Scritta da: Simone Sabbatini

La strega

Certo sanno tutti la storia
in mille versioni trita e ritrita...
Come se non fossi mai partita,
come fosse stata tutta una vittoria.
Le rughe negli occhi
ai tuoi occhi non mentano:
la voce, lo stampo, non contano oggi.
Ho ancora dolore ai ginocchi.
Sono stata una bimba tra tante,
da tutte diversa, cresciuta con altre più belle,
più ricche, più scaltre
- e forse fu questo importante.
Un'infanzia a mia insaputa,
né triste né lieta,
chi sprezza, chi vieta,
tra i topi e gli stracci goduta;
vissuta, diciamo, in famiglia.
Volata via mesta
fino a quel giorno di festa:
un battito di ciglia,
ed ero di nuovo a pulire per terra.
Cresceva però intorno a me l'inquietudine:
sempre sguattera, più in solitudine
scomodo ostaggio di una chiara guerra.
Dentro cullavo primizie di sogni,
e si avvicinava la vera magia
- unico scampo alla mia prigionia:
viverli.
Ma ho chiesto perdono per ogni preghiera
- c'è un magico ben più nascosto
e perverso nelle fiabe.
Momenti a cavallo.
La formula "felici e contenti",
e nessuno più cerca quel posto
e non uno che sfoglia più il libro.
Eroi dimenticati... l'invidia, forse,
li chiude in un cassetto.
Le corse nei prati,
galleggiando sopra il cribro della gioia;
l'amore nelle stanze del castello,
le feste, le danze, la luce di cristallo
- un alito fugace... La mia vita di metallo
calamitata sempre sul medesimo livello.
Una mattina d'estate,
mai mi scorderò la luce nei suoi occhi,
la voce diversa, il tono uguale
al colore delle cose del passato.
Tutto il male che ritorna,
d'onirica oppressione già riluce.
"Perché, fata? Perché m'hai fatto questo?
M'apristi le tue mani ma il sogno visse poco...
Si è trasformato? Era di carta, o solo un gioco?
Perché le magie buone svaniscon sempre presto?"
"Davvero, principessa, non ricordi più il mio nome?"
Mi rispose, un po' gradassa. "Smemorina...
T'ho aiutata, ti ho guidata, io son la tua fatina...
Perché prendermi in giro? Che t'ho fatto, e come?"
A nulla valse dirle che non ero stata io:
l'oblio, dove da sempre coltivava la vendetta
era l'unico padrone cui dar retta.
Senz'altra spiegazione, ridendo disse addio.
Il destino. Certo, il destino...
Nelle fiabe non si può dimenticare,
e in genere l'eroe non si deve o può voltare.
Mi guardo adesso indietro, non son più tanto vicino.
Da piccola al futuro non ci pensavo mai;
un giorno poi ho creduto fosse giunto all'improvviso...
- non so se m'abbia amato, di certo m'ha deriso:
domani era già prima, per me soltanto guai.
Più per questo l'ho lasciato, ho detto: ho perso;
più che per piatti,
porcellane e lampadari da pulire,
per gli abiti le spade i santuari.
Per il destino buio come l'Universo,
perché la fine non mi riportasse indietro,
o, se doveva, in altro modo.
Prega per me, se ti pare:
per vivere faccio la strega
in altre storie, mi nascondo sotto un vetro,
dietro facce di miseria e di paura
scruto l'occhio di chi guarda.
Se mi serva non lo so.
So che son viva, e non più serva:
dove vive la bellezza,
sono ed amo la bruttura.
Composta venerdì 2 novembre 2007

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    Scritta da: Simone Sabbatini
    Riferimento:
    Liberamente ispirata a "Cenerentola".

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