Le migliori poesie di Camillo Sbarbaro

Scrittore e poeta, nato giovedì 12 gennaio 1888 a Santa Margherita Ligure (Italia), morto martedì 31 ottobre 1967 a Savona (Italia)
Questo autore lo trovi anche in Frasi & Aforismi e in Frasi per ogni occasione.

Scritta da: Silvana Stremiz

Ora che sei venuta

Ora che sei venuta,
che con passo di danza sei entrata
nella mia vita
quasi folata in una stanza chiusa –
a festeggiarti, bene tanto atteso,
le parole mi mancano e la voce
e tacerti vicino già mi basta.

Il pigolìo così che assorda il bosco
al nascere dell'alba, ammutolisce
quando sull'orizzonte balza il sole.

Ma te la mia inqietitudine cercava
quando ragazzo
nella notte d'estate mi facevo
alla finestra come soffocato:
che non sapevo, m'affannava il cuore.
E tutte tue sono le parole
che, come l'acqua all'orlo che trabocca,
alla bocca venivano da sole,

l'ore deserte, quando s'avanzavan
puerilmente le mie labbra d'uomo
da sé, per desiderio di baciare....
Camillo Sbarbaro
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    Scritta da: Antonella Marotta
    Ora che non mi dici niente, ora
    che non mi fai godere né soffrire,
    tu sei la consueta dei miei giorni.
    Assomigli ad un lago tutto uguale
    sotto un cielo di latta tutto uguale.
    Assonnato mi muovo sulla riva.
    Non voglio non desider, neppure
    penso.
    Mi tocco per sentir se sono.
    È l'essere e il non esser, come l'acqua
    e il cielo di quel lago si confondono.
    Diventa il mio dolore quel d'un altro
    e la vita non è né lieta né triste.
    T'odio, compagna assidua dei miei giorni,
    che alla vita non mi sottrai, facendomi
    come il sonno una cosa inanimata,
    ma me la lasci solo rasentare.
    Poiché son rassegnato a viver, voglio
    che ad ogni ora del dì mi pesi sopra,
    mi tocchi nella mia carne vitale.
    Voglio il Dolore che m'abbranchi forte
    e collochi nel centro della Vita.
    Ora che non mi dici niente, ora
    che non mi fai godere né soffrire,
    io rassegnato aspetto che tu passi.
    Camillo Sbarbaro
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      Scritta da: Silvana Stremiz

      Taci, anima stanca di godere

      Taci, anima stanca di godere
      e di soffrire(all'uno e all'altro vai
      rassegnata)
      Nessuna voce tua odo se ascolto:
      non di rimpianto per la miserabile
      giovinezza, non d'ira o di speranza,
      e neppure di tedio.
      Giaci come
      il corpo, ammutolita, tutta piena
      d'una rassegnazione disperata.
      Non ci stupiremmo,
      non è vero, mia anima, se il cuore
      si fermasse, sospeso se ci fosse
      il fiato...
      Invece camminiamo,
      camminiamo io e te come sonnambuli.
      E gli alberi son alberi, le case
      sono case, le donne
      che passano son donne, e tutto è quello
      che è, soltanto quel che è.
      La vicenda di gioia e di dolore
      non ci tocca. Perduto ha la voce
      la sirena del mondo, e il mondo è un grande
      deserto.
      Nel deserto
      io guardo con asciutti occhi me stesso.
      Camillo Sbarbaro
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        Scritta da: Antonella Marotta

        Io che come un sonnambulo cammino

        Io che come un sonnambulo cammino
        per le mie trite vie quotidiane,
        vedendoti dinanzi a me trasalgo.

        Tu mi cammini innanzi lenta come
        una regina.
        Regolo il mio passo
        io subito destato dal mio sonno
        sul tuo ch'è come una sapiente musica.
        E possibilità d'amore e gloria
        mi s'affacciano al cuore e me lo gonfiano.
        Pei riccioletti folli d'una nuca
        per l'ala d'un cappello io posso ancora
        alleggerirmi della mia tristezza.
        Io sono ancora giovane, inesperto
        col cuore pronto a tutte le follie.

        Una luce di fa nel dormiveglia.
        Tutto è sospeso come in un'attesa.
        Non penso più. Sono contento e muto.
        Batte il mio cuore al ritmo del tuo passo.
        Camillo Sbarbaro
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          Scritta da: Silvana Stremiz

          Talor mentre cammino per le strade

          Talor, mentre cammino per le strade
          della città tumultuosa solo,
          mi dimentico il mio destino d'essere
          uomo tra gli altri, e, come smemorato,
          anzi tratto fuor di me stesso, guardo
          la gente con aperti estranei occhi.

          M'occupa allora un puerile, un vago
          senso di sofferenza ed ansietà
          come per mano che mi opprima il cuore.
          Fronti calve di vecchi, inconsapevoli
          occhi di bimbi, facce consuete
          di nati a faticare e a riprodursi,
          facce volpine stupide beate,
          facce ambigue di preti, pitturate
          facce di meretrici, entro il cervello
          mi s'imprimono dolorosamente.
          E conosco l'inganno pel qual vivono,
          il dolore che mise quella piega
          sul loro labbro, le speranze sempre
          deluse,
          e l'inutilità della loro vita
          amara e il lor destino ultimo, il buio.

          Ché ciascuno di loro porta seco
          la condanna d'esistere: ma vanno
          dimentichi di ciò e di tutto, ognuno
          occupato dall'attimo che passa,
          distratto dal suo vizio prediletto.

          Provo un disagio simile a chi veda
          inseguire farfalle lungo l'orlo
          d'un precipizio, od una compagnia
          di strani condannati sorridenti.
          E se poco ciò dura, io veramente
          in quell'attimo dentro m'impauro
          a vedere che gli uomini son tanti.
          Camillo Sbarbaro
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            Scritta da: Antonella Marotta
            A volte mentre vado al sole
            e gli aspetti del mondo accolgo e il cuore
            quasi m'opprime l'amorosa ressa,
            ombra il sole ecco farsi l'ombra, gelo.

            Un cieco mi par d'essere che va
            lungo la sponda d'un immenso fiume.
            Scorrono sotto l'acque maestose;
            ma non le vede lui: il poco sole
            lui si prende beato. E se gli giunge
            a tratti mormorar d'acque, lo crede
            ronzio d'orecchi illusi.

            Perché a me par vivendo questa mia
            povera vita, un'altra rasentarne
            come nel sonno; e che quel sonno sia
            la mia vita presente.

            Un vago sentimento allor mi coglie,
            uno sgomento pueril.
            Mi siedo
            dove sono, sul ciglio della strada,
            miro il misero mio angusto mondo
            e carezzo con man che trema l'erba.
            Camillo Sbarbaro
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