Poesie di Camillo Sbarbaro

Scrittore e poeta, nato giovedì 12 gennaio 1888 a Santa Margherita Ligure (Italia), morto martedì 31 ottobre 1967 a Savona (Italia)
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Scritta da: Antonella Marotta
Sempre assorto in me stesso e nel mio mondo
come in sonno tra gli uomini mi muovo.
Di chi m'utra col braccio non m'accorgo,
e se ogni cosa guardo acutamente
quasi sempre non vedo ciò che guardo.
Stizza mi prende contro chi mi toglie
a me stesso. Ogni voce m'importuna.
Amo solo la voce delle cose.
M'irrita tutto ciò che è necessario
e consueto, tutto ciò che è vita,
m'irrita come il fuscello la lumaca
e com'essa in me stesso mi ritiro.

Chè la vita che basta agli altri uomini
non basterebbe a me.
E veramente
se un altro mondo non avessi, mio,
nel quale dalla vita rifugiarmi,
se oltre le miserie e le tristezze
e le necessità e le consuetudini
a me stesso non rimanessi io stesso,
oh come non esistere vorrei!
Ma un'impressione strana m'accompagna
sempre in ogni mio passo e mi conforta:
mi pare di passare come per caso
da questo mondo...
Camillo Sbarbaro
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    Scritta da: Antonella Marotta
    Ora che non mi dici niente, ora
    che non mi fai godere né soffrire,
    tu sei la consueta dei miei giorni.
    Assomigli ad un lago tutto uguale
    sotto un cielo di latta tutto uguale.
    Assonnato mi muovo sulla riva.
    Non voglio non desider, neppure
    penso.
    Mi tocco per sentir se sono.
    È l'essere e il non esser, come l'acqua
    e il cielo di quel lago si confondono.
    Diventa il mio dolore quel d'un altro
    e la vita non è né lieta né triste.
    T'odio, compagna assidua dei miei giorni,
    che alla vita non mi sottrai, facendomi
    come il sonno una cosa inanimata,
    ma me la lasci solo rasentare.
    Poiché son rassegnato a viver, voglio
    che ad ogni ora del dì mi pesi sopra,
    mi tocchi nella mia carne vitale.
    Voglio il Dolore che m'abbranchi forte
    e collochi nel centro della Vita.
    Ora che non mi dici niente, ora
    che non mi fai godere né soffrire,
    io rassegnato aspetto che tu passi.
    Camillo Sbarbaro
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      Scritta da: Antonella Marotta

      Io che come un sonnambulo cammino

      Io che come un sonnambulo cammino
      per le mie trite vie quotidiane,
      vedendoti dinanzi a me trasalgo.

      Tu mi cammini innanzi lenta come
      una regina.
      Regolo il mio passo
      io subito destato dal mio sonno
      sul tuo ch'è come una sapiente musica.
      E possibilità d'amore e gloria
      mi s'affacciano al cuore e me lo gonfiano.
      Pei riccioletti folli d'una nuca
      per l'ala d'un cappello io posso ancora
      alleggerirmi della mia tristezza.
      Io sono ancora giovane, inesperto
      col cuore pronto a tutte le follie.

      Una luce di fa nel dormiveglia.
      Tutto è sospeso come in un'attesa.
      Non penso più. Sono contento e muto.
      Batte il mio cuore al ritmo del tuo passo.
      Camillo Sbarbaro
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        Scritta da: Silvana Stremiz

        Talor mentre cammino per le strade

        Talor, mentre cammino per le strade
        della città tumultuosa solo,
        mi dimentico il mio destino d'essere
        uomo tra gli altri, e, come smemorato,
        anzi tratto fuor di me stesso, guardo
        la gente con aperti estranei occhi.

