Tutto in "ciò che resta della famiglia italia"

Il tuo triste lavorare per quegli altri,
che se li vedi
ti domandi come fanno a stare lì.

Quel tuo obbedire cieco e sordo
per la busta di ogni mese,
ad ogni cosa che ti viene chiesta.

Hai schiacciato
ormai da tempo ogni ideale,
ed ogni forma di coscienza
e di rispetto,
sei fuori dal mondo con la testa,
proprio per non capire.

Caro fratello mio
che stai dall'altra parte
pronto a menar le mani,
per l'ordine dall'alto,
al debole di turno,
o ad ingannare un poveraccio
per farti ben volere da un padrone indegno.
Adesso fai la guardia a noi,
con gli scarponi,
in piedi
sulla merda ferma,
a controllare chi ci affonda,
in quella che si muove
ed inghiotte
come se fosse un mare scuro e puzzolente
che porta giù all'inferno.

Forse
mentre stai lì
col naso ben tappato
ad osservare che tutto vada a posto
non sai neppure più da quale parte stai,
chi ti ci ha mandato,
ma il fine mese arriva a tutti
e la tua busta ti ricorda con chi sei.

Quanto hai dovuto lavorarti dentro,
berti litri di regole e doveri,
di "non vedere e non sapere".

A litri
con l'imbuto,
mentre pisciavi via tutto il tuo meglio
per fare posto al resto,
"all'istruzione".

Caro fratello mio
per nome ma non più di fatto,
siamo già tutti attesi
in fondo alla discesa
o in cima alla salita,
noi su,
stremati
e con le mani a pezzi,
ma la coscienza intera.

Tu
e quelli come te
in fondo a ruzzoloni,
e con in tasca l'ultima busta
per lasciapassare,
anche se basta vedervi in faccia
per potervi riconoscere.

Caro fratello mio perso per strada,
tu ed io,
divisi da un mestiere che è un abisso,
io faccio l'italiano
per mestiere,
tu non so.

È indubbio il giovamento nel cambiar padrone, correre sempre per il forte del momento,
tutto fa andare avanti,
ma mentre corri
se ti guardi intorno
sei sempre più da solo.

Tu,
con quei pochi
o troppi
che ti stanno al passo,
quelli come te,
tutti a studiarvi,
tutti col sorriso.
Ed all'arrivo,
all'ultimo momento,
gettate via le maschere,
tutti a ringhiare,
ad azzannarvi
per il primo posto,
ma è un posto in ginocchio,
da servo,
non dritto
da uomo.

Se sentirsi qualcuno
dove non c'è più nessuno
deve costare così tanto a troppi,
vai pure avanti
se ci credi
ma non stupirti poi
che qualche matto,
schizzato su da chissà dove,
diventi all'improvviso
un grande eroe
facendo fare a te
quella discesa
contrapposta alla salita
che tutti vorreste rimandare ad un lontano poi,
e senza mai considerarlo come un fine vita.

Caro fratello mio
cosi diverso,
caro fratello mio
cosi bastardo,
non aspettarti che ti pianga
quando verrò a sapere.
Composta domenica 11 novembre 2012

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