Scritto da: Sabrina Musetti
Avevo sei anni la prima volta che lo incontrai. Scaturiva copioso da quello squarcio nel polso di mia madre, macchiando il lenzuolo di seta bianca, rubando il colorito alle sue guance, il calore al suo corpo, portandosela via. L'ho rivisto di nuovo a dieci anni. Come un'aureola circondava il capo della mia migliore amica che, credendosi un angelo, aveva deciso di provare a volare. Ma lì, a terra, le braccia e le gambe ripiegate in quella posizione assurda, più che un angelo sembrava un burattino dai fili recisi. Tornò a trovarmi un paio d'anni dopo. Gli slip si tinsero di rosso, il cuore di paura. - Non è niente! - mi rassicurò la nonna - sei solo diventata una signorina! A diciassette anni fui io ad invitarlo. Non si fece pregare. Non appena infilai l'ago nel braccio, schizzò fuori in una pioggia di mille microscopiche goccioline. Poi fu calore e, perdendomi in quell'insolita sensazione, lo dimenticai. Ma oggi riappare ovunque... Dal naso e dalla bocca mi cola lungo il mento, sul collo, sul petto. Il mio sangue. È sulle mie mani, sul coltello, sul cruscotto. Forma strani disegni sul vetro, mi ricordano quelli che col dito facevo da bambina. Si allarga su quella schiena sconosciuta, impiastricciando l'ispida peluria che la ricopre. Il suo sangue. No, non avrebbe dovuto colpirmi! Nessun cliente ha mai osato farlo. L'ago scivola rapido sotto la pelle, il coltello scivola tremante sul mio esile polso. Sono stanca di vedere sangue. Voglio solo calore ora... e per sempre.
Composto domenica 31 gennaio 2016

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