La porta

Non ricordavo chiusa a chiave questa porta.
In verità non ricordavo nemmeno
che fosse così impietosamente rovinata dal tempo,
ora che, immobile come stessi osservando un quadro,
percorro con gli occhi la sua superficie opaca
e colgo le sue imperfezioni di stato e colore.

Quante mani, oltre le mie, toccarono più o meno decise
quella maniglia d'ottone luccicante e perfetta,
la stessa che io oggi vedo spenta, silenziosa, ordinaria,
come una figura lontana che si confonde tra la folla
in un pomeriggio invernale di pioggia scrosciante.

Quante volte (tante, per poterle racchiudere in una parola)
varcai quella soglia, nell'andare o nel venire,
spesso con convinzione, a volte esitando,
quasi sempre in modo linearmente scontato,
portando con me il solo bagaglio dell'essere e sentirmi
in quell'esatto giorno della vita e del mondo.

Una porta ormai chiusa a chiave,
un tempo eroina e testimone di storie senza polvere.

Vorrei incidere sul tuo legno la parola "grazie"
ed anche "scusami" per non aver compreso a fondo
l'importanza e l'irripetibilità di ogni mio singolo passaggio
ma non lo farò, poiché non basterebbe a pareggiare
ciò che tu, con misterioso rispetto, hai inciso sul mio cuore.

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