Scritta da: Andrea De Candia
Ho visto la mia ombra
cader, rialzarsi, come dal suo nulla
ed annegare nera in alto nuoto
sopra le ferme acque di materia.
Ho visto, fuori, l'eco del mio male
insanguinare a morte quei colori,
diverse distensioni d'un mattino
a poco a poco spente dal mio fiato.
Ho superato il basso del guardare
e l'ho portato all'aria della notte,
e poi l'ho sollevato sulla luna:
cadevan le pareti all'avanzare
del corpo morto vivo del mio passo,
la notte, indietreggiando, si sfaldava,
s'approfondiva il foro all'affondare.
Ma pietra impenetrabile, la Luna,
era l'ultimo petalo di scheletro
che non precipitava, lontananza
d'un fior di luce... appassito in mare.
La notte mi sembrò consolatoria:
"l'oscurità più scura è la più chiara!"
mentre la luna mi sembrò più schietta:
"l'oscurità più chiara è la più scura!"
dissero entrambe da soliste in coro.

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