Affacciati dalla veranda

Affacciati dalla veranda
e vuoti volgi gli occhi
verso l'alto; a destra
un monte c'è di fronte
segui il crinale e prosegui
lungo il profilo della cima
ne emergerà un bassorilievo.
Antropomorfo immaginato
quel rilievo è come un corpo
addormentato nella morte
effige con man conserte
coperte e raccolte sul petto.
Non è forse metaforica
bara a cielo aperto di un uomo?
Disceso nelle tenebre
né il lume della luna
né della diurna luce
i suoi occhi spenti
potranno più guardare.
Alla pioggia, al sole
al vento giace per sempre
un fulmine di amor negato
ne carbonizzò la vita
all'annerirsi di un giorno.
Ad esso ancora guarda
ma sorda non parlare:
all'eco della tua voce
affanno d'amore vivrebbe
carezze e vita chiederebbe
e battere rivorrebbe un cuore.
Da quel profilo traine
uno schizzo e stampalo
sull'ultima pagina del libro
in cui racconti la tua storia
ma non editarla nella collana
dei sentimenti e dell'amore,
i posteri che in alto vorrebbero volare
non vi troverebbero insegnamenti alati.
Guarda dopo altrove, voltati
al tuo passato e al tuo avvenire
ritorna dove ti getta il nulla
tra le minutaglie giornaliere
alla clausura dei tuoi pensieri:
senza amore ogni altro sguardo
insulto risuonerebbe a quel morto
tacitato ma con cuore loquace.

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