        M'occupa allora un puerile, un vago
        senso di sofferenza ed ansietà
        come per mano che mi opprima il cuore.
        Fronti calve di vecchi, inconsapevoli
        occhi di bimbi, facce consuete
        di nati a faticare e a riprodursi,
        facce volpine stupide beate,
        facce ambigue di preti, pitturate
        facce di meretrici, entro il cervello
        mi s'imprimono dolorosamente.
        E conosco l'inganno pel qual vivono,
        il dolore che mise quella piega
        sul loro labbro, le speranze sempre
        deluse,
        e l'inutilità della loro vita
        amara e il lor destino ultimo, il buio.

        Ché ciascuno di loro porta seco
        la condanna d'esistere: ma vanno
        dimentichi di ciò e di tutto, ognuno
        occupato dall'attimo che passa,
        distratto dal suo vizio prediletto.

        Provo un disagio simile a chi veda
        inseguire farfalle lungo l'orlo
        d'un precipizio, od una compagnia
        di strani condannati sorridenti.
        E se poco ciò dura, io veramente
        in quell'attimo dentro m'impauro
        a vedere che gli uomini son tanti.
        Camillo Sbarbaro
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          Scritta da: Silvana Stremiz

          Taci, anima stanca di godere

          Taci, anima stanca di godere
          e di soffrire(all'uno e all'altro vai
          rassegnata)
          Nessuna voce tua odo se ascolto:
          non di rimpianto per la miserabile
          giovinezza, non d'ira o di speranza,
          e neppure di tedio.
          Giaci come
          il corpo, ammutolita, tutta piena
          d'una rassegnazione disperata.
          Non ci stupiremmo,
          non è vero, mia anima, se il cuore
          si fermasse, sospeso se ci fosse
          il fiato...
          Invece camminiamo,
          camminiamo io e te come sonnambuli.
          E gli alberi son alberi, le case
          sono case, le donne
          che passano son donne, e tutto è quello
          che è, soltanto quel che è.
          La vicenda di gioia e di dolore
          non ci tocca. Perduto ha la voce
          la sirena del mondo, e il mondo è un grande
          deserto.
          Nel deserto
          io guardo con asciutti occhi me stesso.
          Camillo Sbarbaro
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            Scritta da: Silvana Stremiz

            Padre, anche se

            Padre, se anche tu non fossi il mio
            padre,
            per te stesso, egualmente t'amerei.
            Ché mi ricordo d'un mattin d'inverno
            che la prima viola sull'opposto
            muro scopristi dalla tua finestra
            e ce ne desti la novella allegro.
            E subito la scala tolta in spalla
            di casa uscisti e l'appoggiavi al muro.
            Noi piccoli dai vetri si guardava.

            E di quell'altra volta mi ricordo
            che la sorella, bambinetta ancora,
            per la casa inseguivi minacciando.
            Ma raggiuntala che strillava forte
            dalla paura, ti mancava il cuore:
            t'eri visto rincorrere la tua
            piccola figlia e, tutta spaventata,
            tu vacillando l'attiravi al petto
            e con carezze la ricoveravi
            tra le tue braccia come per difenderla
            da quel cattivo ch'eri tu di prima.

            Padre, se anche tu non fossi il mio
            padre...
            Camillo Sbarbaro
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              Scritta da: Silvana Stremiz

              Ora che sei venuta

              Ora che sei venuta,
              che con passo di danza sei entrata
              nella mia vita
              quasi folata in una stanza chiusa –
              a festeggiarti, bene tanto atteso,
              le parole mi mancano e la voce
              e tacerti vicino già mi basta.

              Il pigolìo così che assorda il bosco
              al nascere dell'alba, ammutolisce
              quando sull'orizzonte balza il sole.

              Ma te la mia inqietitudine cercava
              quando ragazzo
              nella notte d'estate mi facevo
              alla finestra come soffocato:
              che non sapevo, m'affannava il cuore.
              E tutte tue sono le parole
              che, come l'acqua all'orlo che trabocca,
              alla bocca venivano da sole,

              l'ore deserte, quando s'avanzavan
              puerilmente le mie labbra d'uomo
              da sé, per desiderio di baciare....
              Camillo Sbarbaro
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