Che altro potrei donare al tempo Se non attimi di rime e vigoria? Colgo sul viaggio della vita armi penetranti, con le quali affino fremiti te li offro al'inizio della tua giovinezza e lì, ti raggiungo.
Sorridi! Sconforto sulla faccia rugosa, Dalla magrezza imbarazzante, Dove fame nutre il corpo, Occhi ancor vispi in un'infelice parvenza, Di speranza. Sorridi! Con la mano Protratta in avanti, Che veterano ebano raggrinzito pare, Voce dell'indigenza, Che invoca pietà e carità. Sorridi! Sotto gli abiti sciupati dal tempo, Cuore che picchia lento, La fiacchezza della mancanza, Offusca la vigoria scomparsa, Nella riarsa terra da cui provieni. Sorridi! In quella bocca senza cura, Macchiata e inferma, Dalla trascuratezza. Sorridi! Una supplica, una richiesta, Una preghiera guidata dal bisogno, In ginocchio resti, Tra i viandanti indaffarati. Mi fermo, ti scruto e penso. Sorridi! Tu che riso dovresti mutare in pianto, Mentre chi vive tra gli averi, Piange inappagato e mal contento. Tu sei forte Signora della privazione, Molto più forte dell'inedia E della mestizia stessa.
Giorno di riposo Anima libera, Anima mia spensierata, Com'è bello ritrovarti In questo riposo tanto agognato, Com'è lieto scoprire che non se sfiorita Al contrario del corpo Sciupato e affannato dagli anni Sei ancora uguale come quando, T'incontrai assai tempo fa, Capace di gioire e divertirti Come fossi ancora, L'anima mia da bambina.
Io sono la luna, mascherata di sole, di giorni e di splendore, sono invaghita, abbigliata per tutti, di sorrisi e parole, a tutti dedita, a tutti gradita, ma nella notte, risplendo per me, nella solitudine dell'anima mia obiettiva.
Lui piangeva: Il suo cuore da bambino amava e perdeva. Lui tremava: La paura era più forte dei gemiti Che nel cuscino affogava. Non sentire voleva Quei fragori della vita, Che lo circondava senza affetto, Ma nelle sere il vento della solitudine Si tramutava lento Nella sua voce; Lei gli mancava! Solo al buio rimaneva In quel tetro degli anni, cresceva. Chissà cosa pensava Quando la individuava tra i vetri appannati, Nella notte che il cielo riversava O nei sorrisi falsi di chi lo ingannava, Al rosso dei tramonti Che il tempo aumentava. Chissà come la vedeva, Nei suoi sogni mentre la cingeva E il suo cuore da bambino sperava In un rientro che mai sopraggiungeva. Cresceva e amava Senza forza ormai di sperare, Adulto diventa e solo rimane Senza di lei cha tanto amava.
Due contadini, Un uomo e una donna, Tra la natura; Spalle curve e testa china, Sui campi delle stagioni. Primavera, estate, autunno e inverno, Riposano dopo pranzo, Sotto la stessa quercia, Dove baci del primo amore, Ardevano sulle labbra, Rosate come boccioli, Appena fioriti in primavera, Dove promessa mantenuta fu data, Dove età avvizziva lenta, I volti, ora gracili e rugosi, Bruciati dal sole Che come in estate incendia campi. I capelli, Un tempo oro come grano, Folti come fronde rigogliose, Ora, bianchi come neve d'inverno, Esigui come i giorni restanti, Dove nel grigio d'autunno Gemono come foglie al vento, I ricordi, Due persone, Donna e uomo, Sempre sulla stessa via. all'orizzonte il riposo, Nella stessa cascina dal tetto cremisi, La sera cinta, Del cinerino fumo di un camino. Quattro stagioni, Due persone, Un solo eterno amore, Per la vita intera.
Rinchiusa nell'ombra, prigioniera di un passato Troppo bello per durare a lungo Taciturna ed immobile alla mercé di sguardi curiosi Ed azioni poco interessanti, Quella donna se ne stava. Avvolta nella sua vestaglia Con le mani sul grembo pareva opera d'ignoto artista. Seduta in quella seggiola In quella stanza al secondo piano Di un palazzo sciupato dal tempo. Stava così da anni, Dall'alba al tramonto Ero certa d'aver la veduta li Anche dopo mesi dopo aver saputo Che il suo cuore più non batteva E che il suo sguardo vuoto Sì era finalmente colmato d'infinito In un tiepido pomeriggio d'estate.
L'oleandro velenoso intrecciato alle tue dita, la regina dei fiori, cagiona la mia invidia petali bianchi di margherita si scompigliano anelando la tua cura; torso bronzeo tra quel verde che concilia ai tuoi occhi, tra l'avvenenza ed il mistero come nera pantera ti destri non ti accorgi che dall'alto, freme la mia brama. Spine scure le tue ciglia, la tua fronte celata da dorate foglie arbusti vivaci non temi affonda il tuo piede nella terra annaffiata la mano si unge di sudore e pantano e quel'arma innocente diventa tutt'una ad essa. Svestito al sole che risplende sulla tua rovente pelle stille di sudore non tengono pudore e tra gli incavi delle tue grazie, scorrono maliziose mentre dai vita a ciò che non c'era, vigore a ciò che è, speranza a ciò che sarà... Il balcone della brama cela il paonazzo del mio volto, la sgomento, la malizia e la vergogna... solo il mio sogno resterà incolto!
Faccia a faccia, Davanti ad uno specchio, Intrinseco di mancanze, Ti vedo; Come opera del periodo assai antico, Statico, inerme e raccolto, Mi scruti... Sibillino angelo senza tempo, Sei avvenente da fare paura. Carico di difetti, Rubi la mia forza, Ponendo a nudo la mia anima, Quante donne sulla tua strada, Dalla puttana alla più pura, in ogni luogo, In ogni spazio, Non c'è uomo che non ti odia. Scaltro, corruttore, artico, Dalla fessura dei tuoi occhi, Non una lacrima è mai uscita. Il sogghigno sul tuo viso, Infido, forte e suggestivo, Non si smorza al mio strido; Tu sei ciò che io non sono, Io sono donna, tu sei uomo! Ti rivedo ogni giorno in ogni specchio, E non t'invidio!
Tienimi così, Che si son fermate le nuvole in cielo, Che i sospiri son diventati esuli Sul petto tuo. Tienimi così Che Il mondo sì e arrestato, Che il mare Ha smesso di ondeggiare E la brezza, Ha smesso il suo moto. Tienimi così, Che non esiste più lo spazio Che il tempo è solo un ricordo Che senza di te ho vissuto appena Gli ultimi giorni della mia vita. Ora potrei morire Semmai la morte esista Forse essa è solo, Un vivere in tua assenza; Una non vita, Acre e colma d'amarezza E se non vita sarà Non m'importa, Perché tu mi hai tenuto Dolcemente così, A te stretta!