Scritta da: Maresa Schembri

La Tenebrosa

Crescevan nella tomba le unghia
a Giuseppe, morto, adunche.
Liquefatto gli gocciava il fegato.
Nelle cave orbite senza luce
aveva due tenere rotule di Ririrì.
Dal cervello putrescente e dalla teca
si sperdevan milioni di pensieri
in filiere per i cipressi del cimitero.

Dio verdolino come libellula, lì
cercava di penetrare fra le estreme cellule.
Ma gli oscurava a lampi la via,
la Tenebrosa. Bolliva nel vicolo la pignatta - oh, quanto fonda! - di donna Riricchia.
Nella valle in paura del vento, le canne. Picchia
la notte sugli ossi secchi della tomba.

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