so se il tempo mi basterà.
Comincio il viaggio.
Solo la riva di un fiume placido
mi offre un po' di ristoro.
Riva benevola e accogliente
cui nulla sfugge.
Seduta su quella riva
in una giornata speciale,
ho visto passare uomini e miserie.
Attesa lunga, dolorosa e paziente
per un soffio di verità che rafforza l'anima.

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